Haiti, nuova ondata di proteste e instabilità

Haiti è attraversata da un’ondata di instabilità: il Covid-19 e una profonda crisi socio-politica sono diventate le micce delle proteste nei confronti del Presidente Jovenel Moïse.


Haiti è una repubblica semipresidenziale, situata sull’Isola di Hispaniola, nel Mar dei Caraibi. Ex colonia francese, con capitale Port au Prince, è indipendente dal 1804 e possiede una popolazione di oltre 10 milioni di persone. Il Paese sta attualmente vivendo una precaria situazione interna che si protrae dall’ottobre 2019, mese in cui la Repubblica caraibica è sprofondata in una grave crisi politica e sociale, a seguito delle forti manifestazioni di piazza da parte della popolazione civile nei confronti del presidente Jovenel Moïse.

Già nel gennaio 2010 l’intera Isola fu messa in ginocchio dal tremendo terremoto che causò oltre 220 mila vittime, 300 mila feriti e circa 3 milioni di persone che subirono danni gravissimi e di enorme entità. 

Per conoscere le cause dell’odierna instabilità di Haiti è necessario fare un ulteriore passo indietro fino al luglio 2018, quando il governo decise di mettere fine ai sussidi per il carburante su suggerimento del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Il provvedimento portò a un importante incremento dei prezzi del 50 per cento e alle dimissioni del Primo Ministro Moïse. La misura fu rapidamente ritirata dal Governo ma le proteste si sono protratte in risposta alle voci di corruzione riguardanti alcuni importanti politici locali, tra cui il presidente stesso. I cittadini di Haiti, ancora oggi, chiedono a gran voce le dimissioni dell’attuale Capo di Stato.

Secondo un rapporto di una commissione del senato haitiano, suddetti politici si sarebbero appropriati di ingenti fondi attraverso la vendita di petrolio a prezzi scontati. Il delegato incaricato ha successivamente confermato i dati forniti dal rapporto della commissione, accusando le agenzie statali di aver cercato di ostacolare le sue investigazioni. Moïse e il suo Parlamento non sono nuovi a questo tipo di accuse, dato che già nel recente passato avevano adottato misure per cercare di limitare l’agenzia del governo che indaga sui crimini finanziari. 

Nel gennaio 2020 in un articolo del settimanale britannico The Economist, tradotto e pubblicato dalla rivista Internazionale, si legge che gran parte della popolazione di Haiti non crede che Jovenel Moïse sia l’uomo giusto per riformare la democrazia sull’isola. La sua popolarità non gode di grande consenso anche per cause che esulano dagli scandali di corruzione.

L’ong internazionale National Human Rights Defence Network ha accusato le forze di sicurezza di aver compiuto un massacro nel 2018 quando, aprendo il fuoco contro i manifestanti, hanno causato la morte di almeno 26 persone. Oltre duecento persone, compresi almeno 44 poliziotti, sono morti nel corso delle proteste.

Lo scorso mese di febbraio la popolazione civile, appoggiata dai leader dell’opposizione, si è resa protagonista di ulteriori proteste nei confronti del Presidente. Secondo quanto riportato dalla testata giornalistica Al Jazeera, Moïse non avrebbe intenzione di lasciare il potere. 

La società civile e l’opposizione haitiana affermano che il mandato del Presidente Jovenel Moïse sarebbe dovuto terminare il 7 febbraio 2021; in risposta, il Capo di Stato e i suoi sostenitori hanno dichiarato che i cinque anni di governo scadranno soltanto nel 2022.

Durante le proteste dozzine di persone sono state arrestate e incarcerate, inclusi un giudice della Corte Suprema e un ufficiale di polizia.

Come si è arrivati a questo punto? Moïse è stato eletto con le elezioni del 2015, le quali però furono caratterizzate da evidenti frodi elettorali costringendo a rimandare più volte il ballottaggio presidenziale. Si è così tornati al voto nel novembre 2016, dove Jovenel Moïse è stato eletto con il 55,6 per cento dei voti. Il suo insediamento ufficiale è avvenuto il 7 febbraio 2017. 

L’articolo 134-1 della Costituzione di Haiti afferma che “la durata del mandato presidenziale è di cinque anni. Il periodo inizia e termina il 7 febbraio successivo alla data delle elezioni”. D’altro canto l’articolo 134-2 stabilisce che “nel caso in cui il voto non possa aver luogo prima del 7 febbraio, il presidente eletto si insedia immediatamente dopo la conferma del voto e il suo mandato dovrebbe iniziare il 7 febbraio dell’anno delle elezioni”.

La disputa sta nel capire se il mandato di Moïse sia iniziato nel 2016 – anno nel quale ha vinto ufficialmente le elezioni – oppure nel 2017, come affermano i suoi sostenitori. 

In assenza di una pronuncia ufficiale da parte di un consiglio costituzionale, i giuristi e la società civile haitiana stanno discutendo a proposito della spinosa questione. L’opinione pubblica di Haiti è spaccata in due, tra chi sostiene il Presidente eletto nella sua lotta per mantenere il potere per un ulteriore anno, e chi invece vorrebbe tornare al voto e ristabilire la democrazia.

Intanto il Paese è paralizzato e falcidiato dalle proteste, colpito da una crisi interna sempre più profonda.

Le condizioni della popolazione haitiana sono state ulteriormente messa a dura prova dalla pandemia da Covid-19, che non ha risparmiato l’isola, causando ad oggi 12 mila contagi e 245 decessi; nonché dalle violenze delle bande armate chiamate “squadroni della morte” che, in un clima di insicurezza e instabilità, stanno mietendo vittime e terrore su tutto il territorio dell’Isola.

Haiti è un Paese dove circa il 60 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà; all’interno del quale la carenza di cibo, infrastrutture, carburanti e la presenza di pericolose gang criminali la fanno da padrone. Lo Stato caraibico necessita urgentemente di una serie di interventi umanitari internazionali, che possano assistere tanto nella normalizzazione della situazione interna, quanto nella lotta alla pandemia.


Immagine in copertina di Alex Proimos

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