Unione Europea: quali obiettivi oltre al Recovery Fund?

 
 
 

Nell’attesa di raggiungere un’intesa sul Recovery Fund, l’Europarlamento e il Consiglio europeo hanno discusso di ulteriori obiettivi legati all’agenda UE.


Il fenomeno epidemiologico globale del Coronavirus (SARS-CoV-2 o COVID-19) ha richiesto alle Istituzioni europee un intervento rapido e coordinato, al fine di fronteggiare le conseguenze sanitarie, sociali ed economiche legate alla pandemia. Negli ultimi mesi, le misure adottate nell’ambito o accanto alla strategia per la ripresa Next Generation EU – come il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), le restrizioni alle frontiere interne ed esterne all’Area Schengen o la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) – hanno fornito agli Stati membri dell’Unione Europea (UE) quella flessibilità necessaria per arginare, seppur in parte, alcune criticità che già erano presenti ben prima che l’attuale epidemia investisse i rispettivi territori, come l’assenza di garanzie occupazionali per le future generazioni o le disuguaglianze di genere.

Il contesto appena descritto – com’è noto – ha condotto i leader UE, in seno al Consiglio europeo straordinario del 17-21 luglio scorsi, a definire le caratteristiche di un piano per la ripresa e la resilienza – il Recovery Fund – che tenesse in debito conto delle condizioni socio-economiche dei singoli Paesi UE. Tale risposta comune – considerata una svolta storica nel processo di integrazione, data la previsione, per la prima volta, di contributi a fondo perduto – è stata accolta con favore dai membri dell’Europarlamento, i quali, al tempo stesso, ne hanno segnalato alcune criticità relative ai consistenti tagli apportati al Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 (QFP o bilancio a lungo termine), al sistema delle risorse proprie dell’UE e l’assenza di un meccanismo chiaro che subordini l’erogazione dei finanziamenti previsti dal piano di ripresa al rispetto dello Stato di diritto

Sebbene il Recovery Fund rappresenti il punto centrale del dibattito europeo, la brusca interruzione che il relativo negoziato ha subito l’8 ottobre scorso – dovuta all’ennesima mancata intesa sui nodi cruciali sopra menzionati – non ha comportato, come sarebbe stato auspicabile, un cambio di programma tanto nell’ordine del giorno dell’ultimo Consiglio europeo, quanto in quello della seduta plenaria dell’Europarlamento tenutasi tra il 19 e il 23 dello stesso mese. Nello specifico, nei due incontri istituzionali sopra menzionati, il dibattito si è incentrato su ulteriori questioni che hanno caratterizzato – e continuano a caratterizzare – l’agenda comunitaria degli ultimi mesi, come la Brexit, la Politica Agricola Comune (PAC) e la trasformazione digitale.


Per quanto concerne la riunione dei Capi di Stato e di Governo degli Stati membri, svoltasi tra il 15 e il 16 ottobre scorsi, i leader europei si sono confrontati principalmente sull’annosa tematica delle future relazioni tra l’UE e il Regno Unito, tenendo conto della scadenza del periodo di transizione per il raggiungimento di un accordo fissata al 31 dicembre prossimo e degli sviluppi legati all’Internal Market Bill, ossia la nuova legge britannica sul mercato interno. In tale prospettiva, il Consiglio europeo ha rilevato la mancanza di progressi sufficienti nei negoziati, affermando la volontà politica di raggiungere un partenariato – «ma non a tutti i costi» – e la necessità di risolvere tutte quelle divergenze legate alla parità di condizioni, alla governance e alla pesca.

I leader degli Stati membri, inoltre, hanno espresso il loro sostegno alla proposta della Commissione europea relativa alla riduzione delle emissioni di almeno il 55% entro il 2030, nell’ambito dell’obiettivo della neutralità climatica dell’UE, il cui raggiungimento è fissato al 2050. A tal riguardo, i Capi di Stato e di Governo hanno ritenuto fondamentale l’adozione di un approccio collettivo che massimizzi l’efficienza del risultato in termini di costi e che muova dalle singole “circostanze nazionali”, in un’ottica equa e solidale.

Per quanto concerne la seduta plenaria dell’Europarlamento del 19-23 ottobre scorsi, il dibattito degli eurodeputati si è incentrato in misura prevalente sulla riforma della Politica Agricola Comune (PAC), sul divario digitale in tema di istruzione e sulla predisposizione di un quadro normativo per l’intelligenza artificiale. In merito alla PAC, un primo pacchetto di modifiche era già stato proposto dalla Commissione europea nel giugno del 2018, con cui sono stati avviati dei negoziati con il Consiglio dell’UE, che comprende i ministri degli Stati membri dello specifico settore di riferimento. Il Consiglio dell’UE, grazie al risultato dei lavori condotti in questi ultimi due anni, ha adottato – il 21 ottobre scorso – un orientamento generale concernente un maggiore impegno dei Paesi dell’Unione in materia di ambiente, conseguendo quel mandato politico necessario per avviare i negoziati con Parlamento europeo. Tale premessa storico-istituzionale è fondamentale per comprendere quanto è stato deciso dagli eurodeputati nell’ultima seduta plenaria. 

Nello specifico, sono stati approvati tre regolamenti: il primo concernente i piani strategici della PAC, il secondo relativo all’organizzazione comune dei mercati e il terzo riguardante il finanziamento, la gestione e il monitoraggio della PAC. L’Europarlamento, attraverso tali strumenti normativi e riprendendo la posizione negoziale espressa in precedenza dal Consiglio dell’UE, ha sottolineato la necessità di una politica agricola comunitaria più sostenibile, flessibile e immune alle crisi, i cui fondi dovrebbero essere assegnati sulla base dei risultati conseguiti e non solo della conformità al quadro normativo dell’Unione, riservando agli Stati membri maggiore flessibilità nella definizione delle norme e nella redazione dei piani nazionali strategici.

In aggiunta, il Parlamento europeo ha rafforzato la condizionalità cui è subordinato il sostegno diretto agli agricoltori, prevedendo un maggiore supporto alle piccole e medie imprese, nel caso in cui vengano adottate pratiche rispettose del clima e dell’ambiente, e una riduzione dei contributi alle aziende più grandi. In tale ottica, le attuali regole della PAC, valide sino al 31 dicembre 2020, andrebbero sostituite da alcune norme transitorie, in attesa che la relativa riforma venga concordata e approvata dal Consiglio dell’UE e dall’Europarlamento, tenuto conto che la politica agricola comune «rappresenta il 34,5% del bilancio UE 2020 (58,12 miliardi di euro)».

Con specifico riguardo al divario digitale in tema di istruzione, gli eurodeputati hanno sottolineato come la crisi sanitaria attuale abbia accentuato le disuguaglianze e «le gravi discrepanze» in termini di accesso all’educazione. Il rischio di una perdita di apprendimento richiede, secondo le considerazione del Parlamento europeo, un incremento degli investimenti nelle infrastrutture e l’adozione di ulteriori misure parimenti necessarie, al fine di favorire la connettività a livello comunitario e preservare la crescita della produttività del lavoro e competitività dell’UE. In merito al settore dell’intelligenza artificiale, invece, l’Europarlamento ha adottato alcune raccomandazioni per la regolamentazione del relativo utilizzo, richiedendo alla Commissione europea di definire uno specifico quadro normativo volto a realizzare un sistema in grado di garantire «un equilibrio tra tutela dei cittadini e promozione dello sviluppo tecnologico».

Ritornando al Recovery Fund, l’ultima settimana di ottobre sarà decisiva per il raggiungimento di un’intesa tra Consiglio europeo ed Europarlamento. In un clima influenzato dai primi effetti di quella che sembrerebbe una seconda ondata epidemiologica, la chiusura dei negoziati sui nodi del QFP, dello Stato di diritto e del sistema delle risorse proprie dell’UE rappresenta una priorità al fine di consentire ai Paesi dell’Unione di accedere quanto prima alle risorse del Piano per la ripresa e la resilienza. Una nuova occasione per gli Stati membri di realizzare quella convergenza economico-sociale espressione di uno “spirito di solidarietà” più che mai necessario; l’ennesima opportunità per progredire nel processo di integrazione europea, mettendo ai margini gli egoismi nazionali e preservando i diritti, le libertà fondamentali e la dignità dei cittadini europei.


 
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