Con la Russia o con la NATO? Contro la disumanizzazione

La guerra che bussa alle porte dell’Europa, in apparenza isola felice ma, in pratica, bel tappeto sotto cui nascondere le magagne, forza noi europei a riflettere su quanto la nostra posizione privilegiata sia labile.


Nell‘intervista di Claudia Palazzo, Mario Corti, l’ex direttore del Servizio Russo dell’emittente statunitense Radio Free Europe/Radio Liberty, dice: «Putin è convinto, non senza ragione, che siamo un popolo di smidollati disposti a cedere pur di non rinunciare a un minimo delle nostre comodità». Pigrizia e privilegi. Ed è verissimo, inutile nascondersi dietro un dito.

Siamo la Panem del mondo reale, ci siamo fatti convincere che i nostri privilegi ci siano dovuti e che ogni sistema altro sia inimmaginabile (se fosse vero saremmo ancora al feudalesimo, invece i sistemi cambiano). Se cosí non fosse ci saremmo già evoluti in un tipo di società molto diversa che ha a cuore il bene comune, ciò che Non una di meno chiama “rivoluzione della cura”. E invece siamo qui a foraggiare un sistema che ci rende schiavi e passivi, basato non su principi di uguaglianza, ma di sottomissione, sfruttamento, ricchezza di pochi raggiunta con la miseria altrui. 

La pace ha il coltello tra i denti

Questa guerra ci costringe a vedere il vero volto del sistema in cui viviamo e il legame marcio tra imperialismo, capitalismo e strutture politiche fascistoidi, ideologie nazionaliste fortemente improntate sulla menzogna e sullo sfruttamento di popoli e territori che non nuoce solo agli esseri umani ma al pianeta tutto. La guerra, inoltre, porta stereotipi e linguaggi malati. Non serve dichiararsi “contro la guerra” se poi non si agisce contro le condizioni che costruiscono la guerra. 

Secondo quanto riportato nel Rapporto annuale del Segretario generale dell’Alleanza Atlantica (marzo 2021), la spesa per la difesa nei Paesi NATO nel 2020, nonostante l’impatto economico del COVID-19, è aumentata rispetto al precedente anno. Si legge: «Si conferma, quindi, per il settimo anno consecutivo, il trend di crescita della spesa militare in ambito NATO. La spesa più consistente continua ad essere quella degli Stati Uniti che copre circa Il 70% delle spese complessive NATO. Nel Rapporto si registra, inoltre, un aumento del 3,9% rispetto al 2019 della spesa per la difesa complessiva da parte dell’Europa e del Canada».

Sarebbe bene ricordare che l’Europa non è la NATO, e viceversa. L’Europa, come concetto, si è rivelato “vincente” in termini di progresso e pace interna, di educazione alla conoscenza delle culture dei Paesi vicini, ha portato esperienze come l’Erasmus e un alto grado di scambio umano e culturale. Eppure non è di questo che si nutre il sistema mondiale vigente. 

Concettualmente non può esistere Pax senza Bellum, ma nella pratica si può aspirare a un mondo migliore. Se si smantellasse la struttura politico-economica dell’ideologia imperialista e capitalista in cui stiamo annegando, si potrebbero investire gli stessi soldi in pratiche volte al miglioramento della vita di tutti, a partire dall’educazione. Ma questo non avviene perché il sistema dei governi e delle lobby (a partire da quella delle armi) imploderebbe e i leader del mondo si ritroverebbero allo stesso livello dei “comuni mortali”. D’altronde, le guerre, oltre a essere un sistema di aggressione, sono un affare che vale miliardi.

Quello a cui stiamo assistendo è un pacifismo di facciata, lo stesso tipo di pacifismo che porta il governo Italiano a inviare risorse belliche nonostante, costituzionalmente, l’Italia rifiuti la guerra. Strano modo di rifiutarla.

Ci sarebbe dovuto essere un cambio di paradigma, ma il Covid non ha impartito nessuna lezione. Il paradigma non è cambiato. Pensavamo di uscirne migliori, piú consapevoli, con priorità come la cura dell’altro e la difesa delle comunità. Invece ci troviamo in una situazione surreale che ci riporta a scenari da Secondo conflitto mondiale.

Cosa c’entra il femminismo con la guerra?

Ebbene, le femministe russe hanno diramato un comunicato (tradotto dal russo da Jacobin) che è stato accolto dalla rete femminista mondiale in un 8 Marzo segnato da manifestazioni, tra cui lo sciopero generale Italiano a cui hanno aderito Usb, Cub, Cobas, le MFPR con Slai-Cobas, Adl Cobas, Sgb, Si Cobas e Usi. 

NON UNA DI MENO (Facebook)

Quello di quest’ultima festa internazionale della donna si è presentato come uno sciopero contro la guerra in ogni sua forma, dall’invasione russa dell’Ucraina fino alle battaglie che quotidianamente si combattono nelle nostre case. Perché, checché se ne voglia dire, le guerre vengono combattute sul corpo delle donne: con la guerra i diritti di tutte le donne arretrano in tutto il mondo con un effetto domino. 

Quella con la Russia, inoltre, è una guerra combattuta su più livelli (economico, digitale e sul campo) che ha come sola prospettiva l’applicazione di sanzioni economiche che si abbattono in maniera feroce sul popolo prima che sulla élite, con ovvie conseguenze negative sulle fasce più fragili della società.

Profughi “meritevoli”

La violenza bellica ha già prodotto i suoi effetti distruttivi, ma ha anche fatto emergere le ipocrisie tipiche della società occidentale. Nauseante la differenza di trattamento tra i profughi ucraini e quelli provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa, distinguendo tra profughi “meritevoli” o meno di accoglienza, mostrando un doppio standard perfino in questa situazione tragica. 

Il discorso pubblico è contaminato da una retorica razzista e xenofoba sui rifugiati e i migranti, in particolare quelli provenienti da Paesi mediorientali e africani, tanto che Paesi come la Polonia hanno adottato politiche estremamente ostili. Allo stesso tempo, peró, i rifugiati ucraini (meno male per loro) stanno trovando solidarietà e accoglienza. 

Come si può creare disuguaglianza anche in casi come questo? Dove sono queste immense braccia aperte quando si tratta di Palestina, Pakistan, Siria, Iraq e via dicendo? Chi si preoccupa delle milioni di persone che non hanno medicinali e cibo in paesi come il Venezuela? E soprattutto, dopo che si analizza il motivo per cui queste nazioni sono nella situazione in cui si trovano, perché nessuno ha il coraggio di dire di chi è la colpa e agire di conseguenza in modo coerente e credibile, invece di prenderci tutti in giro con discorsi retorici e assistenza di facciata?

Con la Russia o con la NATO?

Come si fa a schierarsi o con la Russia o con la NATO? L’unica risposta a questa domanda è che non si puó. Bisogna invece prendere una posizione politica come cittadini non italiani, non europei, ma del mondo globalizzato. Abbiamo il dovere morale di unirci come popoli e se guerra deve essere, che sia la “guerra dei popoli” contro il sistema che li usa e li opprime con l’unico scopo di arricchire l’élite del mondo, la stessa élite composta dalle 22 persone più facoltose che da sole posseggono più dell’equivalente della ricchezza di tutte le donne africane.

Questo articolo è un invito alla riflessione; non offre scoop ma uno spunto per, forse, cambiare la percezione di ciò che viviamo. «Se a ogni muro si associasse un volto, coglierne l’impatto diventerebbe un fatto di empatia. Cosa significa un muro nella vita di una persona, che si tratti di barriere fisiche e politiche, nell’epoca della disumanizzazione di metà dell’umanità non è così immediato se alla comunità succube non si dà un nome. Darle una storia diviene un atto politico, prima che giornalistico» (Chiara Cruciati, “Tra i muri che costruiscono chiusure e odio”, Il Manifesto, 3 gennaio 2020).


In copertina Weird War Tales

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