L’Italia dice no alla censura, sì a un cinema più maturo

Franceschini firma il decreto che abolisce la censura cinematografica. Istituita una Commissione per garantire una corretta classificazione delle opere della Settima arte.


Aprile 2021. Dario Franceschini, Ministro per i beni e le attività culturali firma la fine del «sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti». Oggi ad avere decisione in tema di censura sarà una commissione composta da 49 membri.

La composizione: sette professori universitari in materie giuridiche; sette fra avvocati e magistrati assegnati ai tribunali dei minori; sette docenti di psicologia, psichiatria o pedagogia; sette esperti con particolari competenze sugli aspetti pedagogico-educativo; sette sociologi competenti in comunicazione sociale e comportamenti dell’infanzia e dell’adolescenza; sette rappresentanti delle principali associazioni dei genitori; e sette fra membri designati dalle associazioni per la protezione degli animali ed esperti nel settore cinematografico. 

La commissione sarà guidata e presieduta dal presidente emerito del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno. Tutta la commissione ha titolo solo ed esclusivamente consultivo e avrà venti giorni di tempo per decidere se il giudizio sui limiti di età proposto dai produttori sia congruo alla pellicola; tuttavia tale opinione non potrà operare alcuna forma di censura e se un film viola la legge, sarà sempre il codice penale a stabilirlo.

La delicata questione della censura in Italia

La censura in Italia, istituita dal Decreto Regio n. 532 del 31 maggio 1914, ha avuto una lunga e variegata storia. Dapprima strumento di controllo morale e successivamente abbracciata dal potere politico e religioso, negli ultimi anni ha assunto una forma di tutela soprattutto dei minori, con una classificazione dei titoli in base a temi dannosi come sesso e violenza, non adatti alla visione da parte dei più piccoli. 

La Costituzione italiana in tale ambito prevede che la stampa non sia soggetta a censura. Restano invece escluse da tale divieto tutte le altre forme d’arte, ivi compreso il cinema: in tale contesto, pertanto, la firma di Franceschini giunge come una vittoria rivoluzionaria nel mondo dell’arte.

La dicotomia fra una censura morale e una politica ha regnato sovrana dal 1914 ad oggi e se nel 1976 Bertolucci restava vittima della censura morale, con il processo penale e la messa al rogo di Ultimo tango a Parigi, Dario Fo veniva intrappolato in quella politica, mentre gente come Pasolini e Carmelo Bene erano oppressi da entrambe le censure.

Nel mondo dell’arte non mancavano così quotidiane sobillazioni: nel 1963 con il Cristo ’63 di Bene si arrivò alla eclatante provocazione di Alberto Greco che, impersonando l’apostolo Giovanni, completamente ubriaco urina in faccia al pubblico bagnando inoltre l’ambasciatore Argentino.

Alcuni titoli posti a censura

Da Arancia Meccanica a Salò, la cinematografia italiana conta svariati casi di censura: Gioventù perduta (1948) e Il cammino della speranza (1950) di Pietro Germi, Fuga in Francia (1948) di Mario Soldati, Adamo ed Eva (1950) di Mario Mattoli, Totò e i re di Roma (1952) di Steno e Mario Monicelli, Anni facili (1953) di Luigi Zampa, Senso (1954) di Luchino Visconti, Totò e Carolina (1955) di Mario Monicelli, Le avventure di Giacomo Casanova (1955) di Steno, I vinti (1953) e Il grido (1957) di Michelangelo Antonioni, L’assassino (1961) di Elio Petri. Rocco e i suoi fratelli (1960) di Visconti, I dolci inganni (1960) di Alberto Lattuada, L’avventura (1960) di Antonioni, La giornata balorda (1960) di Mauro Bolognini. 

Per citarne qualcuna più recente basta pensare al Totò che visse due volte di Ciprì e Maresco del 1998 e, per venire a censure più contemporanee, l’edizione italiana del film Nymphomaniac, la quale inizia con una dichiarazione del regista Lars Von Trier che si dissocia dai tagli effettuati e rivendica di non aver autorizzato il nuovo montaggio. 

L’ultima pellicola censurata ad oggi è Morituris di Raffaele Picchio, horror preso di mira per la sua perversità gratuita. Perfino il Trono di Spade, quando è andato in onda su Rai 4, ha subito censure in diverse scene.

Gli anni ‘60 e il “buon costume”

Torniamo agli anni ’60. Già all’epoca il tema scaldava gli animi di produttori e spettatori; la formazione dei governi di centro-sinistra aveva portato a una piccola riforma tale da circoscrivere l’azione censoria ai film in cui si fosse identificata l’offesa al buon costume

La prudenza dei censori innescò un nuovo fenomeno: procuratori, singoli cittadini e associazioni, appellandosi al codice penale, chiesero il sequestro delle opere ritenute indecenti e approvate dall’apposita commissione del Ministero del Turismo e dello Spettacolo. I produttori, in risposta, lottavano per l’abolizione del potere censore o, in alternativa, richiamando anche loro al codice penale e chiedendo a gran voce che fosse un giudice a decidere, non un censore privato che poteva essere anche influenzato da interessi di parte o ideologici.

In assenza di precise norme di legge si giunse a un breve e precario equilibrio, ma molto presto i produttori calcarono la mano: sapendo che certe scene di nudo o di violenza sarebbero state comunque tagliate dal tribunale, rincararono la dose, contando sul fatto che più di tanto il giudice non poteva ordinare di tagliare, e quindi qualcosa di lubrico sarebbe rimasto.

Si continuò negli anni una lotta latente fra arte e Stato fino al 2016, anno in cui esce la Legge Franceschini rimasta incompiuta fino ad oggi e che impegnava il governo «ad adottare uno o più impegni legislativi per riformare le procedure attualmente previste dall’ordinamento in materia di tutela dei minori nella visione di opere cinematografiche e audiovisive, con l’istituzione di quattro categorie ciascuna proporzionata alle esigenze della protezione dell’infanzia e della tutela dei minori». 

Da oggi, grazie al decreto che permette l’attuazione di tale legge, i film saranno così classificati: per tutti, non adatti a minori di sei anni, vietati ai minori di 14 anni e vietati ai minori di 18 anni.

L’abolizione della censura secondo Otello Piccoli

Come afferma Otello Piccoli, dottore in “Televisione, Cinema e New Media” presso l’Università IULM a cui abbiamo chiesto un paio di battute: «L’espressione artistica ha il diritto di manifestarsi in ogni sua forma, anche la più provocatrice e disturbante. Starà al pubblico decretarne il successo o il fallimento. La cosa più interessante a questo proposito è porsi un quesito: se l’arte incita a comportamenti considerati fuori dalla morale comune o dalla legge, deve essere ugualmente libera di esprimersi o potrebbe essere censurata?». 

In altre parole, esiste una censura accettabile? La provocazione di Piccoli: «censurerei un film smaccatamente fascistoide? O uno spettacolo in cui si incita ad odiare i diversi? Probabilmente sì. Questo è coerente con quanto affermato più sopra? Probabilmente no – conclude – per adesso godiamoci questa abolizione della censura nel cinema, conquista epocale che fa al pubblico italiano il regalo più bello: considerarlo maturo».