Suarez e l’esame di italiano: un’occasione sprecata per parlare di civiltà

 
 

L’esame di italiano di Luis Suarez passerà alla storia come l’inganno della Juventus o il privilegio dei ricchi: intanto resta in sordina una battaglia di civiltà.


In vista di un possibile trasferimento in una squadra italiana, il calciatore uruguaiano Luis Suarez ha dovuto sostenere un esame di lingua italiana per accedere alla cittadinanza italiana. Ciò che è emerso dall’inchiesta aperta dalla procura di Perugia è che, nell’ateneo del Capoluogo umbro, l’esame di italiano B1 sia stato pilotato affinché il calciatore superstar lo superasse senza ostacoli. Un polverone quello che si è sollevato sull’università italiana e, inevitabilmente, sulla squadra che avrebbe dovuto accogliere l’ingresso – peraltro mancato per un soffio – dell’attaccante ex Barcellona, la Juventus.

Da oltre una settimana, le indiscrezioni scappate al controllo delle autorità stanno facendo il giro del mondo. Secondo i giornali Suarez sapeva già le domande dell’esame ancora prima di sostenerlo. L’italiano del calciatore, evidentemente stentato, non lascia spazio a molti dubbi: l’esame è stato una completa farsa. I reati ipotizzati dalla procura di Perugia sono dunque quelli di falso ideologico e di violazione di segreto, il tutto sostenuto da una consistente quantità di intercettazioni a sostegno delle accuse. Persino la rettrice perugina Giuliana Grego Bolli è stata tirata in ballo con l’accusa di concorso in corruzione.

Ma non è tutto qui: è ancora poco chiaro l’effettivo coinvolgimento di esponenti del club bianconero per fare pressioni sul rettorato perugino e sul personale dell’ateneo. Su questo aspetto sono in corso le indagini sui vertici del club torinese. È un fatto che i docenti dell’università di Perugia sentissero su di loro una forte pressione sul superamento “forzato” dell’esame di Luis Suarez, come rivelato da alcune intercettazioni pubblicate sui giornali. E non saranno solo le aule dei tribunali ad accogliere il consueto rimpallo di responsabilità, annunciato dal caos che già si è scatenato; anche la procura di Federcalcio ha aperto un’inchiesta in merito, lasciando spazio a possibili sanzioni al club sportivo, il quale si chiama fuori da ogni coinvolgimento.

In questo scandalo, però, accusare Suarez sarebbe un po’ come sparare sulla Croce Rossa: la sua posizione privilegiata di multimilionario destinato a uno dei top club al mondo non deve distrarre dalla corsia preferenziale che gli è stata spalancata (o che dovrebbe essere la norma). La cittadinanza tricolore era richiesta a Suarez nel caso di un suo ingresso in forza alla Juventus poiché per la Serie A esiste un limite di giocatori extracomunitari all’interno dei club italiani. Suarez inoltre aveva diritto di richiedere la cittadinanza perché sposato con Sofia Balbi, di origini friulane.

Non bisogna dimenticare che l’esame di italiano è anche un passaggio fondamentale per ottenere un altro importante “traguardo”: il passaporto italiano, e quindi europeo. Come previsto dai decreti Sicurezza – noti anche come “decreti Salvini” – l’esame B1 di lingua italiana è uno dei requisiti importanti per la cittadinanza, ambita da centinaia di migliaia di persone, fra giovani e meno giovani, già nello stesso territorio italiano, alcuni in attesa per anni prima di poter accedere alle procedure universitarie.

In quella che hanno definito “Suarezopoli” – impropriamente e, forse, riduttivamente – emerge un sistema molto rigido per ottenere la cittadinanza, quale quello previsto dai decreti sicurezza, facilmente scardinato dalle pressioni di soggetti economicamente forti. L’aspetto che si è cavalcato di più in questi giorni, però, è un gossip di cui non si sentiva la mancanza. Si parla tanto dell’eventuale coinvolgimento della Juventus, la “scorretta di sempre” nel Campionato di calcio italiano, o dell’ingiustizia della cittadinanza a Suarez, come se non potesse averla, o non la meritasse. Il calciatore infatti ha di fatto seguito la possibilità fornitagli dal matrimonio (della durata minima necessaria di tre anni) con una donna di origini italiane.

Ciò che continua a sfuggire è la discussione di fondo sulle difficoltà oggettive di migliaia di soggetti residenti nel territorio italiano che da anni sperano di ottenere la cittadinanza e che solo negli ultimi anni hanno ricevuto un pallido segnale di attenzione dovuto al dibattito sullo Ius Culturae e sullo Ius Soli. La legge, promossa e promessa dal Partito Democratico, è infatti nuovamente in uno stato di stallo che, nel tempo, l’ha portata al totale annullamento nella proposta politica del governo Conte II. Ed è prima di tutto una questione di civiltà, non di «minaccia all’italianità» perché, detto francamente, l’integrazione italiana ed europea passa soprattutto da quali documenti possiedi.

È una realtà che ci siano ragazzi e ragazze che sono nati in Italia e che devono aspettare la maggiore età per ottenere – dopo tempi lunghissimi – la cittadinanza italiana. Ed è una realtà come tutti questi studino e parlino italiano per anni, essendo di fatto integrati e “italiani”, ma non formalmente, anche se possiamo considerarli tali. La differenza è tutta nei documenti (che non è poco, come già detto).

Ciò che fa riflettere del “caso Suarez” è come esistano davvero tante possibilità per richiedere la cittadinanza italiana, dai lontani parenti alle origini del coniuge, che possono risalire davvero per vie assurde attraversando generazioni che hanno abitato in una qualunque zona del Pianeta, ma se mamma e papà non sono italiani, si può sperare nel premio per meriti particolari e per gesti eroici o nel miglioramento degli automatismi burocratici. Solo che tutti gli italiani di sangue non sono eroi, non hanno conquistato nulla; sono solo dei fortunati.

Tanti auguri all’avventura madrilena di Luis Suarez con l’Atletico Madrid, il club che attualmente detiene il suo cartellino, e buona fortuna a tutti coloro sperano ancora di essere definiti italiani anche sulla carta, chissà magari grazie a qualche eroe burocrate.


 
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