Don’t look up, la società allo specchio

Don’t look up mette uno specchio davanti allo spettatore e lo porta a chiedersi da che parte stare. Con un cast di alto livello e una regia consapevole di stare dialogando con il pubblico “netflixiano”, il film racconta la storia dell’estinzione umana.


Adam McKay propone una tragicommedia satirico-fantascientifica accessibile e studiata per dialogare con il pubblico internazionale mainstream. Proiettato al cinema per poco tempo, Don’t Look Up instaura il rapporto di dialogo con il pubblico sulla piattaforma Netflix e presenta un’allegoria poco velata dei fatti di storia recente.

McKay si avvale di un cast brillante e di alto livello in cui possiamo trovare Leonardo DiCaprio, Jennifer Lawrence, Meryl Streep, Cate Blanchett, Ron Perlman e non solo. Risulta istintivo, guardando Don’t Look Up, ripensare a Quarto Potere (O. Wells 1941- titolo originale Citizen Kane) che descrive già nel 1941 la tendenza dei mass media ad assumere un tono totalizzante e sensazionalistico. Questo è solo il primo di una lunga serie di temi attraverso i quali l’autore sviluppa la narrazione. La comunicazione filtrata da un bisogno utilitario di rendere tutto piacevole, una sorta di anestesia che porta l’audience a perdere il contatto con la realtà e portare ogni avvenimento allo stesso livello.

Una cometa direzione pianeta Terra

La trama inizia quando la dottoranda in Astronomia Kate Dibiasky (J. Lawrence) scopre una cometa. Avvisa il suo relatore, professor Randall Mindy (L. DiCaprio), e dopo avere appurato che la cometa si dirige verso la Terra minacciando l’umanità, decidono di parlarne con le autorità ma si trovano a fare i conti con il sistema mediatico e quello politico.

Vengono ricevuti alla Casa Bianca e invitati a uno show televisivo in diretta nazionale. Qui scopriamo come le figure dei presentatori (già toccate in chiave demenziale in Anchorman – La leggenda di Ron Burgundy) siano direttamente e colpevolmente legate al fallimento dell’umanità. Sono loro, infatti, che fanno da congiunzione tra il quarto potere e la catena di servilismo che lega la tecnocrazia, la politica asservita alle multinazionali e un’opinione pubblica ormai resa massa informe di gente assuefatta e plasmata dal bombardamento tecno-mediatico capace di convincere di tutto e del contrario di tutto. 

Ambientato negli USA e con palesi riferimenti al sistema americano, pare che la critica locale non l’abbia presa bene.

Ma vediamo nel dettaglio. (SPOILER ALERT) Cosa succede dopo che i due scienziati informano la Casa Bianca? Nulla. Ci si imbatte, infatti, in una bravissima Meryl Streep nei panni della presidente Orlean in cui è difficilissimo non vedere Trump. L’attrice non ha mai fatto mistero delle sue posizioni (e pubbliche prese in giro) rispetto l’ex presidente. 

“Cercare di essere leggeri e divertenti”

I due protagonisti decidono di far trapelare la notizia e si trovano in diretta nazionale a parlare della scoperta. Qui ci imbattiamo in un altro dei punti trattati da McKay anche in film precedenti, ossia la mascolinità fragile e la difficoltà per una donna di essere presa sul serio in diversi contesti e situazioni. In questo caso, nonostante sia Kate Dibiasky a scoprire la cometa, il professor Mindy è quello che viene preso sul serio e con cui i presentatori si relazionano “meglio”.

La ricerca di risposte nette, sì o no, in ambito scientifico non è proprio applicabile. Si rivolgono a lui per primo. Si rivolgono a lei come “signorina” e a lui come dottor Randall.  Kate si sente frustrata dall’atteggiamento dei presentatori del programma tv che tentano in tutti i modi di sdrammatizzare, di rendere piacevole la notizia della minaccia di estinzione del genere umano, contrapponendosi all’incredulità, panico e paura della scienziata che – giustamente – alza la voce mentre le sue lacrime in diretta ci rimandano a Greta Thunberg (sulla questione è interessante questo video sulla pagina Facebook di nasdaily).  

Sebbene in questo caso non ci sia una cometa a minacciare il pianeta, è utile notare il tipo di meccanismo che si innesca quando si parla di donne con reazioni considerate eccessive. Fa impressione guardare la nostra società allo specchio, eh? 

Nel caso del film, lei viene presa per isterica, lui viene “scelto” per essere il volto sexy (la sessualizzazione rende tutto piú attraente) con cui verrà divulgata la notizia. La ricercatrice verrà messa da parte, puntando sulla pacatezza che scivola nell’accondiscendenza di un più “ragionevole” scienziato che diventa il giocattolo della anchor Brie Evantee (C. Blanchett), tanto da venire successivamente “beccato” dalla moglie.

Mentre la ricercatrice viene esclusa a forza dalla scena, troviamo il professor Mindy davvero coinvolto e speranzoso: pensa ingenuamente che diventando un ingranaggio del sistema riuscirà a cambiare le cose dall’interno. Eppure non succede. Troviamo lo scienziato sui social «per usare la sua voce e per far arrivare la verità» contro i complottisti. La figura della massa complottista è disegnata sulla falsariga dell’elettore trumpiano medio, allusione che durante il film avrà chiari riferimenti agli avvenimenti di Capitol Hill

L’FBI arresta gli scienziati, criminalizzandoli per la rivelazione di informazioni sensibili. I due – maggiormente la ricercatrice – pagheranno per essere andati in tv e avere informato il grande pubblico a proposito della possibile estinzione del genere umano. Si ritrovano a colloquio con la presidente che, dopo un mese e dopo avere suscitato uno scandalo, sfrutta la scoperta degli scienziati pianificando una messa in scena atta a rinforzare la sua immagine in calo di consensi, includendo anche la presenza dell’eroe (interpretato da Perlman) che tanto fa bene alla narrazione dell’americanità.

Scienza e fattualità seppellite dallo show politico/mediatico

Come successo nella realtà in diverse occasioni (dalla pandemia da Covid-19 alla questione climatica) la comunità non vede subito la cometa – ovviamente – e mette in discussione le parole e i dati forniti dagli scienziati. Ognuno dice la sua sui social e in tv, esattamente come nella realtà.

La fattualità diventa opinione, tutti possono dire tutto in base al principio che “tutte le opinioni hanno la stessa valenza”. Su questo punto credo che valga la pena soffermarsi per riflettere un momento sul concetto di “opinione” e di “libertà di parola”.

Partiamo dalle definizioni. In Italia, la «libertà di parola» è definita e protetta dalla Costituzione italiana e protegge il diritto di ogni persona di poter manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Si tratta di un diritto fondamentale e insopprimibile, connesso al concetto di democrazia. Bisogna però osservare i limiti della libertà di parola: un uso improprio di questa libertà porta, legalmente parlando, a percorrere più o meno consapevolmente strade che portano alla diffamazione, istigazione a delinquere o all’ingiuria. Possiamo riassumere questo concetto come “la tua libertà finisce dove inizia quella degli altri”.

E l’opinione? Questo è un altro concetto male interpretato. Nell’era dell’informazione ci si potrebbe aspettare che tutti i cittadini, tramite l’accessibilità da dispositivo alle informazioni e ai contenuti, possano educarsi e informarsi creandosi una propria opinione. Eppure non è così. La massa popolare è generalmente in possesso di informazioni parziali, di nessuna informazione, o di informazioni manipolate. Aggiungiamo la bassissima capacità di selezionare le informazioni, i bias e i pregiudizi e mettiamo a bollire il minestrone: otterremo una massa di negazionisti, pronti a credere che la regina Elisabetta sia un alieno rettiliano, che la Terra sia piatta, che il cambiamento climatico non esista, che la pandemia sia una invenzione o che – come nel caso del film – non ci sia nessuna cometa diretta verso la Terra.

Il grande ruolo dei mass media

La responsabilità delle piattaforme e dei mass media rispetto a questo argomento è grande. Eppure è di questi giorni la notizia di Neil Young, la leggenda del Rock americano che, dopo aver chiesto a Spotify di scegliere tra la sua musica e il podcast di Joe Rogan, Spotify ha rifiutato e per protesta Young ha chiesto che la sua musica venisse rimossa dalla piattaforma. 

The Joe Rogan’s Experience è uno dei podcast più seguiti su Spotify, se siete curiosi potete trovarlo qui. La retorica anti-scienza e anti-vaccino portata dal podcast di Rogan su una grande piattaforma è un problema enorme e, in questo caso, un’enorme minaccia alla salute pubblica. In una lettera aperta gli esperti hanno invitato Spotify ad agire per fermare la diffusione di false informazioni sul coronavirus e l’efficacia e la sicurezza dei vaccini, ma è centrale nella strategia dei podcast di Spotify per attirare ascoltatori e dollari di pubblicità alla sua piattaforma. È dunque una questione molto articolata. 

Nell’era dell’infodemia l’opinione e la libertà di espressione sono state non solo male interpretate, ma è stato anche distorto il loro significato facendo in modo che ognuno possa dire la sua su argomenti di cui ha una conoscenza bassa o nulla senza considerare eventuali conseguenze. Questo è amplificato dall’individualismo sempre crescente delle società occidentali che spingono affinché ognuno si senta unico e “dio del proprio microcosmo”, solleticando l’ego di coloro che, alla fine, il sistema considera solo come consumatori ed elettori.

Don’t look up ci offre un altro personaggio chiave per comprendere il senso di questo discorso che intreccia masse popolari, tecnologia, comunicazione e politica: Peter Isherwell. Interpretato da Mark Rylance, è insieme alla presidente statunitense e il suo entourage, l’antagonista di questa narrazione. Isherwell è CEO miliardario di “BASH” e uno dei principali sostenitori e finanziatori del partito della presidente Orlean. Si presenta come un messia portatore di bene comune ma è un avido uomo d’affari che scopre che la cometa è composta da materiali rari sulla Terra. Convince la presidentessa a non tentare nemmeno di deviare la cometa, ma vuole estrarre i materiali e lasciare che la cometa colpisca tutti.

Per citare il personaggio interpretato dalla Lawrence: «hanno trovato un mucchio di oro, diamanti e roba rara sulla cometa. Quindi la lasceranno colpire il pianeta per rendere un mucchio di gente ricca ancora più disgustosamente ricca!». È semplice, in questo contesto, comprendere le scelte narrative del regista. I principi politici sono usati a scopo di interesse e mai per prendere responsabilità ed agire.


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