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Yusra Mardini, la “farfalla” siriana diventata ambasciatrice UNHCR

Scappata dalla guerra in Siria e sopravvissuta a una traversata nel Mediterraneo, Yusra Mardini è oggi l’atleta simbolo dei rifugiati. Dopo la partecipazione ai Giochi di Rio 2016, punta adesso a Tokyo 2021.


Nessun essere umano vorrebbe mai essere sradicato dalla propria terra, ma quando ciò che da sempre viene considerato casa, e quindi sicurezza, si trasforma in pericolo, ci si rende conto che, forse, la scelta più giusta non è quella di rimanere dove si è atavicamente ancorati. Vivere, anzi sopravvivere, diventa la priorità e mettere a nudo le proprie radici per interrarle altrove è doloroso quanto difficoltoso. Tuttavia, se una giovane pianta sarà ben seminata non vi sarà altrove che tenga: essa tornerà a crescere e a fiorire, più forte di prima.

Yusra Mardini è l’esempio di tutto ciò. Ha soltanto diciassette anni quando lascia forzatamente Damasco, la città che le aveva dato i natali e in cui aveva affondato le sue radici. Nata nel 1998, epoca in cui la sua terra, la Siria, non conosceva conflitti, Yusra cresce con la grande passione per il nuoto. 

Questa passione, condivisa con la sorella Sarah, la porterà a rappresentare la Siria nei campionati mondiali di nuoto in vasca corta. Una vita normale, di un’adolescente normale, che si nutre di sport e delle soddisfazioni che ne derivano, catastroficamente mutata dalla guerra civile scoppiata nel 2011 e di cui ancora oggi non si intravede una fine. Da allora, per Yusra Mardini, vivere diventerà sopravvivere.

Il viaggio della speranza

Per non soccombere a una guerra che nessuno avrebbe voluto, Yusra e la sorella decidono di partire e di intraprendere “quel viaggio” pieno di speranza. Scappare, questa è stata la loro scelta, per vivere e crescere, coltivando le loro passioni. Nel 2015 arrivano in Libano, poi in Turchia con l’intenzione di “approdare” in Europa, intento impossibile da perseguire, dal momento in cui tutte le vie legali per accedervi risultano bloccate. 

Le due giovani ragazze, coerenti con quello che è il loro desiderio primario, scelgono ancora la vita, consapevoli tuttavia di metterla a repentaglio, un po’ come se avessero scelto di giocarsela “ai dadi”. Decidono di imbarcarsi clandestinamente per Lesbo, ma il tentativo non ha un buon esito perché vengono intercettate dalla guardia costiera e ricondotte a Smirne. Ecco quindi un secondo tentativo, reso vano nel momento in cui la piccola imbarcazione di fortuna che ospita venti persone decide di “non collaborare più”: col motore completamente fuori uso l’acqua inizia infatti a invadere l’abitacolo. 

Le due sorelle nuotatrici, a quel punto, decidono di buttarsi in mare e, coadiuvate da altre due persone, iniziano a spingere il gommone, cercando di imprimergli una direzione. In quel tratto di mare tra la Turchia e la costa di Lesbo, Yusra e la sorella nuotano per tre ore e mezza, salvando così le altre vite a bordo. Cos’è questa se non voglia di vivere e rispetto per la vita stessa?

L’arrivo in Europa

Approdate in Grecia e avendo percorso a piedi diversi chilometri sul suolo europeo, attraversando i Balcani, Yusra e la sorella terminano il loro viaggio a Berlino, dove attualmente risiedono insieme ai genitori e alla sorella minore che le hanno raggiunte in un secondo momento. La famiglia Mardini trova sistemazione in un campo profughi, in prossimità della piscina del Club Wasserfreunde Spandau 04, costruita in occasione delle Olimpiadi del 1936. La sorte o il destino ha voluto sottolineare con veemenza come Yusra fosse eternamente legata all’acqua, elemento da sempre amato, poi attraversato e domato come un possibile nemico. 

La giovane ha ripreso proprio lì a nuotare, sotto la supervisione del coach Sven Spannekrebs, arrivando a gareggiare alle Olimpiadi di Rio del 2016 nello stile libero e farfalla. Per la prima volta nella storia dei Giochi una squadra composta da dieci atleti olimpici rifugiati ha preso parte alle competizioni e Yusra, simbolo di un coraggio premiato, era tra questi. La sua “condizione” di fuggitiva prima e di rifugiata poi non le ha precluso il sogno e la voglia di portare avanti la sua passione, anzi la sua professione: è sempre stata una nuotatrice e l’ha dimostrato nel momento, probabilmente, più tragico della sua vita.

Yusra Mardini

In virtù della sua grande storia di coraggio e determinazione, oggi Yusra Mardini è Ambasciatrice di Buona Volontà dell’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Non può e non vuole dimenticare ciò che è, continuando a lottare per chi come lei ha bisogno di speranze per il futuro e per chi è capace di fare cose straordinarie qualora gli venga data l’opportunità. «Con un po’ di cibo in corpo i rifugiati possono sopravvivere. Ma solo se ricevono anche il cibo per l’anima potranno prosperare», ha affermato. 

Essere rifugiati non è una connotazione, bensì una condizione. I rifugiati sono uomini, donne, madri, padri, figli, medici, avvocati, studenti e tali continueranno a essere, anche se fuggono per salvarsi; desiderare la vita è umano e non vi è nulla di cui vergognarsi nel farlo. Yusra Mardini vuole continuare a essere la voce di chi ha bisogno, tra le più alte autorità del mondo, battendosi per tutti coloro che scappano dalle guerre e dalle violenze, affinché abbiano diritto all’istruzione, ai mezzi di sussistenza e a una sistemazione sicura. 

In questi ultimi mesi Yusra si sta allenando duramente per le Olimpiadi di Tokyo 2021. Quando suonerà l’inno olimpico, la sua bandiera sventolerà anche per la delegazione dei rifugiati e per il loro diritto allo sport, inteso come simbolo di coraggio, di perseveranza e di resilienza.

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