Il 131-bis c.p dichiarato parzialmente illegittimo

 
 

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità parziale dell’art. 131 bis del codice penale. Di seguito riportiamo le motivazioni della sentenza.


Con ordinanza del 12 luglio 2019, il Tribunale di Taranto ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis del codice penale, inserito dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, recante «Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67», in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma della Costituzione. La norma censurata violerebbe i parametri evocati nella parte in cui non consente l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto al reato di ricettazione attenuata da particolare tenuità previsto dall’art. 648, secondo comma, c.p.

Nello specifico, ad avviso del remittente l’assenza di un minimo edittale di pena detentiva per il reato di ricettazione, e quindi l’operatività del minimo assoluto di quindici giorni stabilito per la reclusione dall’art. 23 – primo comma – c.p., sta ad indicare che il legislatore ha formulato un giudizio di scarsissimo disvalore in riferimento alle meno offensive fra le condotte di ricettazione.

Pertanto, ha ritenuto irragionevole, alla luce dell’art. 3 Cost., che la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. non possa trovare applicazione a queste ipotesi di reato, così poco offensive, «nel mentre, rispetto a condotte per le quali è stato formulato un giudizio di disvalore ben più severo, tale esimente ben possa essere applicata». 

Il giudice a quo, a sostegno di tale assunto, ha portato anche a comparazione i reati di furto, danneggiamento e truffa, che assume lesivi dello stesso bene giuridico della ricettazione, i quali rientrano nella sfera di applicazione dell’esimente di cui all’art. 131 bis c.p. in ragione di un massimo edittale di pena detentiva non superiore a cinque anni e che tuttavia hanno una pena minima di sei mesi di reclusione, «maggiore di ben dodici volte la pena minima prevista dal codice penale in riferimento al delitto di ricettazione attenuata».

L’irragionevole esclusione di quest’ultimo reato dalla sfera applicativa della causa di non punibilità violerebbe anche l’art. 27, terzo comma, Cost., «atteso che la palese disparità di trattamento in parola è idonea a frustrare le esigenze rieducative correlate al trattamento sanzionatorio».

Preliminarmente va posto in rilievo che l’istituto della particolare tenuità del fatto, come causa di non punibilità, prevede che per i reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

La causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. richiede una valutazione complessiva di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, a norma dell’art. 133, primo comma, cod. pen., incluse quindi le modalità della condotta e il grado della colpevolezza, e non solo dell’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 6 aprile 2016, n. 13681).

Tuttavia, va precisato che il fatto particolarmente lieve è comunque un fatto offensivo che costituisce reato, ma che il legislatore preferisce non punire, sia per riaffermare la natura di extrema ratio della pena e agevolare la “rieducazione del condannato”, sia per contenere il gravoso carico di contenzioso penale gravante sulla giurisdizione.

Premesso ciò, la Consulta ha censurato, alla luce dell’art. 3 Cost., l’intrinseca irragionevolezza della preclusione dell’applicazione dell’esimente di cui all’art. 131 bis c.p. per i reati – come la ricettazione di particolare tenuità – che lo stesso legislatore, attraverso l’omessa previsione di un minimo di pena detentiva e la conseguente operatività del minimo assoluto di cui all’art. 23, primo comma, c.p., ha mostrato di valutare in termini di potenziale minima offensività.

Pertanto, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 131-bis c.p. nella parte in cui non consente l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai reati per i quali non è previsto un minimo edittale di pena detentiva.