Afghanistan: diritti delle donne a rischio dopo ritiro truppe Usa

L’escalation di violenze dimostra che i diritti delle donne in Afghanistan sono minacciati dal ritiro delle truppe straniere, provocando un pericoloso ritorno al passato.


Risale a pochi giorni fa l’ennesimo attacco terroristico sferrato nella già tanto martoriata terra afghana. Ancora una volta, a essere colpito è stato “il futuro dell’Afghanistan”. L’attacco ha, infatti, avuto luogo davanti a un istituto scolastico nel quartiere a maggioranza sciita di Dasht-i Barchi, proprio in corrispondenza dell’orario di uscita dalla scuola.

Ma c’è indubbiamente di più dietro l’organizzazione e la motivazione dell’attacco. Quest’ultimo sembrerebbe essere stato pianificato con il preciso fine di colpire quante più studentesse possibili in quanto, come emerge dall’orario dell’attentato, l’autobomba è stata fatta esplodere al termine del terzo turno di studio riservato esclusivamente a giovani studentesse di età compresa tra gli 11 e i 15 anni.

Un tragico bilancio di almeno 50 vittime e un centinaio di feriti. Un bilancio reso ancora più tragico dalla constatazione che le scuole afghane non sono quel luogo sicuro in cui gli studenti possono coltivare passioni, conoscenze e speranze bensì rappresentano un pericolo.

Incertezze sussistono in merito alla paternità del brutale attacco. Nessuna rivendicazione da parte dei talebani che, al contrario, si esimono da ogni responsabilità puntando il dito contro l’ISIS. Non sembra essere altrettanto d’accordo il presidente Ashraf Ghani che resta fermamente convinto del coinvolgimento dei primi; coinvolgimento che sembrerebbe voler dimostrare l’assenza di interesse per una risoluzione pacifica della crisi in cambio del ritiro delle truppe straniere dal territorio, come è stato pattuito con l’Accordo di Doha, stipulato tra Stati Uniti e il co-fondatore dei talebani in Afghanistan, il mullah Abdul Ghani Baradar, nel 2020.

Gli attacchi alle donne in Afghanistan

L’attentato nella scuola a Kabul non è un caso isolato bensì l’ultimo episodio, in ordine di tempo, di inaudita violenza volto a colpire i diritti delle donne afghane a partire dal diritto all’istruzione. La stessa zona è stata più volte bersaglio di violenze da parte di gruppi estremisti – sia talebani sia ISIS – come l’attacco dello scorso anno ai danni di un ospedale all’interno del quale si trovava l’unico reparto di maternità in cui si praticavano parti di emergenza, anche grazie alla collaborazione di Medici Senza Frontiere. Anche in quell’occasione, le vittime sono state innumerevoli e per lo più, mamme e infermiere. 

Nonostante l’accordo di pace e il ritiro delle truppe, l’Afghanistan è ancora oggi un Paese dilaniato da un conflitto (durato 20 anni) e da violenze quotidiane che non risparmiano proprio nessuno, accanendosi anche e soprattutto sulla componente femminile della popolazione. Solo un mese fa, ad aprile, a essere nel mirino dei talebani erano le giornaliste afghane. In particolare, esse sono state – e lo sono tuttora – vittime di violenti attacchi non soltanto per i temi che trattano, ma soprattutto perché sfidano le norme sociali che vietano alle donne di ricoprire un ruolo pubblico o semplicemente di lavorare fuori casa.

Generalmente, i talebani tentano di intimorirle raccogliendo informazioni sulla loro vita privata e sulle loro famiglie per minacciarle, costringendole così all’autocensura o, addirittura, a lasciare il loro lavoro. Certamente, questi episodi volti a reprimere la libertà di espressione delle donne, mostrano la contraddittorietà e la mancanza di interesse dei talebani a porre fine alle violenze sul territorio afghano, come d’accordo con gli Stati Uniti.

Paura e incertezza sul futuro dei diritti delle donne

L’escalation di siffatte, e pressoché quotidiane, violenze nei confronti della popolazione civile con particolare attenzione alle donne, sia esse bambine sia esse lavoratrici, sembra essere destinata a un progressivo aggravarsi con il definitivo ritiro delle truppe straniere, suscitando così incertezze e paura sul futuro dei diritti delle donne afghane. Insicurezze e paure condivise e sentite sia dalle medesime donne afghane che temono un ulteriore arretramento delle nuove libertà conquistate, sia dalle associazioni umanitarie operanti sul territorio e dalle organizzazioni internazionali.

Il ritorno del regime islamista è il peggior incubo delle donne afghane e sfortunatamente, le premesse non sembrano essere delle migliori. Come è stato dichiarato da Raihana Azad, parlamentare afghana «Le donne sono vittime delle guerre degli uomini, ma quelle stesse donne saranno vittime della loro pace».

È indubbio il fatto che la presenza americana nel territorio afghano abbia portato a un indebolimento del controllo della società da parte dei talebani e che, di conseguenza, questo indebolimento ha posto in essere maggiori tutele in termini di diritti della persona e libertà per quelle categorie maggiormente discriminate, come le donne.

Come riportato dal Corriere della Sera, gli Stati Uniti hanno speso oltre 780 milioni di dollari per promuovere i diritti delle donne in Afghanistan e ad oggi circa il 40 per cento degli studenti sono ragazze e donne. Tuttavia, bisogna tener comunque conto che, sebbene ci siano stati miglioramenti effettivi per la condizione femminile, questi non si sono verificati in modo uniforme su tutto il territorio: laddove il controllo del territorio da parte dei talebani è rimasto radicato, l’istruzione femminile è pressappoco inesistente

La paura più grande è che, una volta che tutte le truppe straniere si saranno definitivamente ritirate (secondo l’accordo, entro l’11 settembre 2021), i gruppi islamisti possano tornare alla ribalta segnando così un ritorno al passato per le donne, che negli anni avevano gradualmente ottenuto piccole conquiste, quali: il diritto all’istruzione, la possibilità di ricoprire ruoli pubblici, lavorare.

L’accordo di Doha e il pericolo di un regime integralista islamico

Ma qual è il pericolo concreto che le donne correrebbero all’indomani della restaurazione del potere di un gruppo integralista? Vale la pena, a tal proposito, fare qualche passo indietro e ripercorrere le motivazioni alla base dei negoziati che hanno condotto alla sigla dell’accordo di pace, risalente al 29 febbraio 2020, tra gli USA e i talebani dopo ben 20 anni di conflitto.

L’accordo prevedeva il graduale ritiro delle truppe americane e dei loro alleati entro 14 mesi dalla firma. In cambio, i talebani si impegnavano a impedire il radicamento di gruppi terroristici sul territorio allo scopo di pianificare attacchi all’estero.

Proprio in occasione dei negoziati di pace, i talebani hanno manifestato espressamente l’intenzione di “proteggere i diritti delle donne sotto la sharia”, ovvero la legge islamica. Una simile dichiarazione ha contribuito a intensificare il clima di preoccupazione tra le donne dal momento che, proprio in nome della sharia, le donne non possono godere della tutela dei diritti e delle libertà fondamentali: secondo la sharia, infatti esse possono essere frustate se ascoltano musica o lapidate se accusate di adulterio; hanno l’obbligo di indossare il burqa, in quanto non è consentito loro mostrare il corpo in pubblico.

A questo si aggiunge la paura che i talebani possano nuovamente sopprimere il diritto all’istruzione, già scarsamente garantito nei territori non occupati da gruppi integralisti.

D’altronde, un anticipo di quello che potrebbe verificarsi è già in corso. Come osservato dalla missione delle Nazioni Unite UNAMA, a un anno di distanza dagli accordi di Doha, l’impetuosità delle violenze subite dalla popolazione civile non ha mai subito un arresto. Anzi, le violenze registrate nei primi tre mesi del 2021 hanno raggiunto il livello del 2019, annullando le speranze generate dalla temporanea diminuzione delle violenze registratesi nel 2020.

Alla luce di simili considerazioni, le preoccupazioni e le paure che affliggono le donne afghane sono senz’altro pienamente condivisibili. Il futuro dei diritti delle donne afghane resta una grande incognita. Infatti, qualunque sia il gruppo integralista, che siano talebani o o l’ISIS, è quasi certo che il vuoto lasciato dalle forze internazionali verrà soppiantato dalla presa del potere degli integralisti che approfitteranno della debolezza del governo afghano per poter imporre il loro controllo.


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