Arcigay Palermo, saccheggiata la sede delle Officine Arcobaleno

La casa di Arcigay è stata derubata. Un luogo sicuro, un simbolo per un’intera comunità, violato dalla barbarie di chi, approfittando del periodo di difficoltà, si è introdotto negli uffici per saccheggiarli.


La sede di Arcigay Palermo, sita in via della Rosa alla Gioiamia, è stata derubata. A scoprirlo le operatrici dello sportello La Migration, che nella mattina di lunedì 1 dicembre, recandosi in sede per svolgere le consuete attività assistenziali, hanno trovato una delle due porte forzate.

Il tentativo di scasso ha interessato entrambe le porte ma solo una delle due ha ceduto, permettendo ai ladri di accedere all’immobile. Una volta dentro, le operatrici si sono rese conto che le stanze, adibite ad uffici, erano state messe a soqquadro. A mancare erano diversi beni, dal televisore al proiettore utile per le attività di formazione, dalla console che i ragazzi usano per giocare durante i momenti ricreativi ai portatili utili a svolgere le attività.

A ciò si aggiungono i preservativi e i test rapidi di screening per HiV usati durante le attività del progetto PrevenGo, alcuni dei quali trovati sparsi sul tavolo; presumibilmente i malviventi hanno aperto le confezioni per capire se all’interno ci fossero beni economicamente rilevanti. 

Avvertite le autorità per denunciare l’accaduto e fatti i sopralluoghi del caso, le operatrici, insieme a Marco Ghezzi (presidente di Arcigay) si sono adoperate per sistemare e ripulire la sede in attesa di un falegname che potesse sistemare, seppur in via temporanea, i danni subiti. Il costo del ratto alla sede di Arcigay è alto, al momento non quantificabile, ci dice Marco Ghezzi, e segue quello emotivo di aver perso le attrezzature con cui i volontari lavorano quotidianamente  per formazione, colloqui, e relazioni.

Ad una situazione di fatica pregressa, data dal rischio di perdere la sede e con la conseguente creazione di un crowdfunding, si aggiunge così un altro tassello legato alla violazione di un safe space. Si pensa che dietro al gesto non ci sia alcuna volontà di matrice omofobica, anzi, è più probabile che sia stato il periodo di crisi economica ad aver indirizzato i malviventi a compiere questo gesto.

«La possibilità di salvare quegli spazi, superando questo periodo di pandemia e continuando a fare quello che abbiamo sempre fatto, è un l’opportunità che esiste, basta solo una piccola donazione tramite il crowdfunding o anche la semplice condivisione. Sono gesti che in questo momento avrebbero un grande valore». Questo l’appello di Marco Ghezzi, che aggiunge: «L’idea di non poter adempiere ad un impegno che abbiamo assunto per anni fa male, al netto delle difficoltà che ci siamo trovati a far fronte nel passato e nel presente ma siamo sopravvissuti e lo faremo per altri quarant’anni».