Socrates, il rivoluzionario filosofo del calcio

Calciatore, medico e filosofo, Socrates è stato un leader anticonformista. La sua “democrazia corinthiana” fu un esperimento politico applicato al mondo del pallone.


Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, meglio noto come Socrates, celebre calciatore laureatosi in medicina nel 1976 e amante della letteratura, è scomparso dieci anni fa, il 4 dicembre 2011, a causa di una cirrosi, conseguenza della sua dipendenza dall’alcool.

Nato il 14 febbraio 1954 a Belem, nello stato brasiliano del Parà, tra i giocatori di calcio brasiliani più ammirati di sempre, Socrates, prima di essere ricordato come uno sportivo di grande successo, è stato un uomo amato e stimato dal popolo brasiliano e dagli appassionati di calcio di tutto il mondo. Leader dentro e fuori dal campo, anticonformista e di sinistra, in direzione ostinata e contraria, sempre.

Se volessimo definire Socrates con una frase, potremmo citare la risposta data a un giornalista italiano nel 1984, al suo arrivo a Firenze, quando gli venne chiesto chi fosse l’italiano che stimasse di più tra Mazzola o Rivera: «Non li conosco. Sono qui per leggere Gramsci in lingua originale e studiare la storia del movimento operaio».

È stato un centrocampista completo ed eccezionale, capace di incantare per quasi vent’anni il panorama calcistico sudamericano e mondiale con la sua classe cristallina e le sue giocate da vero genio del gioco del calcio. Il “Dottor Guevara del futbol”, come venne soprannominato in Italia, quando militava tra le fila della Fiorentina, viene ricordato anche e soprattutto per il suo enorme impegno sociale e politico e per quel suo essere antidivo, che già allora faceva eccezione tra i suoi altrettanto celebri e famosi colleghi calciatori.

Nel campionato italiano giocò una sola stagione con la maglia della Fiorentina, disputando il resto della carriera nelle tre più importanti società calcistiche del Brasile e del Sud America: Corinthians, Flamengo e Santos. Socrates è stato una bandiera della nazionale verde oro per dieci anni, dal 1976 al 1986, giocando 60 partite e segnando 22 goal.

Nei grigi e tristi anni della dittatura militare in Brasile, Socrates, già calciatore professionista sotto contratto con il Botafogo de Ribeirão Preto (da non confondere con il più celebre Botafogo de Rio de Janeiro), frequenta la facoltà di medicina all’Università di Sao Paulo, laureandosi nel 1976. Si appassiona fortemente alla politica, abbracciando gli ideali del socialismo e schierandosi apertamente contro il regime autoritario brasiliano e in favore della democrazia.

Se con la nazionale brasiliana e l’arrivo in Europa, Socrates riuscì a consacrare a livello mondiale le sue enormi qualità come calciatore, fu però negli anni del Corinthians (1977-1984), che il giovane talento brasiliano si fece notare anche per le sue gesta fuori dal rettangolo verde. L’inizio della sua avventura al Corinthians è complicato: Socrates infatti si dimostra poco incline alla celebrità e dichiara spesso che se ne avesse la possibilità, lascerebbe il calcio per una vita più tranquilla con la propria famiglia.

Oltre a questo, alcune sue dichiarazioni d’amore nei confronti del Santos – rivale storica del Timão – non agevolano di certo il rapporto con i suoi nuovi tifosi, i quali lo prenderanno di mira e lo contesteranno periodicamente durante le prime tre stagioni con la maglia del club Paulista.

Le prestazioni in campo di Socrates continuano a essere altalenanti, tra giocate incredibili e partite anonime, con il Corinthians che, dopo la vittoria del campionato brasiliano del 1979, ormai non lotta più nelle posizioni di vertice del calcio carioca. 

socrates

Socrates e la “Democrazia Corinthiana”

La svolta arriva però nel 1982, anno della grande “rivoluzione” che verrà da tutte e tutti ricordata con il nome di “Democracia Corinthiana” (Democrazia Corinthiana), della quale Socrates divenne leader indiscusso e grande ispiratore. Il nuovo funzionamento dello spogliatoio del Corinthians si basava dunque su un sistema democratico: tutte le decisioni, comprese formazioni e premi partita, venivano votate e decise a maggioranza da tutti i membri della squadra; non erano più quindi i vertici societari a dettare legge tra i calciatori e lo staff.

Se oggi ci troviamo a parlare di “Democracia Corinthiana” lo dobbiamo anche a Waldemar Pires, illuminato e progressista presidente del club di quegli anni, e all’allenatore Mario Travaglini, i quali, non solo lasciarono libero spazio a decisioni democratiche, ma portarono all’interno dello spogliatoio anche la discussione di problemi personali, e l’abolizione dei ritiri di squadra, di norma imposti dalla società.

Il regime militare brasiliano non vide mai di buon occhio questa rivoluzione e di conseguenza Socrates e compagni furono spesso oggetto di improvvisi controlli da parte di funzionari governativi. Il Corinthians più democratico di sempre, comunque, fra lo scetticismo generale, arriva per ben due volte consecutive, nel 1982 e nel 1983, alla vittoria del titolo brasiliano. Socrates, dopo ogni gol, esulta con il pugno chiuso, rivolto al cielo, non nascondendo mai il suo dissenso nei confronti del governo autoritario del più grande Paese del Sud America. “Vincere o perdere, ma sempre con democrazia”: questo lo slogan che campeggiava nelle maglie e sugli spalti dei tifosi della squadra di Sao Paulo. 

Nel 1984 Socrates lascia il Corinthians, e con la sua partenza verso l’Europa, termina quel magnifico esperimento sociale e politico che è stato la “Democracia Corinthiana”. Un esperimento che, nonostante la sua breve vita, aiuterà il formarsi di importanti movimenti civili, che nel 1985 contribuirono alla caduta della dittatura e all’instaurazione della democrazia in Brasile.

Quel ragazzo alto, magro, con la barba e i capelli ricci, e con quel suo modo elegante e quasi svogliato di giocare a calcio, non solo è riuscito a far sognare i tifosi di due continenti attraverso la sua classe e i suoi goal, ma si è reso protagonista della nascita di quella che sicuramente rimane la più bella e importante esperienza democratica mai sperimentata all’interno di uno sport capace di muovere lo spirito e la coscienza di milioni di persone.

Obrigado, Doutor.