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Hollywood non è un paese per donne?

Lo avreste mai detto che sono state solo tre le registe a vincere il premio Oscar in ben 94 edizioni della premiazione cinematografica per eccellenza? Forse Hollywood non è (ancora) un paese per donne.


Facciamo un gioco: pensate al nome del primo regista vincitore di premio Oscar che vi viene in mente. Adesso pensatene un altro. Un altro. Un altro ancora, l’ultimo. Qualcosa mi dice che al 90 per cento di voi saranno venuti in mente, senza ombra di dubbio, Steven Spielberg, Martin Scorsese, James Cameron, Ron Howard, Roman Polanski, Ang Lee, Oliver Stone, Robert Zemeckis; chi invece ha preferito spingersi un po’ più indietro con gli anni avrà pensato a Michael Curtiz, John Ford, Francis Ford Coppola, Woody Allen. Indovinato?

Bene, adesso, però, bisogna fare un’altra osservazione: notate che questi nomi, tutti, hanno in comune un aspetto. Quale? Semplice: sono quasi tutti uomini.

A Hollywood c’è poco spazio per le donne

Forse non ci avevamo mai pensato, ma a quanto pare nell’era del #MeeToo e del #TimesUp l’industria del cinema più famosa di sempre sembra essere ben lontana dall’offrire quella parità di genere tanto sbandierata in campagne mediatiche, in un campo che appare dominato prevalentemente dal sesso maschile.

Hollywood ci ha abituato a mille contraddizioni, ma anche a tante conquiste che sono passate attraverso il mondo patinato del cinema, finestra spalancata che spesso si è fatta portavoce di lotte portate alla ribalta mediatica. Battaglie al razzismo, alle discriminazioni, denunce di eventi, situazioni, conosciute e non, accadimenti storici sepolti nell’oblio hanno visto i riflettori puntati grazie al lavoro di un’industria da milioni di dollari.

Ed è da ben 92 anni che l’Academy Award, meglio conosciuto come premio Oscar (per gli amici soltanto Oscar) celebra questo mondo, fatto di vittorie e scandali, trionfi e incoerenza, arte e storia; tra le statuette che vengono assegnate ogni anno, una tra le più ambite è senza dubbio quella riguardante la miglior regia, legata indissolubilmente a quella per il miglior film.

E qui casca l’asino: dal 1929, anno in cui si iniziarono ad assegnare gli Oscar, sono state soltanto cinque le donne candidate alla miglior regia, e addirittura soltanto una è riuscita ad aggiudicarsi la statuetta.

Lina Wertmuller è stata la prima candidata all’Oscar per la regia nel 1977 col suo Pasqualino Settebellezze; dobbiamo aspettare quasi vent’anni per vedere la neozelandese Jane Campion con Lezioni di piano (1994); dieci anni dopo è il turno di Sofia Coppola con Lost in translation (2004); solo nel 2010 il trionfo di Kathryn Bigelow con The Hurt locker, candidata e fino ad oggi unica donna ad aver vinto l’Oscar come miglior regia (e anche come miglior film); e infine, Greta Gerwig, quinta regista donna a essere candidata alla miglior regia nel 2018 con Lady Bird (anche lei, non vincitrice).

Numeri poco incoraggianti

Una media decisamente pessima considerato che la storia dell’Academy Award prende avvio quasi un secolo fa: cinque candidate donne alla regia e una sola vincitrice sono numeri decisamente troppo bassi di cui, forse, ci si è accorti troppo tardi.

Il Center for the Study of Women in Television and Film sta dedicando la sua attività proprio allo studio del fenomeno dell’occupazione femminile nel cinema, in tutti i campi, non solo nella regia; sebbene vi sia stato un miglioramento, i numeri non sono ancora del tutto incoraggianti.

Considerando i primi 250 film di incasso nel 2020 solo il 18 per cento dei registi che vi hanno lavorato è rappresentato da donne (contro il 13 per cento del 2019 e l’8 per cento del 2018); nei primi 100 migliori film di incasso le donne rappresentano il 21 per cento comprensivo del totale fra registi, scrittori, produttori, produttori esecutivi, montatori e direttori della fotografia, rispetto al 20 per cento dell’anno precedente; più nello specifico, nei 250 migliori film di incasso del 2020 le donne rappresentano solo il 18 per cento dei registi, il 17 per cento degli scrittori, il 21 per cento dei produttori esecutivi, il 30 per cento dei produttori, il 22 per cento degli editori e il 6 per cento dei direttori della fotografia; numeri piccoli, crescite minime, ma che fanno ben sperare.

Forse qualcosa sta cambiando

Speranza che si accende se guardiamo la grande sorpresa di quest’anno; per la prima volta nella storia sono ben due le donne ad aver ricevuto la nomination come miglior regia agli Oscar 2021: Chloe Zhao e Emerald Fennell, rispettivamente per Nomadland e Promising young woman. Un evento epocale, date le magre premesse.

Ma questa non è l’unica bella sorpresa che ci hanno regalato gli Oscar 2021, previsti per il 25 aprile prossimo; in generale, infatti, si è registrato un vero e proprio record di donne candidate: 70 in tutto, per un totale di ben 76 nomination in varie categorie, il numero più alto mai registrato sinora.

Forse il vento del cambiamento sta iniziando a soffiare, in questo settore così come in tanti altri: le coscienze si svegliano, i cori si alzano, le menti si aprono; l’universo femminile ampiamente bistrattato da quelle case di produzione spesso riluttanti a finanziarne i progetti, o da quei comitati di festival restii a capirne le conquiste, sta finalmente avendo la propria rivincita, e non ai margini della storia del cinema, ma come merita: da protagonista.

Aggiornamenti incoraggianti

Jane Campion con The power of the dog, nell’ultima edizione dei Premi Oscar del 27 marzo 2022, è la terza donna nella storia degli Oscar che vince la statuetta per la miglior regia, dopo Kathryn Bigelow e, successivamente, Chloé Zhao per Nomadland (2020), tutti film presentati anche alla Mostra di Venezia. Un record personale: la Campion è, inoltre, la prima donna ad aver ricevuto la candidatura agli Oscar per più di una volta.