Il potere di una foto: il dramma siriano nello scatto di Mehmet Aslan

La foto di Mehmet Aslan vince l’edizione 2021 del Siena International Photo Awards. Dal titolo “Hardship of Life”, lo scatto vincente viene dalla provincia di Hatay, al confine con la Siria.


A vincere il premio più importante, il “Photographer of the Year” del 2021, è stato il fotografo turco Mehmet Aslan con il suo scatto intitolato Hardship of Life. Il forte impatto emotivo dell’immagine scattata nel distretto di Reyhanli, nella provincia turca di Hatay al confine con la Siria, è indiscutibile.

La foto ritrae il padre Munzir con in braccio il figlio Mustafa. Munzir ha perso la gamba destra a causa di una bomba caduta mentre stava passeggiando in un bazar di Idlib, in Siria. Il figlio è nato senza arti inferiori e superiori a causa di una malformazione (la tetramelia) causata dall’assunzione di farmaci da parte della madre Zeynep, colpita – durante la guerra – dal gas nervino.

Mehmet Aslan
La foto vincitrice di Mehmet Aslan

La difficoltà della vita in contrasto con la semplicità di saper gioire, tutto racchiuso in uno scatto. Padre e figlio si guardano con un’occhiata complice e piena di gioia nonostante la loro vita sia piena di atroci difficoltà e in un attimo, grazie a un sorriso, esplode un vero e proprio inno alla vita.

L’Unicef condanna l’indignazione ad intermittenza

Ancora una volta ci troviamo a commentare foto, emblema di tragedie che non trovano tregua. Uno scatto oggi fa il giro del mondo in poche ore, tuttavia la reazione immediata e l’indignazione che scaturisce non è mai abbastanza per scuotere i leader e spingerli all’azione.

L’Unicef per questo dice «No all’indignazione a intermittenza». Un’indignazione ipocrita che scaturisce quando la tragedia supera ogni limite e costringe ad alzare gli occhi ma che si spegne in un lampo nel quotidiano trascorrere della vita.

Torna subito in mente la drammatica storia di Aylan Kurdi, il bimbo di tre anni che perse la vita in mare al largo della Turchia, da cui era partito a bordo di un gommone con la sua famiglia. La foto del suo corpicino, riverso a faccia in giù sulla spiaggia di Bodrum, aveva allarmato il mondo sulla tragica situazione dei profughi. Nonostante le dichiarazioni, gli impegni scaturiti dalla vergogna per quel simbolo divenuto in poche ore l’emblema universale di una tragedia nel tempo sono stati dimenticati. Oggi continuiamo a parlare della tragedia siriana e ciò significa che l’indignazione non basta per passare davvero all’azione.

articolo Mehmet Aslan

Il dramma nel dramma nella foto di Mehmet Aslan

Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, commentando con l’ANSA lo scatto di Aslan afferma: «Il dramma nel dramma sono i bambini con gravi disabilità, che rappresentano la parte più debole nei conflitti». La foto è un ulteriore richiamo alla coscienza dei potenti sulla tragedia della Siria. «Intanto, il regime di Assad s’impossessa del 50 per cento degli aiuti umanitari e con essi ha costruito un tesoro di sessanta milioni di dollari».

«Volevamo portare l’attenzione su questo dramma» ha raccontato Aslan, sperando che lo scatto possa portare aiuti al piccolo. La sua famiglia è fuggita tre anni fa dalla Siria e ora, al pari di altre centinaia di migliaia di rifugiati, si trova nelle regioni meridionali turche di confine. Il bimbo ha solo cinque anni, avrebbe bisogno di cure continue e speciali protesi elettroniche: «Giuro, ho girato ogni ospedale, ogni villaggio, ma non ho ottenuto nulla», dice il papà Munzir, che si preoccupa più della felicità del figlio che della sua menomazione di guerra. In Turchia fino ad oggi non hanno trovato risposte.

«Quella foto è arrivata al mondo, abbiamo cercato per anni di farci sentire per aiutare mio figlio con i trattamenti, faremmo di tutto per dargli una vita migliore» sono le parole della madre Zeinab. I genitori parlano con i cronisti in un negozio adattato ad alloggio, il piccolo Mustafa sorride aspettando la sorellina che lo sistema su un divano. «Ha una grande forza» assicura il fotografo Aslan, come riporta l’agenzia ANSA.

La guerra non è finita

In Siria dal 2011 la guerra non ha tregua. Oltre 350 mila morti accertati dall’Onu e 13 milioni gli sfollati, di cui oltre 6 riparati all’estero. L’escalation di tensioni dell’ultimo periodo ci porta ancora oggi a dire che la guerra non è finita.

Uno studio americano del Centre for Strategic and International Studies ha analizzato che il governo di Assad «ha accantonato 60 milioni di dollari, prelevando 50 centesimi per ogni dollaro di aiuti […] i finanziamenti umanitari sono divenuti la principale fonte di introiti del regime», quest’ultimo sottoposto da anni a sanzioni internazionali.

Il potere di una foto

La speranza è che una foto possa davvero attirare – ancora una volta – l’attenzione del mondo intero sulla crisi siriana. Ma come aveva affermato qualche anno fa Anthony Lake, direttore esecutivo dell’Unicef: «Non è sufficiente che il mondo rimanga scioccato, lo choc deve essere accompagnato da un’azione. La situazione in cui si trovano questi bambini non è una loro scelta, né è sotto il loro controllo. Hanno bisogno di protezione, e hanno diritto alla protezione».