Gli incentivi alle assunzioni nella Legge di Bilancio 2021

La Legge di Bilancio 2021 prevede allettanti incentivi alle assunzioni, ma presenta alcuni limiti stringenti su cui occorre fare chiarezza.


Più che mai quest’anno, a causa di chiusure e rallentamenti forzati che hanno visto diverse imprese e professionisti fermarsi, è stato necessario prevedere delle misure che potessero da una parte spingere le aziende a riprendere la propria attività e, dall’altra, cercare di ridare fiducia a un mercato del lavoro oramai stanco e demotivato. A una prima lettura della nuova Legge di bilancio, approvata lo scorso 30 dicembre, gli incentivi alle assunzioni si presentano alquanto allettanti.

Per la durata prevista e la copertura totale dei contributi previdenziali Inps, sembrerebbero riprendere quegli incentivi previsti nella tanto acclamata legge n. 190/2014, che aveva portato a un incremento notevole delle assunzioni, molte delle quali si sono rivelate, poi, continuative nel tempo. A un’analisi più attenta, però, la L. 30 dicembre 2020, n. 178, presenta tutta una serie di limiti che, probabilmente, sarebbero dovuti essere meno stringenti e discriminanti.

L’incentivo non è pensato ex novo, ma mutua dai commi 100 e succ. dell’art. 1 della Legge di bilancio 2018, L. 205/2017. La sua mutualità, purtroppo, porta con sé diverse problematiche che rendono i passaggi della nuova Legge di bilancio complessi e irresoluti. Il comma 10 dell’art. 1 della nuova Legge prevede per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato, effettuate nel biennio 2021-2022, l’esonero al 100% dal versamento della quota a carico del datore di lavoro dei contributi Inps, rispetto al solo 50% previsto negli anni passati.

Lo sgravio viene poi riconosciuto per 36 mesi, innalzato a 48 mesi per le regioni meno sviluppate o in transizione quali Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia e Sardegna. Se il comma 10 si fermasse a questo le imprese e i lavoratori ne sarebbero allietati ma la platea risulterebbe troppo estesa e i fondi non sufficienti a coprire una tale manovra. 

In primo luogo, lo sgravio è previsto per promuovere l’occupazione giovanile stabile. Gli interessati sono giovani che non hanno compiuto il trentaseiesimo anno di età (35 anni e 364 giorni): una modifica, rispetto allo scorso anno, che prevede l’innalzamento dell’età di un anno. I giovani e le donne disoccupate – il cui specifico incentivo è previsto nei commi dal 16 al 19 e che tratteremo più avanti – sono le due categorie cui il nostro Paese ha sempre dato maggiore attenzione, giacché registriamo uno dei tassi più alti di disoccupazione giovanile e di disparità di genere in Europa.

incentivi alle assunzioni

Ma perché, almeno per quest’anno, non si è previsto qualcosa che potesse coprire anche la fascia di età 36-50, altrettanto colpita dalla crisi? La domanda è stata fatta più e più volte in passato, ma il periodo da cui veniamo richiede una nuova e attenta riflessione.

In secondo luogo, è vero che la Legge parla di sgravio totale dei contributi Inps ma aggiunge un riconoscimento di un tetto massimo pari a 6.000 euro annui, riproporzionato mensilmente. L’importo è raddoppiato rispetto alla Legge 205/2017 che, come detto, passa da uno sgravio pari al 50% a uno totale, ma per rientrare nel budget si spinge ad assumere lavoratori in livelli di inquadramento medio-bassi o lavoratori part time. 

Terzo limite, probabilmente quello più incisivo. L’incentivo, presentandosi come una modifica della Legge di bilancio 2018, porta con sé un dettaglio non indifferente: la nuova Legge di bilancio, infatti, si riferisce a soggetti «alla data della prima assunzione incentivata». Il passaggio è parecchio ambiguo, ma se volessimo dargli una interpretazione, sotto la spinta del comma 101 dell’art. 1 della passata L. 205/2017, dovremmo aggiungere che lo sgravio interessa quei giovani che alla data dell’assunzione non abbiano mai avuto, nella loro vita lavorativa, contratti di lavoro a tempo indeterminato.

In realtà, la L. 178/2020 non lo esplicita né lo esclude e, su questo punto, sarebbe necessario un chiarimento da parte delle Istituzioni o dalle associazioni di categoria. Pensiamo, banalmente, a un giovane assunto in passato con contratto a tempo indeterminato che sia stato licenziato per mancato superamento della prova: per poche settimane si ritrova a essere escluso dall’intervento previsto. Insomma, con questo limite, la platea si restringe maggiormente.

Il comma 12 dell’art. 1 della Legge di Bilancio individua, poi, i requisiti che il datore del lavoro deve possedere per poter usufruire dello sgravio: oltre ad avere regolarità contributiva e altre condizioni generali previsti dalla legge, il datore di lavoro privato, nei sei mesi precedenti e nei nove successivi all’assunzione, non deve procedere a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi ai sensi della L. 233/91, nei confronti di lavoratori con la stessa qualifica e stessa unità produttiva. 

Il quarto limite riguarda i contratti di apprendistato professionalizzante (II livello) e per la qualifica e il diploma professionale (I livello) e le assunzioni di giovani partecipanti al progetto di alternanza scuola-lavoro: il comma 13 della nuova Legge di bilancio li esclude dall’ambito di applicazione dell’incentivo, rispetto a quanto era stato previsto dalla L. 205/2017. Dovrebbero poi rimanere valide le condizioni di portabilità dell’incentivo: se il giovane soggetto allo sgravio, che non ha ancora terminato la sua durata di utilizzo, venisse licenziato, un successivo datore di lavoro che lo assume con contratto di lavoro a tempo indeterminato potrà usufruire dei mesi rimanenti.

L’ultimo dubbio da chiarire è relativo al tipo di sgravio prospettato: per quanto previsto dalla Legge di bilancio del 2018 si tratterebbe di un incentivo strutturale, ma il comma 14 dell’art. 1 della L. 178/2020 ci dice che il beneficio è previsto dal «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19» e, pertanto, subordinato all’autorizzazione della Commissione europea.

Per ciò che riguarda invece le assunzioni di donne lavoratrici, anche in questo caso, l’intervento si inserisce modificando, in via del tutto sperimentale, quanto previsto dall’art. 4 della L. 92/2012, riconoscendo uno sgravio pari al 100% dei contributi Inps, sempre con importo massimo di 6.000 euro annui. Restano, poi, intatte tutte le altre condizioni previste per tale misura dalla riforma Fornero. Unico requisito richiesto (non del tutto secondario) per poterne usufruire è l’incremento occupazionale netto che l’assunzione della lavoratrice deve comportare in azienda.

Sicuramente si tratta di un intervento, come già detto, che mira ad abbassare il tasso di disparità di genere nelle aziende; ma perché non premiare, invece, quelle aziende che non discriminano o che, nel proprio organico, contano una percentuale di manodopera femminile superiore rispetto a quella maschile? 

La Legge ha dunque lasciato aperti molti dubbi, sui quali si auspica di avere chiarezza quanto prima, in modo da permettere ad aziende e lavoratori di avere un quadro chiaro sulla prospettiva lavorativa. 


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