Eufrosina, Ildegarda e Herrad, tre luci del medioevo

Tre donne che hanno fatto la storia. Protagoniste dell’arte della miniatura, amanuensi, enciclopediste, fondatrici di monasteri maschili e femminili. Chi erano Eufrosina, Ildegarda e Herrad, le donne che dettavano le regole nel mondo della cultura del XII secolo?


Leggendo delle vite di Eufrosina da Polack (Bielorussia), Ildegarda di Bingen (Germania) e Herrade di Landsberg (Francia) il mondo medioevale così come descritto dai libri di storia ci sembra capovolto. Le loro vite sembrano, infatti, testimoniare la centralità assoluta nel mondo medioevale di una donna colta e istruita, attorno alla quale le istituzioni del tempo si organizzavano in modo gerarchico e verticistico. 

Queste tre donne non vanno infatti valutate solo come madri badesse, ma per la funzione di vertice, in senso artistico e spirituale che questo ruolo sociale forniva loro. Si tratta dunque di un ampio spazio di potere che una donna poteva esercitare in quanto abile copiatrice, artista e autrice, potere che il ruolo di badessa istituzionalizzava e legittimava. 

Alla base abbiamo le capacità tutte umane di queste donne, tutto fuorché straordinarie, anzi terribilmente ordinarie, femminili e perfettamente inserite nel loro contesto storico di appartenenza. Neanche il fatto che hanno dovuto, per così dire, “rinunciare” al mondo laicale per dedicarsi agli studi, deve essere fonte di screditamento del loro operato: è bene ricordare che in tutti e tre i casi si è trattato di una libera scelta vocazionale, nata in loro molto giovani e spesso addirittura osteggiata dagli stessi familiari.

Occorre dunque guardare alle loro figure storiche come a delle vite vissute fino in fondo “da protagoniste” del loro tempo, protagonismo che non ha mancato di coinvolgere il mondo maschile al suo interno.

Predslava, alias Santa Eufrosina 

Nel caso di Santa Eufrosina (1104-1167), sappiamo di lei che prima della scelta monastica si chiamava Predslava e che era di nobili natali, figlia di un principe (Sviatoslav di Polack). A soli 12 anni, età intorno alla quale venivano già presentate le prime proposte di matrimonio, Predslava manifestò la volontà di dedicare la sua vita a Dio. Entrò quindi nel convento dove si era già trasferita una zia, Santa Sofia, accettando il velo e cambiando il suo nome in Eufrosina, che significa “lieta”, “contenta”. 

Dopo la benedizione del vescovo, che confermò i suoi voti monastici, Eufrosina si trasferì in una cella della Cattedrale di Santa Sofia, a Polack in Bielorussia, lavorando come amanuense e donando ai poveri il ricavato della vendita dei suoi libri. 

Eufrosina
Eufrosina di Polack

La cultura che acquistò con gli anni la portò a intessere una fitta rete epistolare con molti vescovi ed esponenti del clero di Costantinopoli, rapporti grazie ai quali ottenne il permesso di fondare ben due monasteri, uno femminile, quello di San Salvatore e uno maschile, dedicato alla Madre di Dio.

Nei suoi monasteri, si imparava a leggere e scrivere ma anche disegno, pittura, canto e ricamo. Si tramandava l’arte della copiatura e della miniatura dei manoscritti e si producevano icone sacre.

La fama e la curiosità di Eufrosina la spinsero a intraprendere un lungo pellegrinaggio che la portò a Costantinopoli, dove venne ricevuta dall’imperatore Manuele I, per poi proseguire il suo viaggio verso la Terra Santa, dove la accolse re Amalrico I di Gerusalemme. 

Il lunghissimo viaggio di Eufrosina verso l’Oriente cristiano segnò anche il termine della sua parabola terrena: morirà infatti nei pressi di Betlemme, nel monastero di San Saba, nel 1167. Dopo molti anni di conquiste nel territorio dove si trovava la sua tomba, le reliquie di Santa Eufrosina vennero dapprima trasportate a Kiev, presso il Monastero delle Grotte, per poi tornare nella sua città natale, Polack, solo nel 1910.

Herrad von Landsberg, la badessa che scrisse un’enciclopedia 

Di Herrad von Landsberg, abbiamo poche ma esaustive notizie per confermarla come una “stella guida” della sua epoca. Sappiamo di lei che fu badessa in Alsazia (Francia), e che fu la prima donna a scrivere un’enciclopedia, dal titolo Hortus deliciarum, “Il Giardino delle delizie”.

Il testo è diviso in sei parti che ricordano i sei giorni della creazione, il quale è accompagnato dalle 344 miniature che adornano l’opera e che raffigurano angeli, profeti e apostoli con abiti d’epoca del XII secolo. L’ultima miniatura è un autoritratto della stessa Herrad.

Ma senza ombra di dubbio, la figura storica di Herrad von Landsberg rappresenta la stella cometa del XII secolo, una donna dall’ingegno luminoso come un faro nella notte. 

Ildegarda di Bingen, “luce del suo popolo”

Ildegarda viene portata all’Abbazia di Disibodenberg quando è ancora una bambina di soli otto anni, a causa della sua salute cagionevole. Qui viene avviata agli studi e a circa 14-15 anni decide di prendere i voti.

Non sorprende che venga definita come una delle «figure più eminenti e poliedriche della sua epoca», dal momento che fu erborista, naturalista, cosmologa, filosofa, artista, poetessa, drammaturga, musicista, linguista e consigliera politica ascoltata da papi e imperatori (altro che badessa!). 

Nel 1150, a metà del XII secolo, Ildegarda fonda il monastero benedettino di Bingen. Scrisse trattati di medicina e botanica mentre il resto delle sue opere è stato raccolto nella sua Opera Omnia contenuta nel famoso manoscritto Riesenkodex di Wiesbaden, un tomo di appena 15 chili contenente tutti i suoi manoscritti e miniature. In queste opere racconta in parole e immagini le visioni mistiche che raccontò di aver avuto fin dalla tenera età di tre anni. 

Come recita l’articolo di Sabina Gnisci “Ritratto di Signora”, per Ildegarda «il rapporto con il trascendente non risiede nell’estasi, bensì nella coscienza delle facoltà umane, sensibili e intellettuali», convinzioni ampiamente dimostrate dal suo amore e talento per l’arte e per il sapere.

Ildegarda fu un’intellettuale dal progressismo senza precedenti. Sintetizzò infatti con una immagine un concetto che oggi a noi sembra una metafora per esprimere la parità di genere: l’uomo come immagine di Dio Padre e la donna come immagine del Figlio, umanità e divinità di Dio unite insieme dal legame indissolubile di amore, lo Spirito. In questa immagine l’uomo e la donna descrivono compiutamente la natura trinitaria di Dio, entro la quale è strutturalmente impossibile introdurre un ordine gerarchico o di primato.

Ildegarda è inoltre famosa per l’essere entrata più volte in conflitto con il clero del suo tempo a causa del suo modo di intendere la vita monastica. L’idea della santa era infatti più aperta alla predicazione verso l’esterno che alla tradizionale vita claustrale all’interno del monastero. 

Ildegarda di Bingen

Infine, a Ildegarda di Bingen si attribuisce ancor oggi il merito di aver creato la primissima lingua artificiale della storia, la “Lingua ignota”, della quale possediamo parziali trascrizioni in latino e tedesco. È probabile che questa lingua fu creata come una sorta di linguaggio segreto che la santa utilizzava per scopi mistici, ma l’ipotesi è anche che la santa volesse ricreare una lingua universale che accomunasse tutti gli uomini.

Ildegarda fu un astro splendente per i suoi contemporanei, immagine ripresa da Papa Giovanni Paolo II che nel 1979, in occasione degli 800 anni dalla morte, la apostrofò «profetessa di Germania, luce del suo popolo e del suo tempo».