Il nuovo MES: quali sono le novità?

Il 27 gennaio scorso, i membri dell’Eurogruppo hanno firmato il Trattato del nuovo MES, introducendo importanti novità rispetto alla precedente formulazione.


Il fenomeno epidemiologico del Coronavirus (SARS-CoV-2 o COVID-19) ha richiesto un’azione rapida e coordinata da parte delle Istituzioni europee, nel tentativo di fronteggiare ed attenuare gli effetti socio-economici derivanti dalla crisi sanitaria. Nello specifico, sono stati introdotti strumenti di intervento pubblico – tra cui il Next Generation EU (NGEU o Recovery Fund), il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) e il Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency (SURE) – volti a garantire la stabilità finanziaria dell’Eurozona, nonché a sostenere l’occupazione e il tessuto produttivo degli Stati membri dell’Unione Europea (UE).

In tale contesto, l’emergenza pandemica ha offerto l’occasione per riaprire il dibattito comunitario e nazionale sul Meccanismo Europeo di Stabilità (MES o Fondo salva-Stati), l’organizzazione internazionale costituita – con un apposito Trattato, firmato dai Paesi UE dell’area euro – allo scopo di contrastare gli effetti della Grande Recessione del 2008 e della crisi dei debiti sovrani del 2011, fornendo, in tal senso, un supporto finanziario agli Stati membri maggiormente colpiti.

Muovendo dall’accordo raggiunto durante la riunione del 30 novembre scorso, i Ministri delle Finanze dei Paesi UE dell’Eurozona hanno firmato – in occasione dell’ultimo incontro dell’Eurogruppo, tenutosi il 27 gennaio – il Trattato del nuovo MES, prevedendo importanti elementi di novità rispetto alla relativa formulazione precedente. Nello specifico, si tratta di un testo che era stato elaborato già da oltre un anno, ma la cui formale approvazione era stata rallentata dalla reticenza del Governo italiano che, nonostante le perplessità esposte, aveva successivamente fornito il suo consenso proprio durante la riunione del 30 novembre scorso.

La prima modifica prevista dal nuovo Trattato riguarda la sostituzione del Memorandum of Understanding (MoU) con una lettera d’intenti con cui lo Stato membro che richiede l’assistenza finanziaria garantita dal MES si impegna a rispettare le regole del Patto di Stabilità e Crescita (PSC), momentaneamente sospese data l’attivazione della clausola di salvaguardia generale (general escape clause) da parte della Commissione europea.

Tale elemento di novità rappresenta un punto di svolta notevole che segna un cambio di rotta rispetto alle logiche che hanno guidato il funzionamento del Fondo salva-Stati negli ultimi anni. Il MoU, infatti, ha da sempre assunto la forma di un negoziato politico caratterizzato da una disuguaglianza sostanziale tra il Paese richiedente e la cosiddetta Troika, composta dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dalla Banca Centrale Europea (BCE) e dalla Commissione europea. 

nuovo mes

Nello specifico, lo Stato che necessitava dell’erogazione delle risorse, in considerazione dello stato di emergenza economica in cui si ritrovava, era portato ad accettare i prestiti concessi a fronte di una rigida condizionalità, impegnandosi ad approvare il MoU e, di conseguenza, ad adottare tutte le misure in esso contenute in termini di tagli al deficit/debito e di riforme strutturali. Tale approccio, fondato sulla logica dell’austerità, ha prodotto degli effetti collaterali che, come nel caso della Grecia, si sono tradotti in una vera e propria intrusività nella sovranità statale.

L’introduzione della lettera d’intenti, invece, lascerebbe uno spazio ridotto – se non nullo – all’approccio politico, spostando il funzionamento dell’erogazione delle risorse verso il solo asse normativo, poiché richiederebbe unicamente il rispetto di regole preesistenti all’assistenza finanziaria di volta in volta concessa, senza riconoscere alcun margine di manovra a un’eventuale negoziazione politica. Come ben si comprende, il Trattato del nuovo MES si prefigge, quale suo obiettivo, l’abbandono delle rigide politiche di austerità in favore di una maggiore convergenza economico-finanziaria degli Stati membri dell’Eurozona.

La seconda modifica prevista dal testo elaborato dai membri dell’Eurogruppo riguarda l’introduzione di un backstop comune, volto ad assicurare l’efficienza dell’economia e la stabilità finanziaria dell’area euro dalle risoluzioni bancarie. Si tratta, nello specifico, di una rete di salvataggio che contribuirà a fornire un sostegno al Fondo di Risoluzione Unico (Single Resolution Fund o SRF), attraverso una linea di credito tratta dal MES e con un tetto nominale fissato a 68 miliardi di euro quale limite assoluto. 

L’attivazione di tale funzione – prevista a partire dall’1 Gennaio 2022 – consentirà, quindi, di usufruire del Fondo salva-Stati quale ulteriore strumento per provvedere alla liquidazione o alla ristrutturazione delle banche in difficoltà.

La nuova riforma è intervenuta anche con riguardo alle operazioni di salvataggio dei Paesi e di monitoraggio dell’assistenza finanziaria. A tal proposito, l’organizzazione internazionale intergovernativa rappresentata dal MES, insieme alla Commissione europea, svolgerà un’attività di analisi concernente la sostenibilità del debito degli Stati membri richiedenti, in un momento antecedente rispetto alla relativa ristrutturazione.

In conclusione, come precisato dal Presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, il Fondo salva-Stati novellato costituisce «un’importante pietra miliare nell’ulteriore sviluppo dell’Unione economica e monetaria, che rafforzerà le capacità di prevenzione e risoluzione delle crisi dell’area euro, nonché l’Unione bancaria». Spetterà, adesso, ai Parlamenti nazionali procedere alla relativa ratifica, al fine di permettere la definitiva entrata in vigore delle nuove norme. 

L’auspicio, in tal senso, è che la mancata sottoscrizione del Trattato da parte dell’Estonia a causa del cambio di governo, lo stallo politico dell’Italia e i nuovi equilibri parlamentari che si formeranno in alcuni Stati membri – Germania, Paesi Bassi e Cipro – nel corso del 2021, non compromettano questo fondamentale impulso volto ad incrementare la resilienza dell’UE e, in generale, del processo di integrazione europea.


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