La “diplomazia del vaccino” cinese, da Pechino al mondo

Dalle ombre di una pandemia taciuta troppo a lungo alle luci della potenza benefattrice: la Cina cerca di riscrivere il proprio ruolo nella storia del COVID-19 con la “diplomazia del vaccino”. Tracciamo una mappa delle mosse cinesi sullo scacchiere internazionale.


Pechino mira a riscrivere il proprio ruolo nella storia del COVID-19 con la “diplomazia del vaccino”. Indossando i panni della potenza benevola e benefattrice, la Cina si è dichiarata pronta a soccorrere i Paesi più poveri che nella frenetica corsa al vaccino sono rimasti alle postazioni di partenza. 

«Siamo sull’orlo di un fallimento morale catastrofico» ha affermato di recente l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Delle oltre 128 milioni di dosi somministrate, più di tre quarti sono state distribuite in dieci Paesi che detengono il 60% del Pil mondiale. Non aiuta che le aziende farmaceutiche siano del tutto disinteressate a sottoporre i propri dati all’OMS, affinché i vaccini vengano approvati per il programma di vaccinazione globale Covax (di certo meno redditizio di una vendita diretta ai Paesi ricchi).

Uno scenario in cui i grandi assenti sono gli Stati Uniti d’America, reduci della politica trumpiana nazionalista del vaccino. Un’assenza che ha lasciato spazio al gigante asiatico, ansioso di diradare le ombre che il COVID-19 ha gettato sulla sua credibilità. Non è la prima volta che Pechino cerca di raddrizzare il tiro con questa nuova “Health Silk Road”: già lo scorso anno aveva lanciato una “diplomazia della mascherina”, distribuendo mascherine, respiratori ed altri strumenti per fronteggiare la pandemia. Le motivazioni, naturalmente, sono ben lontane da essere esclusivamente umanitarie: quest’esercizio di soft power aprirà nuove strade, che le aziende cinesi potranno presto percorrere per raggiungere nuovi mercati.

I vaccini cinesi, efficacia e sicurezza

Nell’arsenale di questo nuovo charm attack ci sono tre vaccini, prodotti rispettivamente dalle compagnie farmaceutiche Sinopharm, SinoVac Biotech (CoronaVac) e CanSino. Nessuno di questi vaccini è ancora stato approvato da enti internazionali e il motivo non è un mistero: i dati relativi alle sperimentazioni sono parziali e poco attendibili

Secondo le informazioni fornite dalla sua creatrice, il CoronaVac fornirebbe un’efficacia del 91% – dato confutato dal Brasile, secondo cui si fermerebbe al 50,4%. Per quanto riguarda la formula prodotta da CanSino, alcuni dati recentemente diffusi da Reuters riportano un’efficacia del 65,7% nel prevenire casi sintomatici e del 90,98% contro l’insorgenza delle forme più gravi. A loro vantaggio, i vaccini cinesi possono essere conservati in normali frigoriferi – un dettaglio non da poco per le aree più remote e meno attrezzate di infrastrutture dei Paesi in via di sviluppo.

I dubbi sulla loro efficacia e sicurezza, ad ogni modo, rimangono – al punto che persino in Cina la campagna vaccinale ha incontrato delle difficoltà dovute ad alcune reticenze. Non aiuta che la Cina abbia raccolto una serie di scandali in fatto di vaccini, il più recente nel 2018: un’azienda leader aveva prodotto vaccini contro la rabbia con materiale scaduto. «Quello che sappiamo con relativa certezza è che non uccidono nessuno» ha commentato François Heisbourg, dell’International Institute for Strategic Studies. Non proprio rassicurante.

diplomazia del vaccino
Sud-est Asiatico

Una delle regioni a beneficiare maggiormente della “benevolenza” di Pechino è il vicino sud-est asiatico. La diplomazia del vaccino, qui, ha scopi ben precisi – che vanno dal mettere in sicurezza i propri confini al progetto della Belt and Road Initiative fino alla risoluzione di alcune annose questioni territoriali.

«Se si guarda la lista dei Paesi a cui [la Cina] vuole dare priorità d’accesso al vaccino, tutte nel mondo in via di sviluppo, si vedrà che quasi tutte sono coperte [dalla Belt and Road Initiative]», raccontava già a dicembre il professor Huang Yanzhong del Council on Foreign Relations. «E alcuni di questi Paesi sono considerati strategicamente importanti per Pechino, come il Pakistan e l’Indonesia»

Non solo. Nel mirino cinese c’è anche la risoluzione di alcune dispute territoriali – nello specifico concernenti il Mar Cinese Meridionale. Le sue acque sono al centro di dispute di sovranità tra Cina, Taiwan, Filippine, Vietnam, Malesia e Brunei. Sulla base di rivendicazioni fondate su una mappa risalente al primo dicembre del 1947, la Cina ha costruito isole artificiali e postazioni militari in più punti, provocando proteste da parte degli altri Paesi. Appare evidente che nel fornire i vaccini ai propri vicini di casa, Pechino miri ad ammorbidire alcune delle loro pretese territoriali e avere uno strumento su cui far leva in caso di disaccordi.

Non sorprende, quindi, il “tour” di promozione del vaccino e di ulteriori progetti della Belt and Road (in stallo a causa della pandemia) del Ministro degli esteri cinese Wang Yi, che a gennaio si è recato in visita in Myanmar, Indonesia, Brunei e Filippine.

L’Indonesia è il principale importatore di vaccini cinesi: ha ordinato 50 milioni di dosi del vaccino di SinoVac e 60 milioni di Sinopharm. La fretta di Jakarta non stupisce, nella misura in cui il Paese è anche il più colpito della regione, che a inizio febbraio contava 1,1 milioni di casi e un numero di morti superiori ai 30.000.

Un altro importante beneficiario dei vaccini cinesi è il Pakistan, che ha contribuito con migliaia di volontari alla sperimentazione del vaccino CanSino. A inizio del mese, Islamabad ha ricevuto in regalo da Pechino 1,2 milioni di dosi del vaccino di Sinopharm. Il Pakistan è stato il primo a ricevere un simile dono, un segno del legame fra i due Paesi, confermato dall’ambasciatore pakistano a Pechino che ha definito la consegna un “simbolo di fratellanza”.

Non è da meno la Malesia, che a gennaio ha siglato accordi per oltre 23,9 milioni di dosi da SinoVac e CanSino. Al Myanmar erano promesse 300.000 dosi e un impegno a mantenere i progetti bilaterali in corso, mentre le Filippine dovrebbero ricevere 500.000 dosi insieme a un prestito di 77 milioni di dollari americani per progetti infrastrutturali.

Tuttavia, la strategia cinese va incontro a non poche difficoltà. In primo luogo, i Paesi del sud-est asiatico sono consapevoli che i vaccini cinesi includono un costo politico oltre che monetario e si stanno prodigando in diversi sforzi per evitarne l’assoluta dipendenza. Secondariamente, Pechino non è la sola nella regione ad aver messo gli occhi sul premio. L’India sta facendo un’accesa concorrenza: a gennaio ha iniziato a inviare milioni di dosi gratuite del suo Covaxin ai vicini (amichevoli) della regione, nello specifico Bhutan, Maldive, Bangladesh, Nepal, Myanmar, Seychelles, Sri Lanka e Bahrain. Anche gli Stati Uniti guidati da Biden potrebbero invertire la rotta, e tornare a guardare al di fuori dei loro confini.

Medio Oriente

«[La Cina] sta offrendo aiuto ai popoli del Medio Oriente per conquistare i loro cuori e le loro menti» afferma Sami Nader, esperto sui legami commerciali in espansione tra Pechino e i Paesi arabi. Un impegno cresciuto in maniera significativa negli ultimi dieci anni. «Non ci si dimentichi che la Cina compra tutto il petrolio dal Golfo e ha bisogno di mantenere eccellenti relazioni, specialmente con l’Arabia Saudita e gli EAU».

Gli Emirati Arabi Uniti (EAU), Bahrain, Egitto e Turchia hanno ordinato vaccini da Mosca e Pechino oltre che dagli Stati Uniti, mentre Iran e Autorità Palestinese si affidano esclusivamente alle formule russe e cinesi. Gli EAU hanno già ricevuto tre milioni di dosi, avendo approvato già lo scorso settembre l’utilizzo del vaccino di SinoPharm per uso emergenziale.

In alcuni Paesi della regione, quindi, la Cina è passata dall’essere un partner commerciale a un “benefattore scientifico”. Non sono mancate immagini dalla forte carica simbolica, come le foto dello sceicco di Dubai Mohammed bin Rashid Al Maktoum e del presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ricevono il vaccino cinese.

I vantaggi diplomatici hanno un certo peso per entrambe le parti, soprattutto quando si parla di chiudere un occhio – o entrambi – di fronte a certe violazioni dei diritti umani. I Paesi arabi, in questo caso, saranno ben predisposti a ignorare – o meglio, a continuare a farlo – la sistematica oppressione della popolazione musulmana Uigure nello Xinjiang.

Africa

Come già accennato, per i Paesi in via di sviluppo lo stoccaggio dei vaccini che richiedono basse temperature è quasi impossibile. Di certo, nella maggior parte degli ospedali del continente africano mancano i mezzi per la conservazione alle giuste condizioni dei vaccini occidentali. Inoltre, l’Africa deve ora fare i conti con la variante sudafricana, considerata molto più virulenta e forte delle varianti finora registrate, e le campagne vaccinali viaggiano a una velocità minima, con un 2021 che promette la vaccinazione di una persona su dieci.

Ed è qua che la Cina e la Russia entrano in gioco: Sinopharm ha offerto il vaccino a prezzi modici per gli stati poveri e in via di sviluppo del continente africano.

Questo, in aggiunta alla presenza di colossi economici cinesi come Alibaba, che di recente ha stretto un accordo con Ethiopian Airlines per il trasporto del vaccino, dovrebbe consentire una rapida diffusione verso tutti gli stati dell’Africa, secondo quanto viene affermato dal governo cinese. Inoltre, la propaganda che viene dalla Cina presenta il prodotto della Sinopharm come più sicuro rispetto ai vaccini prodotti da Pfizer BioNTech o Moderna, per via dell’uso di metodi già conosciuti, simili a quelli del vaccino per la polio, rispetto ai metodi “sperimentali e poco sicuri” dei laboratori occidentali.

Per creare una campagna vaccinale efficace, tuttavia, serve un numero enorme di dosi, che al momento la Russia non riesce a produrre per via della lentezza delle consegne, mentre si diffondono notizie per cui il vaccino cinese non sia effettivamente efficace come dovrebbe; entrambi i vaccini sarebbero stati diffusi saltando alcune fasi della sperimentazione e questo potrebbe averne compromesso l’efficacia. Inoltre, adesso anche AstraZeneca, l’azienda indiana produttrice di un altro dei vaccini considerati più efficaci, starebbe iniziando a consegnare dosi al continente africano, creando una concorrenza nel precedente quasi monopolio della Cina.

Tuttavia, al momento, il vaccino cinese risulta quello più facilmente accessibile agli stati africani, tanto che la maggioranza degli stati del Maghreb ne ha già ordinato grandi quantitativi, proprio per via del costo ridotto e della facilità di accesso. Nonostante gli ordini massicci, però, la domanda rimane ancora alta, e le spedizioni del vaccino cinese sono molto più lente e sporadiche di quanto potesse sembrare in un primo momento. Inoltre, pare sia stata sperimentata nei laboratori in Nigeria una variante di vaccino ancora più efficace, ma la cui produzione non sarebbe partita per mancanza di fondi; variante alla quale, peraltro, potrebbe essere interessata la stessa Cina.

America Latina

Gli stati dell’America Latina sono stati colpiti duramente dalla pandemia di COVID-19, con il Brasile in particolare considerato il terzo stato col maggior numero di contagi al mondo dopo gli Stati Uniti e l’India. In questa situazione drammatica, è stato creato un punto di collegamento tra America Latina e Cina, nel tentativo di fornire dosi di vaccino per arginare l’emergenza.

Finora, i risultati non sembrano essere particolarmente favorevoli per il vaccino Sinopharm; soltanto il 50,4% dei vaccinati parrebbe avere ricevuto una copertura efficace, un limite appena sufficiente per garantire l’uso del vaccino, anche se il numero salirebbe al 78% nel caso in cui si escludessero gli infetti che non necessitano di trattamento. Lo stato di Sao Paulo ha comunque ordinato 45 milioni di dosi da Sinopharm, nonostante le divisioni a livello governativo e le critiche del presidente Bolsonaro verso il vaccino e la sua possibile efficacia.

Il governo cinese sarà probabilmente in grado di fornire le dosi in tutta l’America Centrale e Latina, come parte di un piano diplomatico che prevede numerose collaborazioni nel continente, in aperta competizione con gli Stati Uniti che considerano quei territori sotto la loro protezione. Indicative le parole in merito dell’Ammiraglio Craig Faller, che afferma come la Cina abbia intenzione di sconfiggere la politica statunitense “nel proprio cortile”; a dimostrazione di ciò, il fatto che il Messico avrebbe già provveduto ad acquistare 35 milioni di dosi di vaccino da CanSino.

Inoltre, da parte del governo cinese sarebbe anche partita una offerta di prestito per un valore di 1 miliardo di dollari, nel tentativo di aiutare altri stati dell’America Centrale e Latina a rifornirsi di tutto il necessario per la campagna di vaccinazione contro il COVID-19.

Questo tentativo di aiutare gli stati del Centro e del Sud America, tuttavia, potrebbe avere dei riscontri negativi per la Cina. Al momento, le offerte di aiuto mirano a creare una base di sostegno a politiche cooperative tra la potenza asiatica e gli stati dell’America Latina; ma questo sostegno potrebbe non reggere nel caso in cui dovesse diventare chiaro che il solo scopo della collaborazione sarebbe quello di ottenere accessi privilegiati a punti nevralgici come il Canale di Panama, in diretta concorrenza con gli Stati Uniti: una sfida che vedrebbe gli stati sudamericani e caraibici come sottomessi a entrambe le parti, in caso di eventuali trattative.

Maddalena Tomassini, Marco Cerniglia