La Costituzione Putin e la clausola Tereshkova

 
 
 

Approvati dal voto popolare gli emendamenti alla Costituzione della Federazione Russa. Possibilità di ricandidatura di Putin per ulteriori due mandati, 2024-2036.


Si è concluso ieri sera il voto popolare sulla riforma della Costituzione russa. Ha vinto il “sì”, gli emendamenti sono stati accettati in blocco. Il processo di riforma costituzionale è cominciato nel Gennaio scorso con una proposta presentata dal presidente Vladimir Putin in occasione del tradizionale discorso sullo “Stato della Nazione”. Dopo l’approvazione da parte delle Camere della proposta di modifica alla Costituzione, il voto popolare ha deciso sull’entrata in vigore degli emendamenti. La consultazione si è svolta fra il 25 Giugno e i 1 luglio 2020. Per l’approvazione sarebbe stato sufficiente il parere favorevole della maggioranza semplice dei votanti.

A essere chiamata al voto, una Russia in difficoltà, dopo la dura guerra sui prezzi del petrolio dei mesi scorsi, la pandemia dilagante e il rating di Putin al minimo storico (che si attesta comunque attorno al 60%). L’esito della consultazione non è stato una sorpresa per nessuno, il timore invece serpeggiava rispetto al dato di affluenza alle urne.

Secondo i numeri della Commissione Centrale per le Elezioni, il 77,9% dei votanti ha espresso la preferenza per il “si”, il 21% per il “no”. L’affluenza alle urne è stata del 65%, con circa 75 milioni di voti espressi, su 109 milioni di cittadini aventi diritto. In termini geografici il “si” è prevalso in tutti gli oblast’ tranne che nell’autonoma Nenets. Solo l’1% delle schede è stato annullato. È quindi con un’affluenza invidiabile – alle urne si è presentato anche un adorabile orsacchiotto – che il popolo russo ha detto “si” al pacchetto di riforme proposte.

Notizie di brogli sono pervenute da più parti della Federazione Russa e altrove (per i residenti all’estero) e foto di seggi elettorali improvvisati e urne da strada hanno inondato il web. Inoltre, il meccanismo di voto online è stato ampiamente criticato per le poche garanzie che offre. Alcuni elettori hanno riportato di essersi recati ai seggi e avere comunicato che il loro voto, e quello della famiglia, fosse già pervenuto.

È altresì possibile che questi numeri, inaspettati, siano stati influenzati da piccoli accorgimenti come il bonus una tantum di circa 150 euro erogato ai votanti con figli o l’organizzazione di una gioiosa lotteria a premi “La Costituzione – sono io!” che, ai più fortunati elettori, avrebbe fatto vincere appartamenti, automobili, televisori, smartphone e tablet. Sarà.

Certo, il pacchetto di emendamenti proposto conteneva già delle formulazioni che attirassero l’attenzione popolare, sulle quali la campagna elettorale non ha mancato di puntare: pensioni aggiornate all’inflazione e salario minimo garantito, quelle più popolari in ambito economico. Ad ogni modo, la necessità di legittimazione della riforma, che passava soprattutto da un’affluenza significativa alle urne, doveva essere, ed è stata, raggiunta. Di riffa, o di raffa, è proprio il caso di dire.

La consultazione popolare, che formalmente non è un referendum, originariamente indetta per il 22 Aprile (sì, il compleanno di Lenin) si è svolta durante la settimana appena trascorsa e si è conclusa ieri sera. La procedura di “voto nazionale” (obsherossiskoie golosovanie) prevede, a differenza del classico referendum, l’assenza di quorum, e la possibilità di votare online. Il quesito posto al popolo russo era molto diretto: “approvate i cambiamenti alla Costituzione della Federazione Russa?”. Una risposta secca, un si/no all’intero pacchetto di emendamenti, più la clausola di azzeramento mandati per Putin, che potrà dunque ripresentarsi alle elezioni per il prossimi due termini, il 2024 e il 2036.

La clausola Tereshkova, o “clausola del meccanico” (che azzera il contachilometri) è solo la ciliegina sulla torta delle riforme costituzionali di questo 2020. Si tratta dell’ampiamente discusso escamotage di azzerare i mandati del Presidente in carica, consentendogli così la possibilità di ricandidatura, senza dover modificare il tetto dei due mandati presidenziali consecutivi. La clausola, comunque, non è contenuta fra gli emendamenti alla Costituzione votati, ma è stata introdotta tramite un processo differente, e sul quale il popolo, direttamente, non è stato interrogato, ma si è di fatto espresso in concomitanza con l’accettazione delle modifiche costituzionali.

È andata così: Valentina Tereshkova, parlamentare russa e personaggio di calibro – cosmonauta, prima donna nello spazio – il 10 marzo, giorno in cui alla Duma la proposta di riforma era già in seconda lettura, si è alzata e ha detto ai colleghi: se la riforma passa, sarebbe anche il caso o di eliminare le restrizioni sul numero di mandati presidenziali, o “quantomeno”, di azzerare i termini di mandato già serviti dall’attuale Presidente prima dell’approvazione della riforma. Cioè: Costituzione rinnovata, rinnovato il conteggio dei mandati presidenziali.

La ratio, ha detto Tereshkova, è quella di dare la possibilità al popolo russo, già preoccupato del futuro, di continuare a fare affidamento su una figura alla quale è abituato e di cui si fida. Applausi in aula. Un’ora dopo la proposta della cosmonauta, Putin è alla Duma, in una rara apparizione in quel luogo. Rinnova i suoi auguri di compleanno all’illustre deputata, boccia l’idea di rendere i mandati presidenziali illimitati, ma accoglie umilmente quella che i propri possano essere azzerati, purché la Corte Costituzionale sia d’accordo. La Corte Costituzionale è d’accordo. Si andrà al voto popolare.

Molti gli oppositori e i critici del progetto, dallo scontato Navalny, a Yabloko, a Zyuganov del Partito Comunista, fra i politici; il movimento “niet” nato sui social che ha coinvolto tanti giovani, nella società civile. Da notare, che contrariamente al cliché ormai dato troppo spesso per scontato, il dissenso non si è affatto limitato agli intellettuali delle grandi città ma si è manifestato fra i cittadini scoraggiati e in difficoltà nelle aree più povere e periferiche della Russia.

Entriamo adesso nel merito degli emendamenti alla Costituzione. Questi, che riguardano i capitoli dal terzo all’ottavo della Costituzione, attengono a moltissimi aspetti della vita pubblica della Federazione e quella privata dei cittadini russi. Poiché le modifiche non riguardano i capitoli primo, secondo e nono, attinenti le fondamenta del documento, e che possono essere modificati solo convocando la Costituente, la “Costituzione Putin” non è una vera e propria nuova Costituzione, ma solo la “Costituzione Eltsin” corposamente modificata.

La proposta iniziale si limitava ad accorgimenti di natura tecnico-burocratica, che avrebbero dovuto migliorare il funzionamento dell’apparato statale ma, successivamente, il pacchetto di modifiche cumulative votato ha riguardato in effetti molto di più che qualche norma procedurale ed è andato molto più a fondo. La figura del Presidente ne risulta potenziata, rispetto ai rapporti col parlamento e con la squadra di governo e l’amministrazione locale molto depotenziata rispetto a quella centrale. Dunque, in un immaginario corso dal Presidenzialismo al parlamentarismo, e dalla centralizzazione alla decentralizzazione, si è viaggiato all’indietro, concentrando più potere nelle mani di Putin e della sua cerchia. Altra norma significativa l’indicazione del diritto russo quale fonte prevalente rispetto al diritto internazionale.

Fra le norme che appaiono meno sostanziali, invece, proprio quelle usate come spot nella campagna elettorale: l’indicizzazione delle pensioni e la garanzia del salario minimo (che è davvero minimo) poco spostano rispetto a prima per i cittadini in difficoltà. In linea con la tradizione di forte riflessione nella Costituzione della congiuntura culturale in Russia (e, prima, in URSS), i riferimenti al matrimonio come “unione di un uomo e una donna” e alla Fede in Dio come parte costitutiva dello spirito della nazione. Anche queste norme, anche se non lo si vuol dire, schiacciano l’occhio all’elettorato, conservatore e religioso. E alla Chiesa Ortodossa, fedele alleata del potere temporale. In ultimo, la tutela costituzionale della verità storica sulla Grande Guerra Patriottica: fare revisionismo è reato.

Ma Putin ha davvero intenzione di restare al potere fino al 2036? E che significato ha questa modifica della Costituzione? Gli esperti non concordano sul fatto che Putin abbia avanzato questa mossa avendo ben chiaro in mente di voler ricandidarsi nel 2024. Per quanto riguarda il 2036, beh, dovremo prima arrivarci vivi. Sicuramente, evitare la preoccupazione del preparare la propria successione, significa togliersi un bel grattacapo. Appare consequenziale dunque che, nell’immediato, potendo porre meno attenzione al quadro domestico, il presidente russo si potrà concentrare sulla politica estera.

«La “vittoria” di Putin al “referendum costituzionale” russo era già stata ampiamente prevista dagli analisti occidentali, così come dal popolo russo. Non è stata una sorpresa per nessuno, ma si può considerare una vittoria, quella sulle ultime vestigia di un sistema decentralizzato per la Russia, la vittoria sulla legalizzazione di un suo controllo completo sul Paese. Adesso, Putin e il suo regime potranno spostare il focus dalla politica interna alle avventure regionali e internazionali, e continuare indisturbati la loro aggressione verso l’Ucraina e l’Occidente, senza doversi preoccupare dell’opinione del popolo russo»: questo il commento rilasciato a Eco Internazionale di Mark Voyger, visiting scholar presso il Penn-Biden Center for Global Engagement, ed ex advisor speciale per la Russia presso lo US Army Europe.

Questa interpretazione diventa ancora più credibile se considerata alla luce del contenuto stesso della Costituzione rinnovata. Infatti, uno degli articoli emendati contiene il divieto di cessione dei territori russi. Un chiaro riferimento alla questione controversa dei territori acquisiti manu militari e non riconosciuti come russi da attori internazionali, ma riconosciuti come propri dalla Russia stessa. Con la Crimea ormai annessa, la contesa sul Donbas ancora in pieno svolgimento, i diversi focolai mai spenti in Georgia, non è difficile immaginare che Putin abbia intenzione di rimpolpare il proprio indice di gradimento con una delle mosse che maggiormente può influire su di esso: una bella guerretta.


 

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