«Il giorno dopo» e l’anatomia dello stupro

Non esiste una regola che ogni vittima di stupro deve rispettare. Non esiste un codice di comportamento uguale per tutti. Il giorno dopo può non esserci una denuncia. Il giorno dopo c’è solo silenzio.


Il giorno dopo (#ilgiornodopo) è l’hashtag e il movimento social che si è levato in questi giorni dopo il video sfogo del 19 aprile di Beppe Grillo, garante del Movimento 5 Stelle, a difesa del figlio, indagato insieme a tre amici, di stupro di gruppo. Una frase in particolare ha scaturito molto disappunto: «Perché una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf, e dopo 8 giorni fa una denuncia, vi è sembrato strano. È strano». In questa frase c’è tutto l’orrore di quel senso di colpa che solitamente si riversa sulla vittima. Si è parlato molto infatti di victim blaming. Il nostro focus è proprio su di loro, sulle vittime. Focus che non tutti forse stanno prendendo in considerazione. 

La storia di Eva e la nascita del movimento social #ilgiornodopo

Dopo il video concitato di Grillo, è intervenuta Eva Del Canto, che ha deciso di parlare della sua storia e si è fotografata con un cartello con la scritta #ilgiornodopo, un hashtag diventato virale sui social e che raccoglie le testimonianze di persone che non sempre hanno avuto la forza di denunciare, dopo essere “sopravvissute” alla violenza.

In un’intervista a Repubblica Eva racconta: «Non può passare l’idea che una donna o denuncia subito oppure significa che sta mentendo. Io ci ho messo un anno prima di riconoscere che quella che avevo subito era una violenza, anche perché non ero in un ambiente idoneo a capirlo e non avevo gli strumenti necessari per farlo. Mi sentivo estraniata dal mio corpo, ma sono andata a scuola. Ho vissuto la mia giornata in uno stato di choc totale e la persona che aveva abusato di me era con me. Abbiamo passato la giornata praticamente insieme. Si era reso conto di quanto mi aveva fatto, ma per lui era una cosa romantica. Vedeva il nostro rapporto come una storia d’amore, nonostante non lo fosse e non gli avessi mai dato modo di pensarlo. E così è continuata per un anno e mezzo».

stupro il giorno dopo

Come Eva, tante donne hanno deciso di mostrare solidarietà fotografandosi con l’hashtag  #ilgiornodopo a dimostrazione che una vittima può continuare a vivere la propria vita “normale”, apparentemente. Infatti, il vero inferno è dentro, e solo chi ha vissuto questo trauma può capire. Ma esiste internet, esistono studi, testimonianze. Ritratti accurati di cosa sia uno stupro.

Autopsia della vittima

La ragazza protagonista della vicenda Grillo è stata messa in discussione pesantemente e pubblicamente. Altre donne hanno quindi sentito il bisogno di testimoniare che non sempre le ore che seguono lo stupro sono quelle in cui ci si accinge a sporgere denuncia.

«E dopo 8 giorni fa una denuncia». Cosa succede subito dopo nelle vittime? Prima c’è la vergogna e l’orrore di un gesto che non ci si sarebbe mai aspettati. C’è la paura e la vergogna del giudizio degli altri, soprattutto se quel giorno si è bevuto qualcosa. C’è la paura che si trovi in loro la causa di tutto, nei centimetri del vestito, nel colore del rossetto, dall’altezza del tacco o nei centilitri di alcolici assunti. Quando l’accusato è un figlio di Qualcuno, come si potrà competere con chi ha i mezzi per la miglior difesa? D’altronde sono ragazze che “se la sono cercata”.

«Nel video si divertivano tutti». Un video non sempre testimonia i sentimenti del momento, non ha un rilevatore riconoscibile di stato d’animo. Una persona ha il diritto di capire, anche ore dopo, che non si è divertita. Non lo avrebbe mai fatto in altre circostanze o credeva che si sarebbe solo giocato a fare finta. Poi però i «piselli in mano» sono usciti e, forse, non si stava giocando più.

«Al pomeriggio va in kitesurf». Sì. La ragazza poteva fare qualsiasi altra cosa. Magari non stava pensando più alla sera prima e ci ha pensato qualche giorno dopo, in cui il senso di vergogna era davvero troppo da tenere dentro. Oppure il giorno dopo mentre faceva kitesurf cercava di ricostruire i pezzi, capire cosa fare e se fare qualcosa.

Il giorno dopo altre donne hanno fatto la spesa, hanno superato un esame, sono andate a correre, sono andate all’università o al cinema con le amiche. Nessuno può  avere la presunzione di sapere cosa debba fare una donna il giorno dopo una situazione sbagliata, dopo uno stupro, dopo un incontro all’inizio scherzoso e dopo rifiutato con ogni cellula del proprio corpo.

Anatomia dello stupro

Lo stupro non corrisponde necessariamente a delle urla, al pianto. Alle volte succede che si è accondiscendenti così tutto finisce il prima possibile. “Dillo che ti piace… Se piangi ti ammazzo”. Ma noi cosa ne sappiamo?

Burgess e Holstrom (1974), nel loro pionieristico lavoro con le vittime di stupro, hanno descritto la “sindrome da trauma di stupro” (rape trauma syndrome). Le reazioni che hanno rilevato nella loro esperienza sono sia comportamentali che somatiche e psicologiche. Solitamente si manifestano in due fasi: una fase di disorganizzazione acuta, che dura qualche settimana, e una di riconoscimento, che può durare da più di una settimana a molti anni.

Tra gli effetti di natura fisica dello stupro troviamo senso di fatica, mal di testa, nausea, mal di stomaco e dolore vaginale. Poi ci sono gli effetti comportamentali e psicologici; i più frequenti sono ansia, depressione, stress post traumatico e insonnia. Le vittime di stupro hanno il 13 percento di probabilità in più di tentare il suicidio. 

Le vittime che rimangono silenti porteranno con sé questi sintomi per tutta la loro vita. La vittima che riconosce il proprio trauma sfogando la propria rabbia, diventerà in seguito una cosiddetta “sopravvissuta”. 

Quando è stupro? Uno stupro è un atto a sfondo sessuale che non aderisce al consenso da parte dell’altra persona. Parallelamente uno stupro è tale anche qualche giorno dopo; è quando si ha la forza di accettare che quello che è stato fatto non era voluto. È stupro anche quando nei primi minuti si è consenzienti e dopo si cambia idea, ma non si viene ascoltati. Lo stupro è anche dentro le mura di casa per mano del partner o di un parente, e questi sono quelli più silenziosi, quelli che vanno avanti da anni e in sordina. 

Ci sono casi in cui la vittima si sente responsabile dell’accaduto, perchè in certi casi l’aguzzino spiega perché si è sentito in dovere di compiere quel gesto. Accade anche questo: accade che alcuni uomini immaginano di ricevere degli input, una sorta di “permesso silenzioso”, una danza della seduzione assolutamente unilaterale.

Cannibalismo politico sui corpi ancora caldi

Il protagonista, il baricentro, risulta erroneamente spostato al leader del Movimento 5 Stelle. Il caso sta assumendo più una connotazione politica che umana. Si parla a stento di giustizia e si fa demagogia, cercando di capovolgere la storia dove alla fine “tutti sono vittime” delle circostanze. Quanto si è scherzosi quando si è quattro contro una? A quale grado etilico di divertimento un gesto è ritenuto una ragazzata? Perché è giusto punire?

La punizione è monito per futuri giovani “incoscienti” e sostegno per le vittime che denunciano (per esempio) 8 giorni dopo. Per troppo tempo le donne – e anche gli uomini – vittime di stupro sono rimasti in silenzio. Quando sono nati movimenti come il #meToo, sono state tante, troppe, le dita puntate che si sono levate sopra coloro che, a distanza di molto tempo, hanno deciso di denunciare una violenza.

Quando, invece, si può definire una situazione “volontaria”? Sicuramente quando nessuno si sente sporco, usato, sbagliato, svuotato, annullato. Quando una vittima si sente «vittima» di certo qualcosa di sbagliato c’è.

Alla fine cosa rimane? Ci sono donne che non tornano mai più ad una sana vita sessuale, mantenendo la sfiducia in se stesse e negli altri. Rimangono per sempre come nervi scoperti, come relitti, a volte invisibili e a volte ingombranti, degli orrori del proprio passato.


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