Arte, artistə e lavoro: una indagine sullo stato dell’arte

Continuano le nostre interviste a tu per tu con i protagonisti del settore dell’arte, confrontandoci con loro partendo dall’indagine del Sunday Times Singapore che ha messo in evidenza la “non essenzialità” del lavoro artistico. Oggi parliamo con Simona Scaduto.


Si apre anche in Occidente il dibattito sull’essenzialitá del lavoro artistico, ma il pubblico ha una percezione diversa del lavoro dell’artista. Il Sunday Times Singapore ha reso pubblica un’indagine che ha fatto emergere la percezione di non essenzialità del lavoro degli artisti da parte del loro pubblico, aprendo un dibattito controverso.

Come in ogni ambito lavorativo, anche qui è importante osservare come il gender gap ostruisce l’accesso al lavoro artistico e ne rende davvero difficile la pratica in sé. Abbiamo voluto indagare con l’aiuto di artisti e artistə professionistə, chiedendo la loro testimonianza ed esperienza diretta per parlare con le persone reali, per andare oltre le statistiche e i numeri. Questo vuole essere il punto di partenza per una riflessione piú ampia che sviscereremo nel corso delle prossime settimane.

Questa settimana proponiamo l’intervento di un’artista palermitana tornata da poco in Sicilia, che continua a praticare la sua arte e si muove tra Berlino, Londra e Palermo. Simona Scaduto,  fotografa e membro del laboratorio di fotografia artistica Eglíse a Palermo, solleva domande e osservazioni molto rilevanti per il tipo di dibattito in atto. 

È davvero interessante la differenza di prospettiva sull’accessibilitá ai mestieri dell’arte da parte delle donne: nel primo intervento Balasso afferma che il mondo dell’arte è uno dei settori in cui le donne accedono maggiormente. È  possibile, forse, trovare una differente percezione tra l’arte “da intrattenimento” (teatro, audiovisivo, cinema ecc..) e altri tipi di pratica artistica?

«Cara Alice, sono molto onorata di prender parte ad una discussione così importante rispetto al valore della pratica artistica nella società contemporanea.

Io sono un’artista e utilizzo la fotografia come medium creativo. Il mio lavoro è focalizzato su concetti che riguardano la mia personale condizione di donna madre artista economicamente precaria che appunto nei meccanismi e nei sistemi attuali dell’arte non trova per niente una collocazione o una corrispondenza. Mi spiego meglio: nessuna galleria mi rappresenta e i simboli o le tematiche cui io sono focalizzata interessano più una specifica comunità (quelle delle donne ad esempio) che i sistemi dell’arte globale in sé.

Voglio citarvi un’esperienza fatta: nel 2006 circa dopo aver scoperto di essere incinta, prendo parte a una selezione per un’importante esposizione collettiva (ne avevo fatto parte già l’anno prima, quindi sono stata invitata nuovamente); ho sviluppato un lavoro di indagine fotografica in macro fotografia del mio corpo. Utilizzando un obiettivo macro feci una serie di scatti molto ravvicinati di alcune parti del mio corpo in cambiamento, una sorta di mappatura affrontando il colloquio ed  esprimendo il  concetto di corpo come spazio, come confine con l’esterno e degli effetti del cambiamento vista la gravidanza in corso. Io l’ho sentita come un’azione molto forte, anche abbastanza nuova a quei tempi.

Deserto pelle
Deserto pelle, Simona Scaduto

Le foto sono state stampate in grande formato che quasi sembravano dei paesaggi. Il curatore era un uomo, una sola persona a decidere chi entra chi no. Lo stesso curatore mi ha spiazzata con un semplice “ma chi credi possa essere interessato a vedere il tuo corpo che cambia durante la gravidanza?” (nel senso a chi importa?). Onestamente mi ha messo particolarmente in crisi recandomi tanta insicurezza e non fui selezionata. Fortunatamente qualche anno dopo ho esposto queste fotografie per un’altra esposizione, con tanto di catalogo: curatrice, una donna. 

Il mio percorso creativo ha continuato in qualche modo a non fare parte dei circuiti tradizionali artistici, soprattutto a partire da quella serie di lavori, Posting Palermo, che ho condiviso attraverso i muri della mia città, Palermo appunto.

Mi viene dunque da pensare, a seguito del citato sondaggio sulla necessità dell’arte a Singapore, che il significato di “essenziale” e “non-essenziale” può contenere diversi aspetti, sociali, politici, culturali. Il sondaggio riguarda le percezioni e gli atteggiamenti nei confronti dei lavori ritenuti essenziali, contrapponendo così il non-essenziale che ha scatenato accese polemiche, perché attraverso l’errata terminologia si modifica facilmente il pensiero e quindi l’opinione della gente.  Dunque la questione si fa più articolata, qual’è il significato dei termini “essenziale” e “non essenziale”?

Aristotele ad esempio intende per “essenziale” ciò che costituisce l’essenza delle cose, ossia qualcosa che, se lo togliamo, distruggiamo la cosa in questione. Ma che cosa è davvero essenziale? Cosa è essenziale per me o per te?

In effetti quello che cerchiamo, quando cerchiamo l’essenziale, è il focus della nostra vita, quello che abbiamo imparato a considerare come ciò che veramente conta. Ma “focus” è un termine che viene dall’ottica: si tratta di qualcosa che ci possiamo immaginare, certo, ma che, prima o poi, vorremmo anche vedere realizzato, compiuto. Come un’opera d’arte, ad esempio.

Ad oggi la mia attuale identità, esperienza e pratica dell’arte, onestamente mi permettono di non sentire troppo gli effetti e le scelte che la scena culturale contemporanea pone dentro le nostre società, chiaramente so della necessità e dell’importanza che ha per me di comunicare anche ad una piccola parte di esse. 

È anche, e per fortuna, potere dell’artista di essere e muoversi liberamente rivoluzionando e scuotendo le coscienze di chi può in qualche modo confrontarsi con le opere stesse. Purtroppo, è vero che con “l’arte non si mangia”, soprattutto in un Paese come l’Italia, che non dialoga con le giovani generazioni, non investe capitali per la creatività, non cresce, non si apre, non si modernizza ma anche non investe nelle scuole, nella cultura, nella sanità, nelle opere pubbliche, nell’ecologia».

Cosa possiamo suggerire alle nuove generazioni di artistə in arrivo? «Personalmente, direi di lasciare questo Paese malato di corruzione e bigottismo. Crescere nell’internazionalità favorendo una prospettiva intersezionale, crescendo e sviluppando una società nuova che nasce già priva di ogni forma di discriminazione. Mentre per quelli di oggi, spero in una pratica artistica e politica per cui non è il privato ad essere pubblico ma il personale a essere politico».

Ninja Marketing – che esisteva giá prima di YouTube – è una storica risorsa preziosa per comprendere i cambiamenti in atto nel campo del marketing, comunicazione, nell’innovazione tecnologica e sociale; alla base dell’evoluzione sociale rapidissima a cui stiamo assistendo, l’anno scorso ha fatto il punto sulla situazione delle artiste, perché alcuni dati rivelano un gender gap oggi ancora molto, troppo forte.

Per supportare e diffondere la cultura visuale in questo senso, alcune artiste si sono autorganizzate su piattaforme alternative come Discord, riuscendo a creare una rete transnazionale grazie al lavoro autorganizzato di squadra. L’elefante nella stanza, peró, rimane.

Per tutte le persone interessate è possibile far parte della rete internazionale Supporting Womən in Visual Arts e ricevere un endorsement; si tratta di un’iniziativa gratuita dal respiro internazionale che mira a creare comunitá che contribuiscono attivamente alla condivisione e alla diffusione off and online.

Per informazioni  inviare una email a F.I.G.A. Foundation for International Girls in the Arts. [email protected]