Ù sugghiu, il mostro leggendario che vive in Sicilia

Tra i mostri che popolano i misteri dell’Isola, ce n’è uno in particolare che, da secoli, vanta ancora numerosi avvistamenti, una creatura spaventosa e dall’aspetto orripilante: ù sugghiu. 


Uno dei lati indubbiamente più affascinanti della Sicilia è quello legato alle leggende popolari. L’Isola pullula di storie e racconti che vengono tramandati oralmente da secoli: dalla Principessa Sicilia alle Teste di Moro, i siciliani hanno sempre vantato eccellenti doti narrative e fervida immaginazione, nonostante queste narrazioni nascondessero spesso un fondo di verità. Tra i tanti mostri che popolano misteri e leggende dell’Isola, ce n’è uno in particolare che vanta, ancora oggi, diversi avvistamenti in alcune parti della Sicilia Orientale; una creatura spaventosa e dall’aspetto orripilante: «ù sugghiu»

Un terrificante ibrido tra un mammifero e un rettile, con il volto antropomorfo simile a quello di un bambino – o di un topo – ma con degli occhi feroci da cane rabbioso: ù sugghiu è, secondo le descrizioni tramandate, alto circa 40 centimetri e lungo 2 metri, ricoperto di squame verde-olivastro, e provvisto di una piccola criniera. Il suo verso è descritto come un urlo agghiacciante, a metà tra il grugnito di un maiale e il raglio di un asino, con cui chiama le sue prede che divora ferocemente. Il suo stomaco inoltre è estremamente resistente, e gli permette di digerire qualsiasi cosa, comprese le pietre.  Abita le zone costiere, paludi, boschi e acquitrini di numerosi borghi e contrade siciliane. 

I primi avvistamenti sembrerebbero risalire ai primi dell’Ottocento, lungo tutta la costa tirrenica, in luoghi quali Messina, Palermo, Valle dell’Alcantara, Pinnisi, Agrigento e Ragusa, ma anche in alcune province catanesi. I boschi madoniti, Brolo e Torre Archirafi sono le zone ad aver sentito maggiormente la presenza del mostro, e a farlo proprio nella memoria collettiva.

Il suo nome è presente in numerosi modi di dire, che i più “anziani” probabilmente ricorderanno: le madri, un tempo, erano solite spaventare i propri figli con frasi come “nun jiri ‘dda ca venu ù sugghiu e ti pigghia!” (non andare lì perché arriva il suglio e ti rapisce!), o veniva usato per insultare scherzosamente, considerando il suo aspetto orribile “assumigghi a nu sugghiu da Turri!” (assomigli ad un suglio di torre Archirafi!).

L’etimologia del suo nome risulta ancora un mistero, riconducibile ad oggi solo al “subbio” (dal latino “insubulum”), cioè il perno usato nei telai antichi dalla forma tozza e cilindrica, che richiama probabilmente le fattezze del mostro. Ma questo mostro è davvero esistito? E soprattutto, esiste ancora? 

Il volantino ritrovato del 1789

Recentemente è stato messo in vendita sulla piattaforma Copernicum un articolo singolare, ritrovato da Verbantiqua, Libreria Antiquaria specializzata nel commercio di testi antichi, che sembrerebbe definire in modo concreto l’esistenza del sugghiu

«Trattasi di un protogiornale o per meglio dire di un “foglio volante” stampato all’indomani dell’uccisione di un mostro che imperversava nei dintorni di Catania. Il foglio riferisce che il dì 15 Giugno 1789 nell’Isola di Sicilia fu ucciso un “feroce animale anfibio che fece grande strage di persone e di bestiame d’ogni genere”».

Nella descrizione dell’articolo è presente una cronistoria dettagliata del contenuto, di seguito parzialmente riportata: «(…) La notte del 9 Maggio, essendo il mare calmo, otto pescatori partirono in un battello per una battuta di pesca vicino a terra; circa alle cinque, videro da lontano venire loro incontro una forma che credettero essere una barca. Quando la forma si avvicinò, si resero conto di essere di fronte ad uno smisurato animale e tentarono di fuggire, ma il mostro sopraggiunse e rovesciò il battello». 

«Sette pescatori morirono miseramente e mentre l’anfibio era intento a divorarli, uno riuscì a mettersi in salvo dando notizia della tragedia agli altri abitanti. Il feroce animale continuò la strage, divorando dodici paia di buoi, circa quattrocento pecore, undici uomini, cinque donne e sei ragazzi».

Contrariamente a quanto tramandato finora, nel foglio sembrerebbe esserci stato qualcuno in grado di battere il mostro terrificante, ucciso poi a colpi di fucile, legato e condotto a terra per essere esaminato meglio: nella descrizione risulta essere «lungo venti braccia e largo dodici, con il corpo rotondo a guisa di pesce, con testa somigliante quasi a quella dell’uomo». Gli stessi autori della descrizione, però, prendono in considerazione l’ipotesi che possa essere uno scherzo dell’epoca fatto veramente bene.

Ù sugghiu ra turri

Negli anni ‘80, nell’antico borgo marinaro di Torre Archirafi – a sud di Riposto in provincia di Catania – è stato avvistato uno strano mostro marino che, emerso dalle acque della costa accompagnato da un urlo straziante, ha divorato un vitello che pascolava nelle vicinanze. La storia catturò l’attenzione dei giornali locali, e cominciò a diffondersi a macchia d’olio. 

Così ù sugghiu ra turri” ha riportato a galla la paura della misteriosa creatura. In quegli stessi anni ci sono state numerose segnalazioni di gente che giurava di averlo visto, o a cui addirittura avevano rubato ortaggi, pollame e bestiame nelle campagne limitrofe alla costa. In molti casi però si trattava probabilmente di un sugghiu espiatorio, ovvero qualche ladruncolo che, approfittando della fama del mostro, rubava indisturbato e lasciandogli prendere tutti i meriti. 

Leggenda o realtà? 

Tra le tante supposizioni in merito alla sua esistenza, troviamo le ipotesi più svariate: quella secondo cui sarebbe un animale preistorico sopravvissuto ai secoli, magari dopo un lunghissimo letargo, sia quella più fantascientifica dove il sugghiu risulterebbe essere un mostro alieno abbandonato più o meno volutamente sulla terra da extraterrestri. 

I reperti esposti nella Pinacoteca Zelantea di Acireale, proprietà della collezione di scienze naturali del medico e studioso Mariano Mauro Riggio e donati alla pinacoteca intorno all’Ottocento, lasciano poco spazio al paranormale: due rettili insoliti e molto simili al mostro siciliano, poco più lunghi di un metro e dal colore descritto nei racconti, potrebbero essere stati abbandonati da un commerciante in nave nelle campagne vicino Riposto, una volta approdato sull’Isola. 

L’ipotesi certamente più probabile è quella proposta, già negli anni ‘90, dal prof. Salvatore Arcidiacono, in risposta ad un lettore sul Trimestrale di ambiente e cultura Etna Territorio: «(…) la favola del “sugghiu” nasce, con molta probabilità, dalla vista di un innocuo colubro in fase digestiva, dopo che esso avrà consumato per pasto un intero coniglietto (…). In tale condizione il nostro colubro presenta la bocca dilatata e, soprattutto, un diametro corporeo inusitatamente sproporzionato. Per quanto concerne il lugubre verso del presente “sugghiu” è verosimile che ci si riferisca al richiamo notturno dell’ululone: un rospetto presente nel nostro territorio (…)».

La caccia è ancora aperta

L’ultima apparizione “ufficiale” è stata segnalata nelle campagne tra Francavilla e Mojo Alcantara nella primavera del 2013. Dagli anni ‘90, un gruppo di persone si dedica alla ricerca di materiale, alla caccia e al trappolaggio del terribile mostro. E sono, ad oggi, tantissime le persone che credono alla sua esistenza o che addirittura giurano di averlo visto. 

Che sia una creatura mostruosa, un semplice rettile o solo il frutto della fervida immaginazione, è interessante sapere che un mostro mitologico del folklore siciliano sia ancora “vivo” (letteralmente) nella memoria collettiva. I siciliani sono veramente bravi a raccontare storie, e questa ne è la prova.