Nuovo rapporto Amnesty: violenze subite dai più fragili in Nigeria

Il nuovo rapporto di Amnesty International sulla Nigeria mette in luce abusi e violenze subite dagli anziani, categoria tra le più fragili e quasi sempre dimenticate durante i conflitti.


Sono trascorsi poco meno di due mesi dalle manifestazioni avvenute nelle principali città nigeriane del sud, contro le violenze e i soprusi nei confronti dei civili compiute dalla SARS (Special Anti-Robbery Squad) unità speciale dei corpi di Polizia che da anni agisce nell’ombra con la complicità del Governo. Queste proteste si sono concluse con un tragico bilancio: 38 vittime ufficiali, un centinaio di feriti e l’arresto di manifestanti detenuti senza accuse fondate. Tuttavia, queste manifestazioni rappresentano solo una goccia nell’immenso oceano dei conflitti interni al territorio della Nigeria.

La Nigeria è il settimo Paese al mondo per abitanti e presenta uno sviluppo economico irregolare, nonostante sia la più grande economia del continente africano. Ogni giorno la situazione umanitaria, politica e sociale di questo Paese risulta sempre più complessa e difficile da analizzare; questa difficoltà è dovuta alla presenza di svariati fattori destabilizzanti in tutto il territorio nazionale, nelle grandi aree urbane come nei villaggi.

L’8 dicembre 2020 Amnesty International ha pubblicato Nigeria: My heart is in pain – Older people’s experience of conflict displacement and detention in Northeast Nigeria, rapporto che si pone l’obiettivo di mettere in luce le violenze perpetrate, rispettivamente dalle milizie Boko Haram e dall’esercito nigeriano, negli Stati del nord-est della Nigeria, in particolare nei confronti delle persone anziane.

Particolare attenzione è rivolta allo stato di Borno, dove si consuma un conflitto armato che vede contrapposti Boko Haram e gli eserciti nigeriani. L’intera regione è stata devastata da entrambe le parti in conflitto e in questo rapporto si sottolineano le reciproche responsabilità dei crimini commessi dalle due fazioni contrapposte. In questo contesto si analizzano quali sono le condizioni in cui vivono e sopravvivono quelle categorie di persone considerate fragili, quasi sempre vengono dimenticate e trascurate.

Infatti, maggiore attenzione è stata posta a donne e uomini anziani, categoria fragile «ampiamente ignorata dai media, dai diritti umani e dai rapporti umanitari» che «affrontano rischi distinti e spesso esacerbati da entrambe le parti del conflitto, legati anche all’intersezione tra età avanzata, sesso e disabilità».

Tra novembre 2019 e ottobre 2020, Amnesty International ha intervistato 62 donne anziane e 71 uomini anziani provenienti dagli stati di Borno e Adamawa che hanno vissuto in aree controllate dai gruppi armati; tra questi alcuni sono stati anche detenuti illegalmente dai militari nigeriani per la loro presunta associazione a Boko Haram. Inoltre, sono stati intervistati componenti del personale carcerario e ospedaliero, membri di organizzazioni umanitarie che operano in Nigeria e testimoni del conflitto.

Punto di partenza di questa ricerca è il diritto internazionale, che non fornisce una definizione globale di “persona anziana” costituendo così un vuoto normativo nella protezione dei diritti fondamentali. A questo si aggiunge una considerazione significativa: l’identificazione (o autoidentificazione) di una persona nella categoria “anziano/a” varia da Stato a Stato, da una regione del mondo all’altra; e per ogni identificazione in questa categoria corrisponde uno spettro ampio e diversificato di esperienze, ma soprattutto di bisogni come la mobilità, l’alimentazione e il diritto alla salute. Questi bisogni si acuiscono per gli anziani che vivono in regioni consumate quotidianamente da conflitti armati, come la Nigeria.

Boko Haram, l’organizzazione terroristica jihadista che da ormai più di un decennio tiene in ostaggio la Nigeria, controlla buona parte delle aree rurali del nord-est della Nigeria; tra le sue pratiche più conosciute vi sono i rapimenti di giovani donne e bambini, oltre agli attacchi nei villaggi con l’intento di massacrare civili e militari e prendere il controllo dell’area: dal 2009 ad oggi Boko Haram ha causato la morte a più di 16 mila civili.

Secondo il rapporto, il trattamento riservato a donne e uomini anziani da parte del gruppo terroristico varia a seconda delle situazioni: uccisi, mutilati, o semplicemente «lasciati soli». Questo accade soprattutto alle persone che hanno una mobilità ridotta e non hanno la possibilità di fuggire; o ancora il legame profondo con la propria terra li porta a non aver la forza di andar via; per questo motivo, un’ampia fetta di popolazione anziana vive in aree controllate o contese dal gruppo terroristico.

Gli anziani che rimangono in queste aree corrono un duplice rischio: da un lato, gli abusi e violenze da parte di Boko Haram e, dall’altro lo stigma da parte delle autorità nigeriane che considera chi rimane in quelle terre come terroristi, costituendo altri rischi di abusi e violenze compiute dalle autorità stesse.

Tra i primi fattori analizzati da Amnesty International vi sono l’accesso al cibo e la sicurezza alimentare, due condizioni che vengono a mancare nelle zone di conflitto. Dalle testimonianze raccolte, infatti, in questi villaggi donne e uomini, adulti e anziani, vivono nel terrore: i militanti saccheggiano i civili, li tassano e li privano del raccolto e del bestiame, rendendo ancora più difficile l’accesso al cibo che determina, di conseguenza, insicurezza alimentare e morte.

A questo si aggiungono la mancanza di manodopera nei campi (uccisa dalle milizie o fuggita dal conflitto verso aree sotto il controllo del governo) e le restrizioni imposte da Boko Haram sulle donne: alle donne, infatti, è vietato lavorare fuori casa ed esse vengono picchiate e frustate dai militanti se tentano di raggiungere i campi.

Tra i componenti di questa categoria fragile, sono le donne a essere particolarmente a rischio di essere uccise: nel 2019 alcune donne anziane sono state uccise perché accusate di essere “streghe” o “possedute” e, dalle interviste condotte da Amnesty, si evince che le anziane uccise presentavano problemi di salute mentale o menomazioni cognitive, potenzialmente demenza.

Quando le continue violenze combinate all’incapacità di un accesso al cibo diventano insostenibili, anche a una categoria fragile come quella delle persone anziane non resta che tentare la fuga. Secondo il rapporto, decine di migliaia di anziani hanno tentato la fuga, prendendosi il rischio di essere scoperti e uccisi dai militanti o di percorrere un viaggio insostenibile per le proprie condizioni fisiche o di salute.

Le persone anziane che vivono sotto il controllo di Boko Haram subiscono violenze anche dai militari nigeriani: durante le operazioni contro Boko Haram «i soldati raramente fanno uno sforzo per distinguere i combattenti dai civili». I testimoni delle violenze hanno riferito ad Amnesty International che molte persone anziane con mobilità ridotta, dunque non in grado di fuggire, sono state uccise nelle proprie abitazioni o hanno riportato gravi ferite da armi da fuoco; altri sono morti bruciati vivi nelle loro case, poiché i militari sono soliti dar fuoco ai villaggi occupati da Boko Haram.

Un contadino di 75 anni, sopravvissuto a un attacco dei militari nigeriani avvenuto nel 2019 nel suo villaggio ha raccontato che molte persone anziane e con disabilità non sono fuggite perché non ne erano in grado e per questo sono morte a causa delle violenze perpetrate dei militari: «I soldati sono venuti a casa mia […]. La porta era aperta e io ero seduto lì, e il soldato ha sparato».

Per quanto riguarda le persone anziane che riescono a fuggire dalle aree sotto il controllo di Boko Haram per raggiungere quelle sotto il controllo del governo, esse subiscono ulteriori vessazioni: durante il conflitto, migliaia di anziani (soprattutto gli uomini) sono stati arrestati illegalmente e detenuti nella struttura di detenzione Giwa Barracks per un periodo variabile, da quattro mesi a cinque anni; le donne anziane, invece, solitamente vengono trattenute perché i loro figli sono presunti membri di Boko Haram. Tutti gli intervistati da Amnesty International che hanno subito un arresto non sono stati accusati di alcun crimine.

Le violenze non cessano neanche nelle strutture di detenzione, anche se generalmente le violenze nelle carceri sono subite più frequentemente dai detenuti più giovani piuttosto che dagli anziani: Amnesty International ha avuto le prove della morte per impiccagione di due uomini anziani. Ciò che subiscono maggiormente donne e uomini anziani nei centri di detenzione sono le condizioni disumane in cui sono costretti a “vivere”, come sovraffollamento delle celle, mancanza di cibo e acqua adeguati, mancanza di servizi sanitari e condizioni igienico sanitarie insostenibili; inoltre viene negato l’accesso alle cure mediche e ai farmaci per la cura delle più comuni malattie croniche che gli anziani presentano.

La combinazione di questi fattori ha causato la morte di migliaia di persone durante le detenzioni: i dati relativi alle sepolture per i decessi avvenuti nelle carceri a Maiduguri dal 2013 al 2020, mettono in evidenza che la stima di anziani deceduti in luoghi di detenzione rappresentano 15 al 25 per cento dei decessi. Un intervistato (uomo, 65 anni) detenuto illegalmente per quattro anni e rilasciato all’inizio del 2020 ha raccontato: «Sono fuggito [dal mio villaggio] e ho cercato di raggiungere un posto più sicuro. Ma quando sono arrivato, i militari mi hanno arrestato, maltrattato e portato via per qualcosa che non ho fatto… È molto doloroso. L’ingiustizia è troppa».

Amnesty International conclude questo rapporto affermando che le violenze e i crimini commessi nei confronti degli anziani, commessi rispettivamente dal gruppo Boko Haram e dall’esercito nigeriano, rientrano nella fattispecie dei crimini di guerra e crimini contro l’umanità poiché vengono perpetrati torture, omicidi e altri atti disumani. Fattore significativo di questo rapporto sta proprio nel fatto che si portano alla luce gli abusi commessi dall’esercito nigeriano che, a differenza degli atti criminali commessi da Boko Haram, fino ad ora erano rimasti nell’ombra.

Non sono mancate le polemiche e le accuse da parte delle autorità nigeriane. Queste accusano Amnesty International di aver pubblicato un rapporto inesatto poiché non risponde ai criteri internazionali da seguire per effettuare questa tipologia di ricerca e, infine, il generale John Enenche, coordinatore dell’ufficio stampa dello Stato maggiore nigeriano, ha dichiarato che «il rapporto è un tentativo deliberato di screditare le forze armate nella lotta contro l’insurrezione e il terrorismo».


Foto in copertina di Adenekan19