Assemblea generale ONU, diplomazia a distanza

Sovranismi vecchi e nuovi, appelli al multilateralismo e “zoom diplomacy”: il covid-19 stravolge anche i lavori della 75esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite.


Una versione inedita quella della 75esima Assemblea Generale dell’ONU. Per la prima volta nella storia i leader del mondo comunicano tra loro a distanza, con la pandemia da coronavirus che costringe a sostituire trattative e negoziati tra i corridoi del Palazzo di Vetro a New York con video pre-registrati proiettati su uno schermo gigante dietro il celebre podio in marmo verde dell’Assemblea. Accanto ai discorsi dei leader politici, in questa sessione “a distanza” ci sarà spazio per il summit sul tema della biodiversità, per la Conferenza Mondiale sulle donne e per la riunione plenaria di celebrazione della Giornata internazionale per l’eliminazione totale delle armi nucleari.

Le Nazioni Unite celebrano così un importante anniversario, con quello che il Segretario generale António Guterres ha definito un “dibattito popolare” esteso che “promette di essere la conversazione globale più ampia e di più ampia portata mai vista sulla costruzione del futuro volere.” Un evento che ha avuto ufficialmente inizio il 22 settembre e che mira a “generare un rinnovato sostegno al multilateralismo”, un problema che molti credono sia diventato sempre più urgente mentre il mondo deve affrontare la pandemia COVID-19. “Nessuno di noi è al sicuro, finché tutti noi non siamo al sicuro”, queste le parole di Guterres.

La lotta contro il cambiamento climatico e contro la povertà, obiettivi cruciali delle Nazioni Unite, subiscono gli effetti della pandemia ma anche e soprattutto quelli delle divisioni globali, in particolare tra le due maggiori potenze dello scacchiere geopolitico attuale: Stati Uniti e Cina.

In un discorso all’insegna dell’America First, Donald Trump ha ripetuto uno dei temi del suo discorso del 2019, esortando le altre nazioni a emulare l’America, mettendo al primo posto i propri cittadini. Questa, ha detto, è “una vera base per la cooperazione”. Dopodiché, ha celebrato gli sforzi del suo governo nella lotta contro il coronavirus, sebbene il numero delle vittime abbia ampiamente superato le 200mila persone sul solo territorio statunitense.

Infine, dopo avere annunciato la produzione imminente di un vaccino da parte degli Stati Uniti, Trump ha additato la responsabilità della diffusione della pandemia alla Cina e a quello che lui stesso ormai da mesi chiama “virus cinese: “Dobbiamo ritenere responsabile la nazione che ha scatenato questa piaga nel mondo”, queste le parole di Trump, che ha condannato la Cina per aver bloccato i viaggi nazionali, pur mantenendo i voli internazionali. Duri attacchi anche all’Organizzazione mondiale della Sanità, definita “burattino di Pechino”.

Ben diverso invece il tono dell’intervento di Xi Jinping. “La Cina è il più grande paese in via di sviluppo al mondo, un paese impegnato per uno sviluppo pacifico, aperto, cooperativo e comune”. Queste le parole del presidente della Repubblica Popolare Cinese, che invita a una maggiore cooperazione internazionale, in particolare nella lotta contro il coronavirus. “Dobbiamo seguire la guida della scienza, dare pieno gioco al ruolo guida dell’Organizzazione mondiale della sanità e lanciare una risposta internazionale per sconfiggere questa pandemia”.

Un discorso, quello di Xi Jinping, incentrato dunque su cooperazione internazionale e multilateralismo, “con l’Organizzazione mondiale del commercio come pietra angolare” e con gli accordi di Parigi a “tracciare la rotta” di una sviluppo sostenibile. Ed è in questa direzione che va l’annuncio sulla politica ambientale cinese dei prossimi decenni: “Puntiamo a raggiungere il picco delle emissioni di CO2 prima del 2030 e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060″.

Come sottolineato in questo articolo di Valigia Blu, “si tratta della promessa più ambiziosa mai fatta dalla Cina al riguardo. Se realizzati, gli impegni presi potrebbero avere un impatto cruciale nel contrasto del riscaldamento globale e nella lotta contro il cambiamento climatico, considerato che la Cina è attualmente il primo produttore di emissioni di gas serra”.

Una preoccupazione di fatto ignorata dal presidente del Brasile Jair Bolsonaro, secondo cui la legislazione brasiliana in materia di ambiente sarebbe “la migliore del pianeta”. Bolsonaro ha anche affermato che il Brasile sarebbe vittima di una “campagna di disinformazione brutale”, i cui motivi sarebbero presto detti: “L’Amazzonia brasiliana è nota per essere immensamente ricca. Ciò spiega il sostegno dato dalle istituzioni internazionali a questa campagna di disinformazione ancorata a loschi interessi intrecciati ad associazioni brasiliane sfruttatrici e non patriottiche, con lo scopo di minare il governo e lo stesso Brasile”.

Se dunque Bolsonaro è allineato a Trump nel suo scarso interesse per le tematiche ambientali e nell’attitudine “sovranista”, a rivendicare un impegno diplomatico in fatto di ambiente e multilateralismo troviamo invece il presidente francese Emmanuel Macron: “Il mondo non può essere lasciato in balia della rivalità fra Stati Uniti e Cina”. Attitudine condivisa dal premier italiano Giuseppe Conte, che auspica un “sistema multilaterale rinvigorito, con le Nazioni Unite al centro, per trasformare in realtà l’idea di un mondo adatto ad affrontare le sfide poste dalla pandemia”.

Dello stesso avviso anche Papa Francesco, che ha concluso il suo intervento con queste parole: “le Nazioni Unite sono state istituite per riunire le nazioni, per essere un ponte tra i popoli. Utilizziamo bene questa istituzione per trasformare la sfida che ci attende in un’opportunità per costruire insieme, ancora una volta, il futuro che tutti desideriamo”.

Al di là degli appelli alla cooperazione, quello della diplomazia globale è attualmente un quadro a tinte fosche. Chiedersi “a che serve l’ONU” e quale sia il suo potere reale in un momento come questo, segnato da una pandemia che paradossalmente potrebbe aggravare le tendenze all’isolazionismo e all’unilateralismo particolarmente vigorose negli ultimi anni, è ben più di un discorso da bar del sovranismo. Da tempo tra l’altro si parla di riformare di un’organizzazione fondata nel 1945, la cui struttura interna non riflette più quegli equilibri geopolitici ormai nettamente mutati rispetto al secondo dopoguerra.

Indipendentemente dai buoni propositi per un ordine mondiale realmente fondato sulla cooperazione internazionale, molto dipenderà dagli Stati-nazione che hanno istituito e che oggi costituiscono la sostanza delle Nazioni Unite, ovvero dalle dinamiche politiche interne agli Stati-nazione stessi e inseparabili dalla loro politica estera. Resta il fatto che se di scontri diretti e guerre tra le maggiori potenze mondiali non vi è stata traccia negli ultimi 75 anni di storia il merito è anche dell’ONU. Una risposta globale all’altezza dei problemi del presente non potrà che emergere anche da lì.


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