Ricostruire la fiducia, una delle sfide più importanti per l’economia

Il fattore fiducia, eroso anche a causa della pandemia, ha bisogno di essere ricostruito poiché base di qualsiasi sistema economico-sociale che voglia progredire.


Prendendo spunto da un articolo di Vittorio Pelligra pubblicato non molto tempo fa dal Sole 24 ore, si potrebbe tracciare un quadro interessante della situazione economica attuale. Stiamo parlando di come, fra gli elementi che effettivamente hanno messo in crisi il sistema economico, vi sia proprio la mancanza di fiducia dei suoi attori. Quando viene minata la fiducia all’interno di un sistema, purtroppo, la conseguenza naturale è l’incapacità di poter agire in modo spontaneo, poiché cambiano le aspettative relazionali che fino a quel momento avevano un loro fondamento. 

Innanzitutto, cosa si intende per fiducia? La si potrebbe considerare un elemento con cui è possibile creare un’atmosfera in cui ciò che per noi è importante può crescere e svilupparsi. Sicuramente, come detto in un nostro precedente articolo, si può vedere la fiducia come un modo attraverso cui definiamo e costruiamo le nostre credenze, orientando le nostre scelte. Oppure ancora, come riduttore dell’incertezza che si genera a causa di una sorta di asimmetria informativa che sta alla base della stipula di un qualsiasi contratto e transazione economica.

In ogni caso, la fiducia è qualcosa che orienta e influenza il comportamento umano, ma quando si fa riferimento a un sistema economico le cose possono essere ben diverse poiché in esso si verifica un paradosso

Tutto parte dal concetto che una società può progredire tanto più il legame della fiducia è forte. Allo stesso tempo, però, più una società progredisce più gli attori del sistema diventano esseri razionali e strumentali nel rappresentarsi. Questo li porta ad essere meno capaci nel dare e ricevere fiducia. Tale concetto, espresso dal filosofo Martin Hollis, mette in evidenza come sia il sistema stesso che, nel progredire, erode ciò che nel tempo è stato l’elemento fondante di questa evoluzione.

È proprio quello che sembra essere successo al sistema capitalista che oggi, ancora più di ieri, è entrato profondamente in crisi. Con la modernità e l’evoluzione tecnologica, l’ambiente sociale ed economico che si è venuto a determinare presenta tantissime opportunità, da un lato, ma dall’altro le scelte e i comportamenti degli attori economici e sociali sono meno prevedibili. 

A tutto questo bisogna aggiungere anche la crescita esponenziale delle città e delle organizzazioni, che hanno incentivato il senso di impersonalità e di anonimato delle relazioni che sono la base della vita di ciascuno di noi. Siamo di fronte a una trasformazione sociale ed economica che porta con sé una lunga diatriba tra due tradizioni di pensiero. Una di origine illuministica scozzese, di cui fanno parte David Hume e Adam Smith, e un’altra che fa riferimento all’economia civile e mediterranea di Gaetano Filangieri e Antonio Genovesi. Entrambi i filoni cercano di spiegare quale rapporto ci possa essere tra l’avanzamento di una società mercantile e la diffusione della fiducia istituzionale ed impersonale.

Secondo Adam Smith, la fiducia è qualcosa che si costruisce con la reputazione, che avrà tanto più valore quanto maggiori saranno gli scambi. Pertanto, in una società in cui ci sono meno scambi e il commercio è meno diffuso, si presenteranno molte occasioni per poter imbrogliare. Diversamente, se gli scambi sono frequenti, allora sarà necessario che ogni attore mantenga regole di onestà e affidabilità, per non perdere l’opportunità futura di continuare a scambiare le proprie merci. Quindi, la fiducia non è tanto una precondizione della società, ma una sua conseguenza basata sul self-interest

fiducia

Sul versante opposto si collocano, però, i teorici dell’economia civile e mediterranea. Per loro, infatti, la reputazione e la fiducia non sono una conseguenza e, quindi, effetti collaterali dello sviluppo di una società mercantile, bensì una pre-condizione. Senza queste, il commercio non può esistere così come nessuna accumulazione della ricchezza, secondo il principio per cui dove non c’è la «fede non c’è certezza di contratti, né forza nessuna di leggi, né confidenza d’uomo a uomo. Perché i contratti son legami, e le leggi civili, patti e contratti pubblici anch’esse».

E anche se la fiducia può essere generata dalla reputazione delle singole persone (basta vedere l’effetto Draghi che ha prodotto una maggiore serenità nei mercati anche solo con la nomina a Presidente del Consiglio), il capitalismo contemporaneo sembra più dalla parte dei teorici dell’economia civile. 

Purtroppo, a sostegno di questo, ci sono alcuni dati che mostrano come oggi ci siano preoccupazione, insicurezza e sfiducia a livello globale, così come a livello nazionale, che mettono in crisi il sistema stesso. È un clima di sfiducia verso quel modello economico che sta distruggendo sempre di più ciò di cui ha più bisogno per poter crescere ed evolversi, così come sostenuto da Hollis. Stiamo parlando degli ultimi rapporti “Edelman Trust Barometer”

Infatti, da un lato, il rapporto 2020 mostrava come la fiducia media nei confronti delle grandi imprese e delle organizzazioni non governative (ONG) fosse cresciuta insieme alla fiducia nei governi nei primi mesi della pandemia. Questo aspetto, di per sé rassicurante, purtroppo è solo una piccola parte del campione analizzato (solo il 17% della popolazione mondiale tra i 25 e i 64 anni con un reddito pari al 25% più elevato della distribuzione dei relativi paesi di appartenenza). Pertanto, solo i più facoltosi e i più istruiti avrebbero molta fiducia nei confronti delle istituzioni che governano il mondo. 

Il rimanente 83%, invece, avrebbe una percezione completamente diversa. Infatti, mentre la fiducia rimane inalterata nei confronti delle grandi imprese e delle ONG, non è così nei confronti di governi e media. Questo è confermato nel più recente rapporto 2021 che, proprio in riferimento all’aspetto dei media, sostiene che ci sia una epidemia di disinformazione e una diffusa sfiducia nei confronti delle istituzioni sociali, economiche e dei leader mondiali.

Si parla infatti di infodemia che, oltre alla pandemia, sta lasciando governi, imprese, ONG e media stessi in un ambiente di bancarotta delle informazioni. Basti pensare che i media tradizionali hanno visto un calo di fiducia circa del 53%, pari a otto punti percentuali, a livello globale. In questo senso, siamo di fronte a un ecosistema di fiducia in declino che ha fatto sì che i governi sprecassero quella che avevano guadagnato proprio nell’anno precedente.

Concludendo, oggi ci troviamo di fronte a un ponte che ci sta piano piano conducendo dal tempo del “confidare” (basato su una forma di conoscenza, competenza, prevedibilità e comprensione) al tempo del “fidarsi”, cioè un salto nell’ignoto nell’imprevedibile e nell’imprevisto. Un tempo in cui il sentimento dell’incertezza aumenta con la naturale conseguenza di un’impossibilità di controllo sulle azioni altrui, che renderà ancora più difficile maturare un clima di fiducia tra le istituzioni governative, economiche e i cittadini. Un terreno su cui la trasformazione sociale ed economica avrà alla sua base la veridicità delle informazioni.