Save our Education: l’allarme per il diritto all’istruzione

L’emergenza Covid-19 rischia di consegnare a una generazione di bambini un futuro fatto solo di povertà, a causa del venir meno del loro diritto all’istruzione.


Dall’inizio della pandemia di coronavirus circa il 90% dell’intera popolazione studentesca mondiale ha dovuto interrompere il proprio percorso scolastico. Secondo le stime pubblicate nel rapporto di Save the Children, nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria, circa 1,6 miliardi di bambini in tutto il mondo hanno dovuto rinunciare alla loro istruzione. Un evento mai accaduto prima, un’emergenza educativa senza precedenti.  

Ma non solo. Se il presente è difficile, il futuro che è alle porte è tutt’altro che roseo. L’emergenza rischia di condannare un’intera generazione di bambini e bambine a un futuro fatto unicamente di povertà e miseria: entro fine anno almeno 9,7 milioni di bambini potrebbero lasciare la scuola per sempre.

Secondo Robert Jerkins, Direttore globale Unicef per l’istruzione, «più a lungo i bambini sono lontani dalle scuole, meno probabilità hanno di ritornarvi». Tale rischio si presenta inevitabilmente più elevato nei Paesi a medio e basso reddito. La pandemia di Covid-19 ha avuto un forte impatto sulla vita e l’istruzione dei bambini di tutto il mondo, soprattutto se poveri. Soprattutto se l’emergenza sanitaria si aggiunge a situazioni di forte vulnerabilità in zone già devastate da crisi economiche, guerre, cambiamenti climatici.

Save the Children, al fine di individuare le zone dove il rischio di incremento di abbandono scolastico è maggiormente elevato, ha utilizzato un indice di vulnerabilità che prende in considerazione tre diversi parametri: il tasso di abbandono scolastico precedente all’emergenza, le diseguaglianze di genere e di reddito tra i bambini che lasciavano la scuola, e il numero di anni di frequenza scolastica.

In base a questi elementi sono stati individuati 12 Paesi: Niger, Mali, Chad, Liberia, Afghanistan, Guinea, Mauritania, Yemen, Nigeria, Pakistan, Senegal e Costa d’Avorio. Come era prevedibile, si tratta di Paesi dove la situazione economica e politica era già complicata prima del coronavirus e l’emergenza non ha fatto altro che aggravare la loro condizione di “Paesi in ginocchio” a causa di decenni di sfruttamento, di guerre, di tensioni politiche interne ed esterne. Nelle ipotesi peggiori le già scarse risorse finanziarie di cui tali Stati dispongono saranno utilizzate dai rispettivi governi unicamente per coprire le innumerevoli spese legate all’emergenza sanitaria. 

Il rapporto ritiene che il 10% delle risorse ad oggi destinate all’istruzione potrebbe andare perso con la conseguenza che alla scuola verrebbero a mancare 192 miliardi di dollari entro la fine del 2021. Economia e istruzione sono purtroppo legate a filo doppio, soprattutto in tempi di pandemia.

Senza interventi urgenti le famiglie che vivono in condizioni di estrema povertà potrebbero salire tra 90 e 110 milioni, con una stima media di 105 milioni, con la conseguenza che sempre più bambini si troverebbero costretti a sacrificare la propria istruzione per entrare precocemente nel mercato del lavoro per provvedere ai bisogni primari delle famiglie gravemente colpite dalla crisi e dalla recessione.  

Nel rapporto “Coming Together for Refugee Education, l’UNHCR – agenzia ONU per i rifugiati – sottolinea la doppia penalizzazione a cui sono sottoposti i bambini rifugiati. La loro condizione era difficile anche prima dell’avvento del virus; la probabilità che un bambino rifugiato non ricevesse un’istruzione era due volte più elevata rispetto a quella di un bambino non rifugiato.

La situazione è destinata a peggiorare. Secondo quanto dichiarato da Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, «dopo tutto quello che hanno patito, non possiamo privarli del futuro negando loro un’istruzione oggi. Nonostante le enormi sfide poste dalla pandemia, assicurando maggiore supporto internazionale ai rifugiati e alle comunità di accoglienza possiamo trovare ulteriori modi innovativi di proteggere i risultati vitali conseguiti nell’istruzione dei rifugiati negli ultimi anni». 

In questa “guerra tra poveri” è stato inoltre rilevato che a subire le conseguenze peggiori saranno ancora una volta le bambine. Nel rapporto “The Global Girlhood Report 2020: Covid-19 and progress in peril Save the Children ha, infatti, segnalato che le bambine saranno maggiormente esposte alle conseguenze della crisi: nove milioni di bambine non metteranno mai piede in una classe; molte di loro saranno vittime di violenza di genere, costrette a matrimoni e a gravidanze precoci.

Dopo 25 anni di progressi, nel 2020, per la prima volta, si registra dunque un’inversione di tendenza negativa: quasi 500 mila ragazze in più nel mondo potrebbero essere costrette al matrimonio forzato, soprattutto in Asia meridionale (191 mila), in Africa centrale e occidentale (90 mila) e in America Latina e nei Caraibi (73 mila).

A questi numeri spaventosi va aggiunto il dato relativo alle gravidanze precoci, causa principale di morte per le ragazze tra i 15 e i 19 anni. Sono stimate circa un milione di gravidanze precoci, concentrate in gran parte in Africa (282 mila nell’area meridionale e orientale del continente e 260 mila in quella centrale e occidentale) e in America latina e nei Caraibi (181 mila).

«Se una adolescente su 10 nel mondo era già vittima di stupro o violenza sessuale da parte del proprio marito o ragazzo prima del Covid-19, il coronavirus ha portato a un aumento di questi casi e, per effetto della pandemia, si prevedono 2 milioni di casi di mutilazione genitale femminile in più nei prossimi 10 anni, soprattutto tra chi non ne ha ancora compiuti 14». Questa l’analisi contenuta nel rapporto.

Nelle comunità più vulnerabili l’impatto di tale tragedia sociale si ripercuoterà per generazioni. «Se permettiamo che questa crisi educativa si aggravi, le conseguenze sul futuro dei bambini saranno gravissime. La promessa che il mondo ha fatto di garantire a tutti i bambini l’accesso a un’istruzione di qualità entro il 2030, sarà irrealizzabile per molti anni. Per questo chiediamo che i governi mettano gli interessi dei bambini davanti alle pretese dei loro creditori. Tutti i bambini hanno il diritto di imparare, sviluppare e costruire un futuro migliore di quello che i loro genitori avrebbero potuto avere: che vivano in un campo profughi in Siria, in una zona di conflitto nello Yemen, in una zona urbana sovraffollata o in un remoto villaggio rurale, l’istruzione è la base per dare loro la possibilità di migliorare e non possiamo permettere che il Covid-19 tolga loro questa opportunità», ha dichiarato Inger Ashing, Chief Executive di Save the Children. 

È necessario quindi intervenire subito affinché il futuro di questi bambini  e di queste bambine non sia irrimediabilmente compromesso.