Il diritto alla bigenitorialità durante la pandemia

Il tema dell’affidamento condiviso e del diritto alla bigenitorialità durante l’emergenza sanitaria da covid-19 è già oggetto di numerose pronunce. L’orientamento della giurisprudenza.


L’emergenza sanitaria connessa alla pandemia da Covid-19 ha radicalmente mutato le abitudini di vita. Basti pensare che tra le varie misure restrittive intraprese dal Governo vi è anche la limitazione della libertà di circolazione, riconosciuta e garantita dall’art. 16 Cost. La compromissione di tale libertà trova la propria ragione nell’esigenza di tutelare un altro diritto, considerato uno dei principi cardine del nostro ordinamento: si tratta, in particolare, del diritto alla salute previsto dall’art. 32 Cost., da intendersi non solo come diritto spettante al singolo individuo bensì all’intera collettività.

È indubbio che la limitazione posta alla libertà di circolazione abbia comportato delle ripercussioni anche sul diritto alla bigenitorialità. Tale diritto rappresenta l’essenza di una importante svolta verso quella cultura che pone in primo piano l’attenzione sull’interesse del minore di mantenere una equilibrata e significativa frequentazione con entrambe le due figure genitoriali, da intendersi come autentica partecipazione della madre e del padre nel progetto di crescita del figlio.

Diritto alla bigenitorialità, la normativa di riferimento

In ordine ai riferimenti normativi, il diritto alla bigenitorialità è riconosciuto a livello sovranazionale dalla Convenzione sui diritti del fanciullo sottoscritta a New York in data 20 novembre 1989 e resa esecutiva nel nostro stato dalla legge n. 176 del 1991. Nello specifico, l’art. 9, comma 3, della Convenzione riconosce «il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i suoi genitori, a meno che non sia contrario all’interesse preminente del fanciullo». All’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, punto 3, si riconosce inoltre il diritto del minore di intrattenere costantemente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, a meno che ciò sia contrario al suo interesse.

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Le pronunce giurisprudenziali  

La situazione di incertezza, derivante soprattutto dalle difficoltà interpretative dei decreti che si sono succeduti durante tutta la fase emergenziale, ha indotto i coniugi separati o divorziati, in particolare quelli che vivono in comuni di residenza diversi, a fare ricorso all’Autorità Giudiziaria.

Il primo tribunale chiamato a pronunciarsi sull’argomento è stato il Tribunale di Milano l’11 marzo 2020. Nel caso di specie, la madre dei minori aveva depositato istanza urgente chiedendo che venisse disposto il rientro dei figli – che si trovavano presso il padre – presso il domicilio materno di Milano. Il Tribunale ha rigettato l’istanza e raccomandato il rispetto di quanto convenuto precedentemente dai genitori (sia con riferimento alle condizioni di affido e collocamento sia riguardo al calendario delle frequentazioni).

Un altro provvedimento, emesso il 12 marzo 2020, è quello del Tribunale di Matera che nel bilanciamento tra l’interesse del minore a mantenere un rapporto significativo con il padre e quello a restare in casa per evitare il rischio del contagio Covid-19 ha ritenuto debba prevalere quest’ultimo, in quanto funzionale alla tutela del superiore interesse della salute, pur rispettando il diritto alla bigenitorialità.

Sebbene alcune pronunce giurisprudenziali tendano a tutelare il diritto alla bigenitorialità,  ce ne sono altre di segno opposto. Quest’ultime considerano tale diritto recessivo sia rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone, sia al diritto alla salute. Inoltre, invocano una “nuova modalità” di esercizio del diritto di visita paterno: la videochiamata (o Skype). Si è quindi scelto di comprimere il diritto del genitore non collocatario, facendo solo in apparenza prevalere il diritto alla salute dei minori.

La situazione attuale non appare univoca e anzi spesso le pronunce finora emanate sembrano porsi in contrasto con la tutela del diritto fondamentale alla bigenitorialità, evidenziando le criticità e disomogeneità in relazione ai diritti di visita e alla frequentazione tra genitori e figli.