Unione Europea, le modifiche al regime degli aiuti di Stato

Le modifiche al regime degli aiuti di Stato rientrano tra le misure adottate dalle istituzioni europee per fronteggiare gli effetti della crisi pandemica.


Il fenomeno epidemiologico del Coronavirus (SARS-CoV-2 o COVID-19) ha determinato la produzione di effetti negativi non solo sotto il profilo sanitario, ma anche nelle economie e nei sistemi di welfare dei Paesi colpiti. Al fine di contenere il diffondersi del contagio e di fronteggiare le conseguenze della sfida pandemica, le Istituzioni europee hanno adottato delle misure straordinarie, volte a garantire la stabilità finanziaria dell’Eurozona e, più in generale, la ripresa economica e la resilienza dell’Unione Europea (UE).

Tra gli interventi predisposti a livello comunitario, oltre al Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) della Banca Centrale Europea (BCE) e all’accordo sul Next Generation EU (NGEU o Recovery Fund) raggiunto dagli Stati membri dell’UE, meritano particolare attenzione il regime degli aiuti di Stato e le relative modifiche che sono state introdotte al fine di aumentare l’efficacia di tale strumento nella lotta contro gli effetti negativi della pandemia.

Il quadro normativo di riferimento è costituito dagli artt. 107-109 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché da una serie di Regolamenti che ne definiscono ulteriormente l’ambito di applicazione. La prima disposizione menzionata fornisce una definizione all’espressione aiuti di Stato, riconoscendo come tali quei trasferimenti finanziari, concessi dai governi nazionali, «ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza». 

Le norme prese in esame determinano, nello specifico, un principio generale di incompatibilità di queste sovvenzioni con il mercato interno comunitario, poiché contribuiscono a concedere vantaggi economici a talune imprese, incidendo negativamente sugli scambi commerciali tra gli Stati membri dell’UE in termini di competitività. Sebbene il TFUE sancisca un divieto generale di adozione di tali interventi, vengono previste alcune deroghe – suddivise in due categorie – che giustificano la concessione di risorse o forniture di beni e servizi a condizioni preferenziali. 

Da un lato, vi sono gli aiuti automaticamente compatibili con il mercato interno, tra cui quelli «a carattere sociale concessi a singoli consumatori» o quelli «destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali», che devono essere comunque notificati alla Commissione europea, che li autorizza in caso di valutazione positiva circa il rispetto dei criteri di ammissibilità. Dall’altro lato, vi sono gli aiuti potenzialmente compatibili con il mercato interno, tra cui quelli volti «a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro», che vengono valutati discrezionalmente e autorizzati dalla Commissione stessa qualora la loro adozione possa soddisfare specifiche esigenze stabilite dalla norma di riferimento.

Storicamente, il regime degli aiuti di Stato si è caratterizzato per una disomogeneità applicativa dovuta alle principali sfide che hanno influenzato il processo di integrazione europea. Nello specifico, dopo una prima fase nella quale vi era un controllo poco rigido, si è passati a un approccio più severo volto a limitare l’autorizzazione di finanziamenti particolarmente generosi, anche in vista della codificazione dell’Unione economica e monetaria avvenuta con il Trattato di Maastricht del 1992.

Negli anni più recenti, la Grande Recessione del 2008 e la conseguente crisi dei debiti sovrani del 2011 hanno condotto la Commissione europea all’adozione di una strategia maggiormente flessibile, mediante la previsione di un Quadro di riferimento temporaneo recante alcune deroghe alla disciplina degli aiuti di Stato e abbandonando il perseguimento di quel bilanciamento tra tutela della competizione e finalità di carattere sociale che aveva caratterizzato gli anni precedenti. 

Si tratta di un intervento che, sebbene incentrato su logiche più accomodanti rispetto al passato, ha contribuito allo sviluppo di uno squilibrio in favore delle istituzioni finanziarie, nella convinzione che solo attraverso il loro salvataggio si potesse garantire la tenuta del sistema economico e lo sviluppo dell’apparato produttivo nel suo complesso.

Con specifico riguardo alla risposta fornita dall’UE all’attuale crisi pandemica, l’emergenza sanitaria ha richiesto un nuovo intervento volto a modificare il quadro normativo degli aiuti di Stato, nel tentativo di rendere la relativa disciplina più adeguata a fronteggiare, in modo rapido e coordinato, le esigenze derivanti dal fenomeno epidemiologico del Coronavirus. 

aiuti di stato

Nello specifico, la Commissione europea ha predisposto – il 19 marzo 2020, attraverso una Comunicazione – un apposito Quadro temporaneo recante tre categorie di misure nazionali di sostegno: «misure che non rientrano nell’ambito del controllo degli aiuti di Stato dell’UE», tra cui le integrazioni salariali e la sospensione del pagamento delle imposte sulle società, adottabili e attuabili senza il coinvolgimento della Commissione; «misure di sostegno conformemente al regolamento generale di esenzione per categoria», sulla base di quanto stabilito dalla relativa disciplina; «regimi di aiuti per far fronte alle necessità acute di liquidità e sostenere le imprese in difficoltà finanziarie», da notificare alla Commissione la quale ne deve valutare la conformità con il diritto dell’UE.

Con riguardo agli aiuti automaticamente compatibili con il mercato interno, la Commissione europea – secondo la Comunicazione del 19 marzo 2020 – è comunque tenuta, nonostante l’avvenuta notifica da parte dello Stato membro, ad effettuare un controllo sull’eccezionalità dell’evento, sul nesso di causalità tra pandemia e danno subito e sulla proporzionalità della misure di sostegno, al fine di evitare che questa costituisca una sovra-compensazione del danno medesimo. 

In aggiunta, viene delineato l’ambito di applicazione del principio dell’aiuto «una tantum», secondo cui l’impresa dovrebbe ricevere i finanziamenti per una sola operazione di ristrutturazione. Con riferimento, invece, agli aiuti potenzialmente compatibili, è stato posto in capo agli Stati membri interessati l’onere di dimostrare che le misure di sostegno siano «necessarie, adeguate e proporzionate per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia dello Stato membro interessato».

Nonostante questo novero di aiuti, la necessità di preservare l’integrità del mercato interno – dovuta all’incremento degli effetti negativi della crisi sanitaria – ha condotto la Commissione europea a intervenire nuovamente, al fine di ampliare le fattispecie di sostegno. 

In tal senso, sono state adottate due ulteriori Comunicazioni, rispettivamente il 3 aprile 2020 e il successivo 8 maggio, volte a favorire l’attività di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19, la produzione di strumenti necessari per fronteggiare la crisi sanitaria, nonché a fornire un ulteriore supporto finanziario alle imprese degli Stati membri inficiate nelle loro capacità di produrre beni, fornire servizi e contrarre prestiti sui mercati.

Il 28 gennaio scorso, in considerazione dell’evoluzione della pandemia negli ultimi mesi, la Commissione europea ha stabilito la proroga del Quadro temporaneo adottato il 19 marzo 2020 fino al 31 dicembre 2021, nel tentativo di fornire un nuovo supporto alle economie degli Stati membri e di aumentare la resilienza dell’UE nei confronti del contesto pandemico. L’esecutivo comunitario «ha inoltre deciso di ampliarne il campo di applicazione, aumentando i massimali in esso stabiliti e consentendo la conversione di alcuni strumenti rimborsabili in sovvenzioni dirette fino alla fine del prossimo anno».

Con riferimento proprio all’aumento dei massimali previsti per alcune misure di sostegno, quelli relativi agli aiuti di importo limitato per impresa risultano più che raddoppiati. Si pensi, a tal riguardo, che si è passati dai 100mila ai 225mila euro per le imprese che operano nella produzione primaria dei prodotti agricoli e dai 120mila ai 270mila euro per quelle che agiscono nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

A partire dall’adozione delle Comunicazioni menzionate, diverse sono state le misure di aiuti di Stato approvate dalla Commissione europea. La più recente è del 26 febbraio scorso e concerne un supporto del governo italiano di 40 milioni di euro in favore delle attività dell’impresa biotecnologica ReiThera S.r.l. connesse al Coronavirus. Si tratta di un sostegno pubblico sotto forma di sovvenzioni dirette volto a promuovere la ricerca e lo sviluppo di un nuovo vaccino, la cui compatibilità con il Quadro temporaneo è stata confermata dall’esecutivo comunitario.

Nonostante permangano forti limiti giuridico-economici e politici all’interno del processo di integrazione europea, le modifiche apportate al regime degli aiuti di Stato rappresentano una chiara espressione di quel bilanciamento tra solidarietà responsabile e rigore flessibile necessario per garantire quella convergenza e quella coesione socio-economica che costituiscono requisiti imprescindibili per l’instaurazione di «un’unione sempre più stretta».