Valerio Lundini, in arte Lundini Valerio

Lundini e la sua “pezza” sono diventati oramai un vero e proprio tormentone, tra siparietti (in)sensati e (im)pertinenti, sarcasmo e comicità a non finire, la risata è garantita. Oppure no.


Mettiamoci (s)comodi, seduti in poltrona, sono le 23:30 di un (in)solito martedì di maggio; su Rai 2 c’è Valerio Lundini, con il suo (in)solito programma in seconda serata, Una pezza di Lundini. L’ideatore è Giovanni Benincasa e a presentarlo insieme a Lundini c’è la fantastica attrice comica Emanuela Fanelli. A seguire risate (in)solite, in 36 (in)soliti minuti di – definiamola pure – buona televisione.

Partiamo dalla «pezza»

Una pezza di Lundini nasce nel settembre del 2020, come momento di intrattenimento e di «satira surreale e disturbante», è la stessa squadra Rai a definirlo in questi termini. Una mezz’oretta di sketch divertenti, imitazioni, stacchetti musicali e interviste distopiche rivolte a personaggi famosi, di ogni genere e levatura, che sorprendentemente (forse perché preparati) sembrano stare al gioco e alle continue provocazioni, più di quanto non facciano già i conduttori.

A Roma si dice “mettiamoci una pezza”, a indicare qualcosa che non solo andrebbe sostituito, ma più che altro dimenticato, coperto e in un certo senso celato; l’abilità di Lundini è appunto quella di celare sì, ma per mettere a nudo fatti e situazioni: l’intento è quello di mascherare la menzogna per poter dire la verità, una verità cruda quanto ovvia e banale che spesso l’informazione di oggi e la comunicazione più in generale tendono, invece, a edulcorare e a destrutturare pezzo dopo pezzo.

Una pezza di Lundini si presenta come la sostituzione della realtà, uno spazio in cui tutto è possibile persino l’essere autentici senza dover essere giudicati e così facendo battuta su battuta si torna, in qualche modo, passando per strane vie, alla realtà stessa.

Siamo di fronte alla parodia vera e propria dei talk show odierni, in cui si ipercomunica per non comunicare, programmi che si svuotano di ogni sostanza per riempirsi di forme assurde e lontane da ciò che ci circonda.

«Ma si può dire questa cosa in trasmissione?» – continua a ripetere Valerio Lundini ogni cinque minuti, fintamente preoccupato di aver detto frasi scomode o di aver messo in soggezione l’eventuale ospite di turno, di fronte a un pubblico di soli anziani.

Lo spettatore (medio) ride. Oppure no

Di norma, durante Una pezza di Lundini lo spettatore da casa ride di gusto, a patto che riesca a tenere il ritmo delle conversazioni e a mantenere alta l’attenzione; l’ironia si fa sottile anzi sottilissima, a più riprese, e diviene quasi impercettibile.

È un’ironia intelligente quella di Lundini e di Fanelli, forse troppo, e il rischio è che se per caso ci si dovesse appisolare si finirebbe per sorridere a mezza bocca, indistintamente a tutto, mentre se di soppiatto subentrasse la distrazione non ci si capirebbe più niente proprio, perdendo quindi il filo del discorso.

Insomma, non ci si accomoda di fronte a Lundini, mai. Lo spettatore si pone piuttosto molte domande a cui di rado riesce a trovare risposta mentre assiste affascinato all’interpretazione di un umorismo dissacrante che nel distruggere finti perbenismi, ricrea.

Chi è Valerio Lundini, allora?

Torniamo a lui, ora, al personaggio principale che “mette pezze” ovunque: Valerio Lundini in arte Lundini Valerio o semplicemente Lundini. In molti prima di Sanremo e della sua esibizione al fianco di Fulminacci non lo conoscevano; in molti si sono spesso chiesti se ci stesse o meno con la testa, e forse la risposta è no; tutti gli altri hanno cominciato a seguirlo da tempo sui social, e non solo, e a “osannarlo come un dio”.

Valerio Lundini ha 35 anni, ha origini romane e prima di diventare famoso e irriverente disegna, canta e scrive tante cose senza un ordine preciso. Dopo aver lasciato Giurisprudenza, si diploma alla Scuola Romana dei Fumetti divenendo ben presto autore di programmi radiofonici come 610 e Programmone in onda su Radio 2. Mette inoltre in scena spettacoli teatrali in tutta Italia e suona nella band i Vazzanikki, peraltro parte integrante di Una pezza di Lundini.

Con la sua R, che a tratti è moscia, a tratti diventa V e a tratti non esiste, Valerio Lundini suole rompere gli schemi in ogni dove, in maniera educata tuttavia, tanto che potremmo definirlo un anticonformista moderato, un anarchico pacifista, il classico studente fuoricorso dall’aria stravagante che vive perennemente sulle nuvole ma nemmeno poi tanto.

Lundini è un comico geniale anche se genio non ci si sente affatto e guai a parlargli di LUNDINISMO che si offende. «Qualcuno sa fare una svastica?» – chiede spontaneamente a Bobo Craxi e Marianna Aprile, invitati in studio a (non) parlare di politica. Lundini sperimenta, non può farne a meno, non si vergogna ma non finge di vergognarsi, non si vergogna proprio e “non se ne frega” del politically correct, prende solo, palesemente, in giro chi “se ne frega” per davvero.

In definitiva, Lundini non si può raccontare, né descrivere, al massimo lo si legge tra le pagine del suo nuovo libro Era meglio il libro, edito da Rizzoli Lizard. Lundini lo si ascolta e lo si guarda in TV seduti (s)comodi in poltrona, ogni martedì sera dopo le 23, in attesa che intervisti papa Ratzinger e che gli chieda qual è il suo album preferito dei Verve! Perché Bergoglio a questa domanda ha già risposto, o forse no.


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