Bielorussia: ancora violenza e minacce contro i manifestanti pacifici

 

In Bielorussia l’escalation di violenza contro la popolazione in cerca di giustizia non si ferma e la violazione dei diritti umani sembra all’ordine del giorno.


Le proteste nelle piazze bielorusse non si fermano. I manifestanti pacifici continuano a chiedere giustizia e trasparenza, e lo Stato continua a rispondere con violenze e oppressione. Le manifestazioni sono iniziate come protesta contro le presunte irregolarità elettorali, ma adesso si marcia anche per chiedere giustizia e verità per le persone che hanno subito violenze a causa di queste scomode richieste.

Le autorità bielorusse hanno avviato una vera e propria campagna di torture di massa pur di riuscire a fermare le proteste, e le parole di chi è stato arrestato lo confermano. Granate stordenti, proiettili di gomma e cannoni ad acqua usati dalla polizia per diradare i gruppi di cittadini che sfilano pacificamente lungo le vie delle città principali; chi non scappa rischia l’arresto. Le morti accertate tra i manifestanti sono al momento due, ma chi è stato arrestato racconta di una brutalità spietata. Secondo alcuni testimoni diretti, le urla provenienti dal centro di detenzione della capitale si sentivano in modo chiaro dal suo esterno.

Marie Struthers, direttrice di Amnesty International Europa, ha dichiarato: «Le persone rilasciate ci hanno raccontato di centri di detenzione trasformati in centri di tortura in cui i detenuti erano costretti a stare a terra in mezzo alla sporcizia mentre gli agenti di polizia li prendevano a calci e manganellate. In Bielorussia è in corso una catastrofe dei diritti umani che richiede una risposta urgente da parte della comunità internazionale […] L’abbondanza delle denunce di tortura in tutto il Paese, confermate da fotografie e video che stanno circolando ampiamente sui social media, suggeriscono che questi comportamenti siano stati approvati dai più alti livelli dello Stato».

Ciò che sta accadendo a pochi centimetri dal confine europeo è una violazione dei diritti umani in piena regola, e non si può stare fermi a guardare. Sono 16, ad oggi, le ONG che hanno chiesto una convocazione straordinaria del consiglio ONU dei Diritti Umani, con l’obiettivo di creare un meccanismo indipendente di indagine sulle violazioni perpetrate dallo Stato a partire dallo scorso 9 agosto. 

Mentre l’Unione Europea minaccia l’arrivo di sanzioni e richiede il rilascio di tutte le persone detenute per ragioni politiche, Lukashenko non indietreggia di un centimetro, anzi. Le repressioni si inaspriscono a ogni manifestazione, il numero di forze spiegate per soffocarle si fa sempre più spropositato e Mosca, sempre pronta a coprirgli le spalle, nega la presenza di prigionieri politici sul suolo bielorusso. 

Nei suoi precedenti mandati, Lukashenko (eletto democraticamente sin dal 1994), è stato spesso accusato di violazione dei diritti umani; eppure questa volta qualcosa è cambiato. Non è bastato mettere il bavaglio ai giornalisti oppositori e sostituirli con veterani dei notiziari russi. Grazie a testimonianze fotografiche e video amatoriali, le prove delle violazioni sono documentate e virali in rete.

L’ultimo dei dittatori europei sembra essere con le spalle al muro, ora è compito della comunità internazionale chiudere questo sanguinoso capitolo evitando di vanificare i sacrifici di chi sta combattendo pacificamente per la propria libertà.


 

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