Il mondo e l’Italia secondo OCSE e FMI

Le due istituzioni economiche internazionali hanno rilasciato in questi giorni le proprie previsioni alla luce delle nuove condizioni economiche.


I due documenti cui faremo riferimento in questo articolo sono l’Economic Outlook, rilasciato alla fine di settembre dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e il World Economic Outlook, pubblicato a metà ottobre dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). Entrambe le pubblicazioni mostrano una identica traiettoria economica, sia a livello globale che a livello italiano, mettendo in luce i punti di forza e di debolezza che l’economia nel suo complesso si trova ad affrontare.

Il documento dell’OCSE, intitolato “Keeping The Recovery On Track”, mostra fin dall’inizio come, sottotraccia, sia presente una visione ottimista circa la crescita economica. Questa crescita deve, però, essere sostenuta e rafforzata alla luce delle difficoltà ancora incombenti e di quelle che si prospettano nel futuro. Il primo raffronto utile è effettuato fra le stesse pubblicazioni dell’OCSE – quella di maggio e quella di settembre – circa le stime di crescita del 2021 e del 2022 e può essere visualizzata sotto forma di tabella nel seguente link

Come si può notare, inizia a evidenziarsi una divaricazione fra i Paesi analizzati che mostra come la crescita si stia rafforzando in alcuni e rallentando, al contrario, in altri. Il discrimine è rappresentato dalla profondità raggiunta nella campagna vaccinale e dalla forza che le riaperture hanno dato alle economie.

Non a caso, i Paesi principali dell’Unione Europea (UE) mostrano un rafforzamento delle prospettive di crescita: a tal riguardo, un incremento più marcato è evidenziato in Italia, segnando di fatto un aumento rispetto alla previsione precedente dell’1,4%. Altre aree, in particolare quella asiatica che si affaccia sul Pacifico, hanno mostrato un rallentamento dovuto in larga parte alle nuove misure di contenimento a causa della diffusione della variante delta del Covid-19, in una popolazione ancora scarsamente vaccinata. 

Alle criticità legate a tale diffusione e alle campagne vaccinali arrancanti in alcune aree del mondo, si aggiungono nuove sfide concatenate: le difficoltà di approvvigionamento nella catena del valore, in particolare di materie prime; le difficoltà di trasporto delle merci, soprattutto a livello navale e, di recente, a livello gommato in alcune aree; la conseguente esplosione dell’inflazione.

Tutti questi problemi sono prodotti della ripresa a velocità ineguale cui si assiste per il mondo, per cui nelle economie avanzate il tessuto produttivo è ripartito a piena velocità, richiedendo di essere adeguatamente approvvigionato, diversamente dalle altre aree che mostrano ancora difficoltà e che rappresentano spesso i produttori di materie prime. La sperequazione che si viene a creare fra domanda e offerta genera consequenzialmente nuove catastrofi, rese evidenti dai black out energetici, dai blocchi degli impianti e, in ultima istanza, dalla crescita dei prezzi. La previsione sull’andamento dell’inflazione può essere chiaramente visibile dal grafico accessibile al seguente link.

Nonostante tutto, secondo l’OCSE, l’inflazione tenderà a sgonfiarsi alla fine di quest’anno, per rientrare del tutto nel 2022, perché la relativa componente di fondo cresce molto più lentamente e al momento non si evidenziano forti pressioni per una rivalutazione salariale. Tutto questo dovrebbe, inoltre, evitare una spirale inflattiva. 

Alla fine del documento OCSE sono presenti le raccomandazioni dell’Organizzazione per gli Stati. Innanzitutto, continuare a supportare l’economia attraverso sia un sostegno al mercato del lavoro, che ancora non ha riguadagnato i livelli pre-pandemici, sia attraverso una campagna vaccinale più sostenuta. La politica fiscale dovrebbe mantenere il suo passo espansivo a supporto della ripresa, ma tenendo d’occhio l’indebitamento complessivo e cercando di seguire una traiettoria sostenibile dal punto di vista proprio dell’indebitamento.

Una raccomandazione particolarmente complessa è destinata alle autorità di politica monetaria, che dovrebbero mantenere politiche accomodanti, ma monitorando costantemente l’andamento dell’inflazione: se quest’ultima dovesse ripartire, dovrebbero essere dispiegate misure per contrastarne gli effetti. Misure restrittive, chiaramente.

Anche il World Economic Outlook del FMI presenta delle previsioni simili a quelle dell’OCSE. Come nel documento analizzato in precedenza, è palesemente indicata una marcata divaricazione fra le aree del mondo in base alla reazione delle politiche fiscali statali e, soprattutto, in base alla profondità raggiunta dalla campagna di vaccinazione. Un ulteriore limite è dato dalle criticità di breve termine evidenziate da parte delle economie avanzate, a causa delle difficoltà di fornitura.

Nel caso della pubblicazione del Fondo, non devono stupire le tinte più fosche che caratterizzano le previsioni, essendo uscito più di recente in piena crisi delle forniture a livello mondiale. Nonostante le avversità, vengono confermate la crescita per il 2021 del 5,9%, leggermente in calo rispetto alle precedenti previsioni, così come quella per il 2022 al 4.9%. Il prossimo anno è confermato il recupero dell’economia mondiale rispetto alla fase precedente la crisi e per il 2024 è previsto il recupero e il sorpasso rispetto al trend di crescita previsto prima della pandemia, ma solo nelle economie avanzate.

Ben diversa è la situazione nelle economie in via di sviluppo, al netto della Cina, dove nel 2024 la crescita sarà del 5,5%, più bassa rispetto a quanto previsto prima dell’emergenza sanitaria. Questa è la divaricazione su cui l’economia mondiale si avvia nei prossimi mesi, figlia delle disparità di accesso ai vaccini che ha caratterizzato l’ultimo periodo. Questa differenza è resa plasticamente nel grafico in basso che può essere ritrovato nel documento del FMI.

Un altro punto di grande divaricazione economica, e probabilmente la più forte sfida che, nel settore, gli Stati dovranno affrontare nel medio-lungo periodo, è rappresentato dagli effetti del cambiamento climatico. Il Fondo raccomanda che nella prossima United Nations Climate Change Conference (COP26) vi sia una forte spinta e aiuto da parte dei Paesi avanzati nei confronti di quelli poveri e in via di sviluppo, per una concreta e rapida transizione verso l’economia verde. 

Infine, viene indicato come il problema delle forniture stia diventando un forte rischio per quel che concerne la crescita dell’inflazione. La forte riduzione dell’offerta di materie prime ha provocato una crescita dei prezzi a livello mondiale.

È bene precisare che le materie prime rappresentano una delle voci principali di costo dei beni finiti: un aumento di valore di queste ultime impatta naturalmente sul costo del prodotto finito. A volte, ciò non accade perché il produttore può accettare una riduzione del proprio profitto per una fluttuazione passeggera del prezzo; ma una fluttuazione prolungata non è sostenibile per i produttori. 

Al momento siamo in presenza di due tipi diversi di mismatch nell’offerta e domanda di materie prime. Il primo è legato a una componente temporale, a causa della riduzione dell’offerta dopo il crollo della domanda del 2020: tale componente verrà probabilmente recuperata nel breve periodo, essendo i produttori ancora in grado di fare fronte a una domanda più sostenuta, come quella precedente all’emergenza sanitaria.

Vi è poi una componente logistica che, come si è visto, rallenta la distribuzione dei prodotti a livello mondiale, aumentando il prezzo di quelli di rapida reperibilità. Entrambe le componenti dovrebbero essere superate una volta che le economie nazionali e le catene distributive tornino a una condizione non emergenziale. Ecco perché gli esperti ritengono che l’esplosione inflattiva sia solo passeggera. 

Anche per il Fondo la pressione al rialzo sui prezzi dovrebbe essere riassorbita entro la metà del 2022, sebbene le forti differenze fra Paesi possano più o meno anticipare o posticipare queste condizioni. 

Per quel che concerne il nostro Paese, le previsioni sono abbastanza buone. Il nostro PIL è previsto in crescita rispetto alle previsioni precedenti di aprile dell’1,6%, toccando nel complesso il 5,8%. Anche per il 2022 è prevista una crescita superiore rispetto alle soglie indicate in passato dello 0,6%, con il PIL che dovrebbe raggiungere il 4,2%. Le dolenti note provengono dal settore dell’occupazione, dove la caduta dell’occupazione avvenuta durante la pandemia difficilmente verrà recuperata nel brevissimo termine.

Infine, le raccomandazioni del Fondo. Dal punto di vista fiscale, gli Stati dovrebbero continuare a mantenere una politica di sostegno all’economia, ma seguendo una traiettoria sostenibile per la finanza pubblica. Come indicato dall’OCSE, il compito difficile spetta alle autorità di politica monetaria, che devono essere in grado di portare avanti una politica di supporto per l’economia e al contempo vigilare sull’andamento dell’inflazione e reagire con prontezza nel caso di problemi.

Le raccomandazioni del Fondo indicano, inoltre, la necessità di bloccare l’aumento dell’inflazione sul nascere, anche se questo determinerebbe un rallentamento nel recupero dell’occupazione. Secondo il Fondo, infatti, una indecisione nella reazione minerebbe le aspettative dei mercati, provocando una spirale di aumento dell’inflazione.

Concludendo, è evidente come nei prossimi mesi ci siano tre grandi sfide ad attenderci. La prima è quella del cambiamento climatico e delle politiche necessarie a contrastarlo; politiche, queste, che di fronte alla penuria di materie prime energetiche e alla pressione per la ripresa sono ancora più difficili da essere attuate. Si pensi al riguardo alla carenza energetica cinese che sta provocando un fortissimo utilizzo del carbone per fare fronte alla domanda energetica e ai black out elettrici in alcune zone industriali del Paese asiatico. 

La seconda sfida è – ancora una volta – quella pandemica, che sembra essere alle spalle per le vaccinate economie avanzate, ma che ancora spadroneggia nelle aree povere e in via di sviluppo del pianeta. Da una maggiore diffusione dei vaccini dipende la ripresa di determinate aree, come quella del Sud-Est asiatico, fondamentali nel dipanarsi della catena degli approvvigionamenti a livello mondiale di prodotti semi-lavorati e di materie prime. Inoltre, la copertura vaccinale potrà evitare la creazione di varianti resistenti al vaccino che farebbe ripiombare il buio sull’intero pianeta. 

L’ultima sfida è quella legata all’aumento dei prezzi; una sfida, questa, complicata da maneggiare e concatenata con le due precedenti. Il problema centrale, oltre alle difficoltà legate alla fornitura delle materie prime, sembra essere quello della logistica a livello mondiale, causata da criticità internazionali, ma anche da barriere interne. Questo è il caso, ad esempio, dell’ammontare enorme di container stoccati nel Regno Unito e impossibilitati allo spostamento a causa dell’insufficienza di manodopera interna legata agli effetti della Brexit e che sta premendo fortemente sulla dinamica dei prezzi. 

Anche gli Stati Uniti presentano forti problemi di logistica che stanno cercando di affrontare. Proprio di recente, l’amministrazione Biden ha richiesto l’apertura dei porti americani per tutto il giorno e una simile politica oraria nella distribuzione da parte degli autotrasportatori. Alcune analisi indicano come la strozzatura della distribuzione delle merci attraverso i porti potrebbe radicalmente impattare sui consumi del “Black Friday” e natalizi, creando anche in questo caso una spinta inflattiva.

L’Europa affronta sfide similari e anche le proteste italiane nei porti o nella distribuzione rischiano di aggravare la situazione. La chiave di volta per limitare l’inflazione è risolvere queste strozzature nelle catene della distribuzione e nel sostenere le economie povere, fornendo vaccini a tutela delle popolazioni. Al momento si intravede la luce in fondo al tunnel, ma siamo ancora dentro la galleria.