Proud Boys, complicità e polemiche nella campagna elettorale USA 2020

In una campagna elettorale sempre più chiassosa e confusa, una condanna mancata può aiutare gruppi che normalmente non avrebbero peso nella politica degli Stati Uniti.


Promesse, retorica, spettacolo: tutte componenti fondamentali della politica, e mai tanto evidenti quanto nella campagna elettorale degli Stati Uniti d’America. I riflettori puntati sulle elezioni americane portano alla luce dettagli su dettagli e anche una singola parola detta può fare la differenza. O non detta, come è successo proprio qualche settimana fa.

Durante il confronto tra Donald Trump e il suo sfidante, Joe Biden, è stato chiesto all’attuale presidente di far chiarezza sui propri pensieri in merito ad alcune frange di sostenitori della sua politica, la cui appartenenza e i cui atti sarebbero sulla bocca di molti, e non con toni positivi.

In particolare, il riferimento sarebbe stato al gruppo noto come “Proud Boys“, un’organizzazione fondata da Gavin McInnes, co-fondatore della rivista Vice e autodefinitosi «difensore dei valori occidentali». E che, sotto i microfoni del confronto, ha ricevuto l’equivalente di un riflettore puntato sopra, grazie alla frase pronunciata da Donald Trump, ritenuta ambigua e priva di tono di condanna: «Stand back, and stand by», traducibile come “arretrate, e tenetevi pronti”.

Il gruppo, definito dal suo stesso fondatore come una gang, sarebbe già noto per le sue posizioni misogine, islamofobe, anti-immigrazione, antisemite e a favore del suprematismo bianco. La loro apparenza e i loro usi durante i raduni parrebbero piuttosto stravaganti, ma i membri utilizzerebbero questo fronte hipster e umoristico per diffondere proclami a sostegno delle loro idee; l’attività dei Proud Boys sarebbe sotto l’occhio del Dipartimento di sicurezza interno come minaccia terroristica, per via dei loro principi profondamente xenofobi.

Foto di Anthony Crider

Da loro sarebbe stata organizzata anche la manifestazione di Charlottesville, in risposta alla protesta in favore della rimozione della statua del generale confederato Lee, e terminata con la morte di una manifestante antifascista. Già allora, l’atteggiamento del Presidente suscitò molte perplessità; il tentativo di attribuire le colpe a entrambe le parti della manifestazione, e l’affermazione che vi erano «brave persone» in entrambi i gruppi, portarono a una polemica che ha attraversato gli ambiti più disparati.

Sebbene in una successiva intervista Donald Trump abbia cercato di proclamare la propria ignoranza sulle attività del gruppo e abbia anche cercato di condannarle, quel primo commento ha suscitato già un effetto ben diverso.

Membri del gruppo dei Proud Boys, che ora ha sede sull’app di messaggistica Telegram (i profili dell’organizzazione su Facebook e Twitter sarebbero stati cancellati già nel 2018), avrebbero esultato per le centinaia di nuovi iscritti alla chat, e un entusiasta messaggio del presidente del gruppo riporterebbe la frase «Standing by, sir», ovvero “In attesa di ordini, signore”. Un’affermazione pericolosa, in un momento già molto instabile della politica americana, e che potrebbe lasciare spazio ad altri gruppi di questo genere, pronti a inserirsi tra le crepe di un quadro già pericolante.

Copertina di Becker1999