Risoluzione Falcone, passi avanti verso un’antimafia transnazionale

Il 16 ottobre scorso a Vienna, durante la Conferenza delle Parti, è stata approvata all’unanimità la Risoluzione Falcone, che rafforza la Convenzione di Palermo.


È ormai pacifico che la lotta alla criminalità organizzata debba varcare i confini nazionali dei singoli Stati per spostarsi su un piano internazionale coordinato e gestito con un approccio polivalente e sistemico.

Lo sapeva bene Giovanni Falcone che, sin dagli anni ottanta, aveva iniziato ad analizzare il fenomeno delle mafie da una prospettiva globale, battendosi per un lavoro coordinato innanzitutto tra le singole procure del Paese e successivamente oltreoceano. Celebre diventerà il suo «follow the money», seguire i soldi, il denaro sporco, che a differenza delle persone, lascia tracce ben più visibili ed evidenti.

Il “metodo Falcone” non si è arrestato quel 23 maggio 1992, quando chili di tritolo hanno fatto saltare l’autostrada e hanno tolto la vita al giudice, a sua moglie Francesca Morvillo, e agli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Mortinaro; al contrario, ha continuato a correre e a diffondersi.

È il 1997 quando viene istituito, presso le Nazioni Unite, l’Ufficio per il controllo del narcotraffico e la prevenzione del crimine (UNODC), proprio con l’obiettivo di fronteggiare i fenomeni di criminalità organizzata transnazionale: il lavoro di ricerca, coordinazione, consulenza e sostegno ai governi ha finalmente un riscontro internazionale non indifferente.

Sarà proprio nell’ambito dell’UNODC che, qualche anno dopo, il 15 novembre del 2000, verrà approvata la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, meglio conosciuta come Convenzione di Palermo, successivamente ampliata con tre protocolli: il Protocollo delle Nazioni Unite sulla prevenzione, soppressione e persecuzione del traffico di esseri umani, il Protocollo contro il traffico dei migranti via terra, mare e aria, il Protocollo contro la fabbricazione e il traffico illecito di armi da fuoco.

Ad oggi, la Convenzione di Palermo costituisce l’unico strumento legislativo universale contro la criminalità organizzata transnazionale; prima di essa gli Stati, in assenza di una normativa di livello internazionale, agivano in virtù di consuetudini o “buone pratiche” che mancavano del carattere della sistematicità e della uniformità.

Il percorso verso un’antimafia transnazionale, però, è ancora lungo, sebbene proprio quest’anno si sia aggiunto un altro tassello importante: il 16 ottobre scorso, a Vienna, durante la quattro giorni della Conferenza delle Parti sulla Convenzione di Palermo, è stata infatti approvata, all’unanimità dai 190 Paesi che ne fanno parte, la cosiddetta Risoluzione Falcone. Essa va a potenziare il contrasto alla dimensione economica della criminalità (soprattutto le possibili infiltrazioni nell’ambito imprenditoriale) offrendo strumenti sempre più avanzati in tema di repressione e prevenzione delle nuove forme di criminalità.

Il punto nodale rimane invariato, tanto semplice quanto complesso da applicare: quello di favorire la cooperazione globale nell’ambito della lotta alle mafie, creando una nozione comune di reato transnazionale commesso da organizzazioni criminali stabilmente operanti nel territorio di più Stati.

Durante la Conferenza, il ministro Alfonso Bonafede è intervenuto in via telematica ricordando l’apporto fondamentale del giudice Giovanni Falcone. Già nel 2018, quando l’Italia aveva presentato un progetto per l’automatico meccanismo di riesame (poi passato all’unanimità), la sorella del giudice, Maria Falcone, aveva commentato con queste parole: «Oggi si realizza il sogno di Giovanni, una piena cooperazione tra gli Stati nella lotta alla criminalità organizzata. Una sua lungimirante visione diventa realtà».

L’approvazione della Risoluzione Falcone assume tratti davvero storici: è la prima volta, infatti, che in una risoluzione viene valorizzato il contributo di una singola personalità, il suo metodo di indagine, le sue idee. Tra gli spunti maggiormente interessanti per i singoli Stati, quello dell’ampliamento dell’utilizzo delle misure patrimoniali, quali sequestro e confisca, che già in Italia si sono rivelate uno strumento utilissimo alla lotta ai clan mafiosi, così come la costruzione di corpi investigativi comuni, che abbiano il precipuo scopo di dedicarsi in via esclusiva a tale ambito. La risoluzione si propone inoltre l’allargamento dell’applicazione della Convenzione di Palermo ad altre forme di criminalità, quali il cybercrime e i reati ambientali, ancora non disciplinati da normative universali.

Dopo gli attentati di Capaci e di via D’Amelio, nello sgomento e nello sconforto generale, una frase iniziò a riecheggiare, diventando quasi simbolica: «le loro idee non sono morte, continueranno a camminare sulle nostre gambe». E di strada ne stanno facendo sicuramente, le idee di Falcone e Borsellino, insieme a quelle delle decine di magistrati, di uomini e donne delle forze dell’ordine, di gente comune che sconfigge la paura e denuncia; queste gambe ideali che hanno camminato sino a Vienna, e non hanno intenzione di fermarsi.


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