Benvenuti nel paese delle donne: la società matriarcale dei Mosuo

“Gli uomini passano, le madri restano” è la frase adatta per presentare il popolo Mosuo, un esempio di società matriarcale in cui le donne sono il perno della comunità.


Nella Cina sud occidentale, tra la provincia dello Yunnan e quella del Sichuan, vive la popolazione dei Mosuo. Questo popolo indigeno incuriosisce studiosi, antropologi e turisti per la sua cultura di tipo matriarcale. A differenza dei Naxi, l’etnia da cui provengono, i Mosuo hanno sempre mantenuto un assetto matrifocale della società, nonostante le pressioni delle dinastie imperiali cinesi.

I legislatori, infatti, imposero la celebrazione dei matrimoni non tenendo in considerazione i costumi di questi popoli: i Naxi si adattarono divenendo una comunità patriarcale; invece, i Mosuo ritornarono alle proprie usanze dopo la morte di Mao Tse Tung. L’ex presidente cinese, tra l’altro, emanò una legge che prevedeva l’assegnazione di alcune terre agli uomini che si fossero distaccati dalla casa materna per costruire una propria famiglia. La riforma non ebbe molto successo e chi in un primo momento ne usufruì rinunciò ai benefici alla dipartita di Mao facendo ritorno alla famiglia d’origine. 

Cosa vuol dire vivere in una società matriarcale? La parola matriarcale indica il ruolo centrale della madre all’interno delle famiglie: sono le donne a possedere il predominio in ambito sociale e familiare, i figli ereditano la posizione sociale e il possesso dei beni dalla madre (società matrilineare) e la vita familiare si sviluppa nel luogo di residenza della madre (famiglia matrifocale).

Punto di riferimento all’interno delle famiglie Mosuo, infatti, è la dabu, la matriarca, che viene scelta tra le donne più meritevoli. Normalmente ha tra i 40 e i 65 anni, si prende cura della famiglia, organizza le attività lavorative, si occupa delle questioni finanziarie e gestisce le proprietà comuni. I Mosuo non prevedono alcun tipo di disuguaglianza sociale e neanche la dabu gode di privilegi particolari. Le proprietà appartengono a tutti allo stesso modo e nessun componente può speculare alle spalle degli altri.

Proprio per questo la dabu, quando deve passare il testimone, sceglie accuratamente la figlia a cui lasciare in eredità l’amministrazione dell’intera famiglia tenendo in considerazione la sua imparzialità, la capacità di gestione della casa e dei beni e la moralità personale. Inoltre è possibile che all’interno dello stesso nucleo familiare ci siano due dabu: in questo caso non vi è una gerarchia tra i due ruoli ma le due figure sono complementari tra loro.

Le donne non abusano mai del proprio potere e gli uomini sono parte attiva della comunità, tanto che gli accordi e le decisioni vengono prese da tutti i membri della famiglia. Il matriarcato mosuo, infatti, non è l’equivalente del patriarcato diffuso in gran parte del mondo.

Uomini e donne si occupano indistintamente della coltivazione dei campi e della pesca. Normalmente gli uomini si dedicano all’attività artigianale orafa e le donne a quella tessile. Negli ultimi anni la regione è stata protagonista di un’espansione turistica che ha portato ricchezza alla popolazione. Nonostante sia fonte di benessere, il turismo non viene visto di buon occhio dai Mosuo perché inevitabilmente crea un divario economico tra le famiglie. 

mosuo costume

La comunità è suddivisa in clan composti da una ventina di persone, che vivono tutte sotto lo stesso tetto. La casa è formata da una stanza comune, la Meng Low, ovvero la stanza di rappresentanza in cui si ricevono le visite, con un focolare sempre acceso, che di notte diviene la camera da letto della dabu e dei bambini. Accanto alla Meng Low vi è la camera dei misteri in cui è vietato entrare, perché riservata al momento del parto e alla venerazione dei defunti. Compiuti 13 anni i bambini passano all’età adulta: i ragazzi si trasferiscono in stanze comuni, le ragazze invece ricevono la chiave della loro camera dei fiori, una stanza privata in cui ricevono i propri partner. 

L’organizzazione della casa è lo specchio dei rapporti: le relazioni si svolgono in modo segreto e le ragazze decidono liberamente se e quando presentare il proprio partner alla madre. Gli incontri amorosi si tengono durante la notte, l’uomo si reca in casa della compagna e va via prima che il resto della famiglia si svegli. La madre, infatti, non si interessa di chi va a trovare le figlie e viceversa. In questa società la discrezione gioca un ruolo cruciale, i Mosuo si amano in segreto e non convivono.

L’amore non è visto come un bene economico, non sono interessati alla suddivisione in classi sociali, non esiste la proprietà privata e soprattutto amore e sesso non implicano possesso. In questo Paese la libertà sessuale è considerata una vera e propria istituzione e le donne hanno pieno controllo del proprio corpo e della propria sessualità.

La relazione va avanti fino a quando si provano dei sentimenti e, nel momento in cui vengono meno, gli amanti si lasciano senza ripercussioni. Di conseguenza la coppia non litiga per problemi legati alla convivenza, per l’educazione dei figli o per la situazione economica. I figli restano con la madre, dipendono da lei e dalla sua famiglia. Il punto di riferimento maschile per i bambini è lo zio materno; il padre viene considerato quasi un estraneo perché appartiene a un’altra famiglia ma ha il permesso di coltivare dei rapporti affettivi con i figli. 

Le bambine entrando nell’adolescenza ricevono il costume tradizionale come segno di passaggio all’età adulta che devono indossare durante i momenti di festa. L’abito è caratterizzato da uno scialle in cui sono raffigurati dei dischetti che indicano le stelle dell’orsa maggiore. Simbolicamente l’uomo viene associato all’universo e la stola indica che le donne portano sulle spalle i propri uomini.

La donna conduce il partner nella stanza dei fiori nella quale passano la notte. Prima dell’alba l’uomo deve lasciare la casa senza farsi vedere dagli altri membri della famiglia e eventualmente farvi ritorno sera dopo sera sempre con la massima discrezione. Quando la relazione diventa stabile, la donna lo racconta alla dabu che organizza una cena di presentazione ufficiale a cui partecipano le donne anziane della famiglia.

Il matrimonio viene visto come una minaccia alla famiglia e l’infedeltà non esiste perché di fatto la coppia non si promette amore eterno. La violenza domestica è assai rara perché non vi è proprietà sulla persona, mentre la gelosia è socialmente derisa. 

Il fascino del modello di società dei Mosuo e delle loro tradizioni ha attirato gli interessi dell’industria del turismo. Le agenzie di viaggi hanno trasformato la libertà sessuale di queste donne in una sorta di prostituzione legittimata insita nel loro stile di vita. La regione dei Mosuo è diventata così meta di quella fetta di viaggiatori interessati al turismo sessuale incuriositi dalla falsa pubblicità fatta dai mass media che fa passare l’idea che le donne, cambiando partner sessuale a piacimento, riducono gli uomini a semplici oggetti di piacere. Sembra come se alcune delle connotazioni del patriarcato vadano a minacciare le tradizioni millenarie di questa popolazione. 

Perché una società che mette in pratica parte del femminismo “puro”, quello che non vuole la superiorità della donna sulla controparte maschile ma che attua un equilibrio tra i generi, che professa libertà sessuale e piena consapevolezza del proprio essere viene denigrata? Far passare le donne Mosuo come donne di facili costumi vuol dire essere sottoposti al pensiero della società patriarcale che pretende che le donne siano mansuete e devote. Tutto questo deve fare riflettere su quanto la cultura dello stupro, insita anche nelle comunità più sviluppate come la nostra, riesca a contaminare le realtà più belle e incontaminate.


 

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