Conto alla rovescia verso l’apocalisse

Quanto manca alla fine del mondo? Forse otto anni o siamo a pochi secondi dalla mezzanotte dell’apocalisse? Una cosa è certa: il countdown è iniziato.


«Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più.» (Apocalisse 21, 1). 

L’immaginario dell’apocalisse, e quel senso di terrore che ne deriva, dimorano nella nostra mente pur non conoscendo nulla sulla sua vera natura. Di certo a spaventarci è anche quel sentore di impotenza che si ha immaginando la fine di ogni cosa, la fine del mondo che noi conosciamo. L’idea della fine è una della più grandi paure dell’uomo, da sempre, ma anche una grande fonte di ispirazione.

Tantissimi artisti nel mondo dell’arte, basandosi sul vangelo di Giovanni apostolo in primis, hanno provato a dare un’interpretazione visiva di quello che potrebbe essere la fine del mondo. Diavoli che ingurgitano i peccatori in ambientazioni putrescenti, cloache infernali dove le anime vengono torturate per l’eternità. Uno di questi scenari ci viene riportato dall’incredibile personalità visionaria di Hieronymus Bosch, che nel trittico del “Giudizio di Vienna” e nel “Giardino delle delizie” ci mostra non solo gli scenari della fine, ma l’inferno possibile narrato attraverso i grandi peccati dell’uomo.

apocalisse hieronymus bosch

Famosi nei testi dell’apocalisse sono i quattro cavalieri, che arriveranno quando verranno aperti i sette sigilli:

«Vidi l’Agnello aprire il primo dei sette sigilli. […] Guardai e vidi un cavallo bianco. Il suo cavaliere teneva in mano un arco. Dio gli fece dare una corona, simbolo di trionfo, ed egli passò da una vittoria all’altra, sempre vincitore. […] Quando Dio aprì il secondo sigillo […] si fece avanti un altro cavallo, rosso fiammante; al suo cavaliere Dio diede una grande spada e il potere di far sparire la pace dalla terra. […] Quando l’Agnello aprì il terzo sigillo […] guardai e vidi un cavallo nero. Il suo cavaliere teneva in mano una bilancia”. Infine “guardai e vidi un cavallo color cadavere. Il suo cavaliere si chiamava Morte, ed era accompagnato da un esercito di morti» (Apocalisse, 6, 1-8).

La rappresentazione massima dell’enfasi sfrenata dei quadrupedi la troviamo nella tavola realizzata da Albrecht Dürer (1471-1528): pronti a precipitarsi sull’umanità con tutte le loro condanne e sofferenze, maestosi e boriosi, bramosi di dolore e morte.

«La fine è vicina!», ripetono coloro che definiamo “fanatici” religiosi. Eppure se diamo un’occhiata ai fatti legati alla crisi ambientale, all’avanzare delle maree di plastica, per non parlare dei rifiuti elettronici e all’estinzione di tantissime specie animali, forse questa fine è davvero vicina. Non solo i fanatici, ma anche gli scienziati, ci avvertono da anni di cambiare le nostre abitudini, il nostro stile di vita consumistico e chiedono ai governi di tutto il mondo di ridurre sensibilmente le emissioni di CO2 nell’atmosfera.

È a questo proposito nasce il Climate Clock, un vero e proprio countdown al termine del quale la Terra “arriverà al collasso”. Questo enorme orologio digitale con un conto alla rovescia è stato installato a Manhattan nel Union Square per il Climate Week. Il conto alla rovescia è arrivato a poco più di 7 anni e 100 giorni e indica che in questo momento, se continuiamo così, l’emergenza climatica arriverà al culmine il primo gennaio del 2028 circa. «La Terra ha una scadenza» è apparso sul display del gigantesco orologio e poi una serie di numeri: 7: 103: 15: 40: 07.

Inaugurato sabato 19 settembre e culminato il 25 settembre con il Global Day of Action, l’installazione è opera dei due artisti Gan Golan e Andrew Boyd che hanno seguito il calcolo fatto da Mercator Research Institute di Berlino sui cambiamenti climatici. «Questo è il nostro modo per gridare quel numero dall’alto, facendo comprendere perché dobbiamo agire e fare in fretta», ha detto Golan.

Ad esempio durante il momento più alto dell’emergenza pandemica del covid, il 14 Maggio 2020, l’Italia ha utilizzato tutte le risorse che avrebbe dovuto usare in questo anno. L’Overshoot Day di quest’anno, il giorno calcolato dal Global Footprint Network, ha registrato dei dati allarmanti sull’utilizzo delle risorse della terra. 

Viene naturale paragonare questa installazione al famoso Doomsday Clock, l’orologio dell’apocalisse. L’iniziativa ideata nel 1947 dagli scienziati della rivista Bulletin of the Atomic Scientists dell’Università di Chicago, consisteva in un orologio metaforico che misura il pericolo di una ipotetica fine del mondo per mano di una guerra nucleare. Il pericolo è percepito quando le lancette si avvicinano alla mezzanotte, ora che simboleggia appunto il momento della fine.

L’orologio, creato nel periodo della Guerra Fredda, fu impostato a sette minuti dalla mezzanotte; da allora le lancette sono state spostate ben 22 volte. La minima distanza raggiunta è stata di due minuti in due occasioni: una tra il 1953 e il 1960 e una nel 2018.

Ma è in questo inizio del 2020 che le lancette hanno segnato il nuovo record: 100 secondi alla mezzanotte. Il Bulletin ha annunciato che le lancette non sono mai state così vicine al punto finale. «Una vera emergenza, ci troviamo in uno stato assolutamente inaccettabile delle questioni mondiali che ha eliminato qualsiasi margine di errore o possibilità di ulteriori ritardi» ha annunciato Rachel Bronson, presidente e Ceo del Bulletin. Una notizia che non tutti hanno percepito nella sua vera pericolosità: è come se per il mondo la minaccia nucleare sia una cosa normale, o un qualcosa di così lontano, relegato alle pellicole cinematografiche hollywoodiane.

Ma è proprio questo lo scenario al quale dobbiamo prepararci quando parliamo di conto alla rovescia verso la fine, verso la distruzione del mondo come lo conosciamo, della fine dell’umanità: l’apocalisse. Tanti sono gli avvertimenti che ci arrivano ogni giorno, e siamo noi che, nel nostro piccolo, possiamo allontanare questo terribile scenario, e ancora di più i nostri governi. Ma sembra inevitabile quando la peculiarità dell’umanità pare essere l’egoismo. “Vivi qui e ora”, pensa a te, non pensare al domani, non pensare alla tua discendenza: è così che stiamo dando  i nostri figli in pasto alla fine.

«We oil the jaws of the war machine and feed it with our babies / The killer’s breed or the demon’s seed / The glamour, the fortune, the pain / Go to war again, blood is freedom’s stain / Don’t you pray for my soul anymore /Two minutes to midnight / The hands that threaten doom / Two minutes to midnight / To kill the unborn in the womb» . Nitida la visione in “2 Minutes to Midnight”, canzone degli Iron Maiden tratta dal loro quinto album in studio (Powerslave, 1984), parla proprio di questo. Nel testo della canzone si fa riferimento appunto all’orologio dell’apocalisse e allo scenario fatto di guerra, distruzione e morte.


 

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