Perché funziona il nuovo social network di Donald Trump

Al di là della sua interfaccia semplice e un po’ “vintage”, dietro il nuovo social network di Donald Trump si nasconde una chiara strategia politica.


In questi giorni, oltre oceano, si consuma un fenomeno veramente affascinante, che sarebbe importante tenere d’occhio anche rispetto alla politica italiana: i conservatori americani sono diventati i veri progressisti, almeno sul palcoscenico della comunicazione, sotto il naso di tutti.

Si tratta probabilmente dell’ennesima giocata d’anticipo, di un guizzo che potrebbe dare i suoi frutti tra qualche anno, etichettato come un ritorno al passato. Stiamo parlando del nuovo “social network” di Donald Trump, https://www.donaldjtrump.com/desk.

Un blog? Un feed? Una vera, nuova media platform? Di sicuro un passo che tanti commentatori faticano a comprendere, sminuendo ed etichettando questa sobria landing page come un semplice ritorno al passato. Basti pensare, fra le tante, alle dichiarazioni fatte alla BBC da Kara Swisher, nota editorialista del New York Times: «It is a blog […] I was like ‘2002 is calling and it wants its blog back…’» (ndr. “È un blog” […] “Era come se il 2002 stesse chiamando e volesse indietro i suoi blog.”).

Ancora una volta, invece, è possibile che ci si trovi davanti a scelte ben precise e tecnicismi avanzati nella danza dell’attenzione dell’era moderna. Ma facciamo un passo indietro.

Siamo al 6 Gennaio 2021, l’assalto al Congresso degli Stati Uniti è in corso. Trump imbraccia le sue armi mediatiche e incita i suoi seguaci a unirsi ai riottosi per impedire che le procedure per ufficializzare il nuovo Presidente, rigide e precise, possano proseguire in modo ordinario.

Il giorno dopo Facebook, Instagram e Twitter annunciano il blocco degli account del Presidente. Seguono annunci furiosi, comunicati stampa durissimi da parte del partito Repubblicano, poi solo da parte di Trump, sempre più isolato nelle ore seguenti dai suoi compagni di scuderia. In tutto questo, assistiamo anche ad una conferenza stampa al limite del ridicolo e poi l’attenzione mediatica cala: la proclamazione del nuovo Presidente attira tutto a sé. Gli Stati Uniti voltano pagina.

Donald Trump e il suo team sono costretti al silenzio e, nolenti, a fare un passo indietro: la sconfitta è ormai palese e bisogna cominciare a riflettere su cosa sia andato storto. Il primo consulente digitale del tycoon – il Responsabile per la campagna elettorale di Donald Trump nel 2016 e 2020, Brad Parscale – viene convocato in casa base per rimettere insieme i pezzi dopo l’ultima delle tante scomuniche ricevute a seguito di errori di valutazione gravi e imprevedibili incidenti di percorso.

Questo è il momento, la scelta che ci porta ad oggi: sulla scrivania digitale di Donald Trump.

Stando a voci di corridoio non ufficiali, per sfuggire ai ban dei social media mainstream, l’attenzione degli analisti di Parscale si sposta in un primo momento sulle chat ultranazionaliste del deep web e fra i seguaci del movimento Qanon, con scarso successo. Sia perché queste chat sono fatte per non essere tracciate sia perché bisogna muoversi al loro interno in modo molto attento: sono piene di infiltrati FBI e CIA a caccia di chi ha organizzato l’assalto a Capitol Hill.

Così Parscale esce il suo gioiellino più caro, l’ultima arma a sua disposizione per capire davvero cosa stia succedendo e far risorgere il suo Presidente.

Durante i periodi di fermo elettorale, fra i suoi tanti progetti, Brad ha infatti sviluppato nel 2018 Nucleus, definito “l’unico ecosistema digitale automatizzato realizzato per gestire in modo efficiente le campagne e le organizzazioni politiche”. Stiamo parlando di una piattaforma chiusa, molto complessa e completa, capace di tracciare ogni interazione dell’utente e sfruttarla al momento più opportuno tramite automazioni, a partire da dati raccolti online e offline.

Nucleus è lo strumento che ha contribuito al successo di tante manifestazioni di Trump e che rappresenta il piccone con cui scavare ed arricchire la miniera dei dati analizzati da The Data Trust, il principale fornitore di dati elettorali e previsioni per campagne, partiti e organizzazioni Repubblicane.

Sia Nucleus che The Data Trust sono strettamente connessi, con tecnologie e analisi, allo sviluppo di diversi siti dell’ecosistema Repubblicano. Due fra tutti, il sito ufficiale e la piattaforma di raccolta fondi del partito. E indovinate quali tecnologie alimentano From the desk of Donald J. Trump? Quelle di Nucleus, ovviamente.

From the desk” nasce il 24 marzo ma viene presentata all’America solo il 4 maggio, in pompa magna su Fox news. Non perché nessuno si era accorto della piattaforma (come pure alcuni commentatori sostengono), ma perché questi giorni sono serviti come periodo di test sul traffico e sugli strumenti di monitoraggio installati sulla piattaforma.

Trump non è un folle disorganizzato: lo schema è sempre più chiaro. “From the desk” è uno strumento pensato per raccogliere informazioni, non un blog o una social media platform. Serve a comprendere e ricostruire l’elettorato Repubblicano e costituisce uno strumento fine e sofisticato per capire temi e centri di consenso, impostare un modello di relazione a senso unico dal leader alle masse e sviluppare un termometro stabile e affidabile dell’umore generale dei seguaci. 

Molti Repubblicani non chiedono altro che l’uomo forte, non vogliono un dibattito ma una direzione da seguire. Per tutte queste ragioni, “From the desk” è lo strumento giusto, al momento giusto, per il pubblico giusto.

Il proselitismo di Trump verso l’esterno, sui social media tradizionali, continua attraverso la pagina FB “Team Trump”, gestita dal movimento “Save America” e mai disattivata, che vanta un numero di iscritti prossimo a quella dell’intero partito. Adesso, grazie alle intuizioni di Parscale, i Repubblicani hanno semplicemente un’arma in più, che potrebbe riportarli nuovamente avanti a tutti durante le prossime elezioni, attraverso dei feedback su cosa hanno sbagliato in termini comunicativi.

Ultima e importante curiosità: “Save America” è la stessa realtà che gestisce “From the desk” e i suoi contenuti. Tutto torna in un ricamo ben ordito e funzionante.

Qualcosa però non funziona, davvero, ad oggi: il sito ufficiale e la piattaforma di raccolta fondi del partito Repubblicano, inaccessibili dalla presentazione del progetto “From the desk”. Una casualità? Forse si prepara un bel restyling sopra e sotto il cruscotto, all’insegna dei nuovi dati raccolti. 

Non ci resta che guardare con attenzione alle prossime mosse e, inevitabilmente, lasciarci tracciare per avere anche soltanto la possibilità di rimanere informati sull’argomento. 

La “bestia” nostrana e le tecnologie attualmente utilizzate dai politici italiani, seppur estremamente performanti, non sono tecnicamente paragonabili allo scenario di cui si è scritto sinora, rimanendo ancora un passo indietro. 

Nell’attesa che anche queste tecniche avanzatissime giungano nel nostro Paese, possiamo farci due domande per arrivare davvero pronti ad un momento così importante per la democrazia: è questa la politica che vogliamo? Quella che per convincerci delle sue idee monitora ogni nostro movimento con l’intento di sfruttare gli istinti e il subconscio di ciascuno di noi?