Turchia, un vicino sempre più lontano

Sebbene la Turchia continui a porsi in contrasto con i valori fondanti del progetto europeo, un dialogo aperto è necessario per il mantenimento della stabilità in tutto il Mediterraneo.  


Le relazioni con la Turchia sono sempre state caratterizzate dall’intreccio di questioni fondamentali: il lungo procedimento di adesione, la stipula dell’Accordo per il contenimento dei flussi migratori provenienti dalla Siria e le politiche di prevenzione dei fenomeni terroristici sono soltanto alcuni dei temi cruciali di cui bisogna tenere conto nella valutazione dei rapporti con il vicino orientale. 

Guardando alla prassi recente, un aspetto che sembra accomunare la posizione di tutte le Istituzioni dell’Unione è la condivisa preoccupazione per lo stato dei diritti in Turchia, accompagnata, però, dalla comune consapevolezza della necessità di mantenere il dialogo, al fine di disciplinare fenomeni di interesse comune.

Nell’ambito del Consiglio europeo di marzo 2021, è stata accordata una fiducia limitata ad Ankara, in ragione dell’espressa volontà di avviare un processo di normalizzazione delle relazioni UE-Turchia, a condizione che sia messo in atto un effettivo processo di de-escalation dell’inversione democratica assunta negli scorsi anni. 

Nelle ultime Conclusioni dello scorso giugno, i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri hanno affermato che: «Il Consiglio europeo ribadisce che l’UE è pronta a dialogare con la Turchia in modo graduale, proporzionato e reversibile per intensificare la cooperazione in una serie di settori di interesse comune, ferme restando le condizionalità stabilite a marzo e in precedenti Conclusioni del Consiglio europeo».

Nel corso della riunione, molteplici sono stati i temi dibattuti di cui si trova traccia, nelle Conclusioni, nella sezione relativa alla Turchia: l’esigenza di stabilità nel Mediterraneo; la modernizzazione dell’unione doganale UE-Turchia e le difficoltà riscontrate nella sua attuazione; la necessità di una soluzione globale del problema di Cipro in conformità con i principi del diritto internazionale; la questione migratoria e la gestione dei finanziamenti a sostegno dei rifugiati siriani.

Di fatto, i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri hanno espresso chiaramente una posizione moderata. Pur mostrando preoccupazione per lo stato dei diritti e delle libertà in Turchia, come si evince dagli ultimi paragrafi del documento conclusivo alla riunione, sembra essere assente una reale volontà di condannare con fermezza le violazioni commesse in Turchia, in favore di una più diplomatica consapevolezza della centralità di tutte le altre questioni che legano l’Unione al suo vicino orientale. 

Tenendo a mente il quadro istituzionale dell’UE e il bilanciamento dei poteri in ambito comunitario, non stupirà sapere come più incisive, invece, siano state le posizioni assunte dal Parlamento e dalla Commissione. Nello specifico, il Parlamento europeo, in una Risoluzione approvata lo scorso maggio, ha evidenziato come le relazioni con la Turchia siano al minimo storico e ha espresso l’esigenza di un profondo ripensamento dei rapporti con Ankara. 

Anche gli Eurodeputati hanno manifestato preoccupazioni per l’erosione dei principi democratici e dello Stato di diritto, rilevando una crescente distanza tra il livello di protezione dei diritti umani riconosciuto in Turchia e gli standard di tutela previsti dall’Unione. Le principali problematiche rilevate dall’Istituzione democratica dell’UE, in particolare, riguardano il consolidamento di “un’interpretazione autoritaria del sistema presidenziale”, la mancanza di indipendenza della magistratura e la continua centralizzazione del potere in capo alla presidenza. 

Sotto altro profilo, nella medesima Risoluzione, il Parlamento ha espresso il suo disappunto per la politica estera ostile della Turchia, sovente in contrasto con le priorità euro-unitarie. Il riferimento non riguarda solo la nota questione di Grecia e Cipro, ma anche il coinvolgimento della Turchia in Libia, Siria e Nagorno-Karabakh. Ancora una volta, inoltre, è stato posto l’accento sull’esigenza di una reale riconciliazione tra il popolo turco e quello armeno ed è stato ribadito l’incoraggiamento a riconoscere il genocidio armeno, promuovendo così una strada di dialogo tra i due popoli.

In aggiunta, il Parlamento europeo ha messo in evidenza come, sebbene la Turchia ospiti quasi quattro milioni di rifugiati, di cui circa 3,6 milioni di nazionalità siriana, non siano in alcun modo accettabili le politiche assunte in passato dal presidente turco Erdogan, atte a rendere l’UE ostaggio del noto Accordo sui migranti stipulato con la Turchia nel marzo 2016.

Essenziale, secondo gli Eurodeputati, resta il sostegno alla società civile turca, che resiste, “vivace e impegnata”. Questa forma di partecipazione, difatti, è considerata uno dei pochi sistemi di controllo dei cittadini sul potere del governo e, da sempre, ne sono state incoraggiate le attività.

In ultimo, il Parlamento europeo ha raccomandato di subordinare ogni politica di finanziamento dell’UE alla condizionalità democratica, nel solco di quanto già ribadito in passato, a partire dal novembre 2016, quando, per la prima volta, si era pronunciato in favore di una sospensione temporanea dei negoziati di adesione della Turchia all’UE

Quanto alla Commissione, da tempo è stato rilevato un allontanamento della Turchia dagli standard comunitari. Invero, appare interessante sottolineare come, nel complesso dei monitoraggi tecnici della Commissione, storicamente non si rinvengano valutazioni a carattere nettamente positivo, a riprova della distanza che, a livello ordinamentale, ha sempre caratterizzato le relazioni UE-Turchia, spesso ravvicinate esclusivamente in ragione di interessi politici superiori.  

Nel suo ultimo Rapporto, pubblicato ad ottobre 2020, l’Istituzione tecnica dell’UE, ha posto l’accento sul continuo deterioramento dei diritti umani in Turchia. Più nello specifico, sono state evidenziate le reiterate violazioni dei diritti riconosciuti nella Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e il mancato recepimento delle pronunce rese dalla Corte di Strasburgo. 

Tra i punti citati dalla Commissione, sotto il profilo dell’ordinamento interno, si evidenziano: la situazione democratica del Paese e il progressivo accentramento delle competenze in capo alla presidenza; le frequenti pressioni volte a ridurre lo spazio di operatività della società civile; l’esigenza di riforme del sistema pubblico; le preoccupazioni circa l’assenza di indipendenza del potere giudiziario; la necessaria lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. 

Un’apposita sezione, in ultimo, è dedicata alla politica estera adottata da Ankara, considerata incompatibile con gli obiettivi perseguiti dall’UE. I Commissari hanno ribadito l’esigenza che la Turchia rispetti la sovranità degli Stati membri dell’UE e che agisca in conformità alle Convenzioni ONU, incluse quelle assunte in materia di diritto internazionale marittimo. 

Nel complesso, la Turchia costituisce un banco di prova per l’Unione: sebbene continui a porsi in contrasto con i valori fondanti del progetto europeo, il nostro vicino orientale impone la prosecuzione di un dialogo aperto, necessario per il mantenimento di relazioni pacifiche in tutto il Mediterraneo.  

Una politica estera europea che tenga conto del bilanciamento di questi due opposti fattori costituisce l’unica via percorribile per garantire credibilità e coerenza all’Unione sul piano internazionale.


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