Quentin Tarantino, trent’anni di carriera e di “pulp”

Quentin Tarantino, il regista rivoluzionario del “pulp” torna in pole position con un romanzo, un saggio e forse anche Kill Bill 3! Dalla fine all’inizio, un viaggio nella sua carriera di “pulp’s father”


Alcune news su Quentin Tarantino sono state rivelate da Deadline: «Sono orgoglioso di annunciare che uscirà una versione romanzata di C’era una volta a Hollywood. Sarà il mio contributo a questo sottogenere letterario, a volte emarginato ma molto amato». Si vocifera anche l’arrivo del suo decimo e (probabilmente) ultimo film, Kill Bill 3, e un saggio sul cinema degli anni Settanta. Sette anni dopo il suo mezzo secolo di vita, il mitico Quentin non si è ancora stancato e – si oserebbe dire – per fortuna. A quasi 30 anni di carriera Quentin Tarantino rimane un regista iconico, probabilmente il più influente della storia del cinema contemporaneo e non smette di far parlare di lui.

Definito il “regista DJ”, capace di combinare stili diversi in una sola opera proprio come un mixer, Quentin Jerome Tarantino nasce a Knoxville nei mitici anni ‘60. Il suo esordio non fu un successo immediato: iniziò la sua carriera a soli 22 anni, ma il suo primo film My best friend’s birthday conobbe un doloroso naufragio. Fortunatamente, la sua tenacia non lo fece demoralizzare e dopo soli sette anni raggiunse un grosso traguardo, vendendo la sua prima sceneggiatura per 50.000 dollari: True romance (titolo tradotto in italiano con “Una vita al massimo”). 

Da quel momento la sua ascesa fu inarrestabile: da regista DJ riuscì a miscelare nelle sue trame tutte le caratteristiche letterarie del pulp, tanto da crearne una corrispondente cinematografica. Storie grezze, aggressive, sboccate, violente erano le protagoniste delle “Pulp Magazine”.

Pulp era una corrente letteraria statunitense che ebbe il proprio lustro intorno agli anni Venti-Trenta. Pulp, ossia “polpa”, indicava il materiale con cui venivano stampate le Pulp Magazine, riviste con sfolgoranti copertine, con all’interno 128 pagine stampate su carta non rifilata di polpa di legno. Così erano le famose storie pulp che negli anni Trenta conobbero il loro apice con Weird Tales e The Strand. 

I romanzi contenevano storie avventurose, fantastiche e ricche di suspense, spesso con protagonisti mascherati e donne sensuali quasi sempre ritratte in copertina. Lo stile, dato che gli autori erano pagati un tanto a parola, era spesso ridondante, ma capace di dare vita a una narrazione sontuosa, diventata marchio di fabbrica del genere.

Oggi si tende a indicare con il termine pulp tutte quelle pellicole che propongono contenuti forti e che abbondano di crimini violenti ed efferatezze; sembrerebbe che pulp sia l’esatto concetto astratto che si concretizza nelle pellicole di Tarantino

Tuttavia sarebbe più corretto lasciare la definizione di pulp al genere letterario e ridefinire il pulp cinematografico come genere d’exploitation, che mette in scena sesso e violenza alla ricerca di valori artistici. Questa sarebbe una ridefinizione più rigorosa ma ormai tutta la produzione del regista è considerata così tanto pulp da utilizzare il termine “tarantiniano” come sinonimo del genere letterario. Ed è per questo che si parla di Tarantino come del “padre del pulp cinematografico”.

Ciò che ha permesso questa crasi letteraria e cinematografica è proprio la produzione iniziale del regista: questa tendenza si intravede fin dal suo primo film di gran successo, Reservoir Dogs (“Le Iene”) e successivamente con Pulp Fiction, in cui esplode nella sua massima realizzazione grazie ai dialoghi barocchi, pieni di orpelli, di turpiloqui e di riferimenti alla cultura pop. In particolare, in Le Iene questo si può notare fin dalla primissima e indimenticabile scena, dove gli otto protagonisti discutono di mance e della musica di Madonna, scena in cui viene anche introdotta K-Billy Super Sound, la stazione radio che trasmetterà tutti i brani anni ‘60-’70 che accompagneranno le scene del film.

La violenza gratuita, il sangue, l’uso di diverse analessi inserite nei momenti più disparati, sono tutte caratteristiche che segneranno la cinematografia di Tarantino negli anni a seguire.

Importantissima è la cosiddetta dicotomia guns and guitars: Tarantino non si accontenta di semplici colonne sonore e ogni scena dei suoi film è sempre accompagnata dalla “musica perfetta”. Non risparmiare energie e tempo per scegliere la musica adatta: è in virtù di questa dedizione che nei suoi film troviamo un equilibrio perfetto fra gli spari e le note. 

Già in Le Iene spicca la splendida “Hooked on a Feeling”, una vera perla R&B e soul del 1968. Surf, Rock and Roll, Funk e Blues sono gli ingredienti della leggendaria soundtrack di Pulp Fiction. Lì la musica diviene davvero un tutt’uno con le immagini; così accade anche in Kill Bill, dove brani come “Bang Bang” di Nancy Sinatra o come il pezzo strumentale “The Grand Duel” di Luis Bacalov, creano un’atmosfera dove la violenza e la crudeltà delle scene si sposano in un idillio perfetto.

Nella top ten della produzione tarantiniana troviamo Natural Born Killers (1994), ispirato alla reale storia di due amanti assassini: Charles Starkweather e la sua fidanzata quattordicenne Caril Fugate. La sceneggiatura originale scritta da Tarantino fu drasticamente modificata da Oliver Stone.

True Romance (1993) risulta essere il vero e proprio inizio del regista e narra l’avvincente storia d’amore tra un fumettista e una prostituta che dopo essersi sposati scappano con una valigia piena di cocaina, ma hanno alle calcagna la mafia e la polizia.

Nel 1994 esce il mitico Pulp Fiction, lo spartiacque del cinema anni ‘90; il film che ha rilanciato John Travolta e ha avviato l’ascesa della giovane Uma Thurman, indiscussa musa di Tarantino. Il film si aggiudicò la Palma d’oro al Festival di Cannes del 1994 e sette nomination agli Oscar, con la vittoria per la Miglior sceneggiatura originale a Quentin Tarantino e Roger Avary, oltre a svariati riconoscimenti in tutto il mondo.

Una trama in cui tutto il crimine è redento dallo scorrere circolare del tempo; un puzzle di storie così intrecciate che scarica emotivamente anche lo spettatore, il quale passa rapidamente dal tempo rasserenato al tempo elettrico, non potendo restare mai sereno e lineare nella visione. Già nella didascalia del titolo si scorge il duplice significato di pulp: da una parte massa informe, molle e umida, dall’altra allusione agli argomenti sinistri stampati su carta di bassa qualità.

La pellicola porta con sé entrambi gli elementi: sangue sgorgante da corpi umani smembrati, catatonici, agonizzanti, violenze emozionali incalzanti. Una sensazione di debolezza che si porta anche nelle relazioni tra i personaggi, così poco forti e tanto legati all’interesse individuale. Ma il vero fiore all’occhiello del romanzo tarantiniano è saper condensare tutto, portando elementi eterogenei in un’organicità che esplode di vita e di violenza.

Il terzo film di Tarantino in ordine di tempo è senza dubbio il più lontano dal suo stile inconfondibile: Jackie Brown. Non si possono dimenticare, inoltre, i due capitoli di Kill Bill Vol.1 e 2, rispettivamente del 2003 e del 2004, tributi indiscussi all’estremo Oriente, omaggio agli anime, ai film di kung fu e ai samurai. Violenza e deriva romantica si intrecciano in una trama del tutto speciale e insolita.

Nel 2009 con Bastardi senza gloria, il regista scomoda niente di meno il tema pungente della Seconda guerra mondiale e predispone un cast con la migliore formazione possibile per uccidere Hitler. Black humour, violenza, dialoghi e sfacciataggine fanno emergere il massimo livello di  Tarantino.

Nel 2012, con Django Unchained sangue, arguzia e follia tornano protagoniste in un film che rivisita la schiavitù attraverso le peripezie di Django (Jamie Foxx) alla ricerca, tra mille difficoltà, della libertà e dell’amata Brunilde. Decisamente tarantiniana è la scena in cui il protagonista fa piazza pulita di un’intera casa piena di schiavisti. 

Nel 2019 arriva l’ultima fatica (fino ad ora) di Tarantino C’era una volta a… Hollywood, una gioia per gli amanti del geniale regista.  Quando nel 2014 si iniziò a parlare di un eventuale ritiro anticipato dalla scena, Tarantino dichiarò: «Tell everybody: match that shit», ovvero «poi dirò a tutti: provateci a eguagliare questa roba». Il geniale regista ci farà sognare un’ultima volta, prima di conservare la cinepresa in una scatola della sua soffitta? Ai posteri l’ardua sentenza.


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