I giovani saranno le principali vittime della crisi economica post Covid-19

La grave recessione che si prospetta arriverà nel periodo post-lockdown e vedrà fra le principali vittime i millennial e la generazione Zero.


Iniziando da alcune stime generali, si può comprendere come l’economia mondiale subirà una contrazione non indifferente a causa della pandemia derivante dal Covid-19. Nel suo ultimo rapporto, infatti, il Fondo monetario internazionale (Fmi) mette in evidenza come nel 2020 l’economia mondiale subirà un decremento di circa il 3% e per l’Italia vi sarà una riduzione del Pil pari al 9,1%, restando uno dei Paesi più colpiti.

Fra i settori che maggiormente subiranno conseguenze negative, c’è quello del lavoro. L’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) ha stimato che circa il 94% dei lavoratori nel mondo vive in Paesi in cui sono in vigore misure di chiusura delle attività lavorative. La situazione giovanile all’interno del mercato del lavoro subirà i peggiori effetti socio-economici della pandemia, sia nel breve che nel lungo periodo.

Se già la disoccupazione giovanile a livello globale interessava più di 67 milioni di giovani prima del lockdown (nel 2019 si attestava attorno al 13,6%), da febbraio 2020 risulta in grande crescita. Nel report dell’ILO, si afferma che è proprio la popolazione in età compresa tra i 20 e i 29 anni quella colpita in “modo sproporzionato” dalla crisi, mettendo in evidenza come un giovane su sei ha perso il lavoro dall’inizio del mese di marzo. Appare quindi evidente come a pagare il conto più salato, se la politica non interverrà immediatamente, saranno ancora una volta i giovani.

Il futuro di quella che può essere considerata la “generazione lockdown” rischia di essere compromesso a causa di shock sistemici in vari settori concatenati a quello del lavoro che comporteranno a loro volta una diminuzione del capitale umano in seno ai giovani e la possibile marginalizzazione degli stessi nel mercato del lavoro. I giovani, inoltre, sono occupati e impiegati in attività molto più sensibili agli shock di reddito: secondo l’ILO, quasi il 77% svolge lavori informali in condizioni precarie. In Italia, secondo l’analisi de lavoce.info, circa il 25,5% degli occupati nelle attività cosiddette “non essenziali” durante il lockdown (turismo e ristorazione), ha un’età compresa tra i 20 e i 29 anni e l’ILO ha sottolineato che più di quattro giovani lavoratori su dieci erano impiegati, prima della crisi, in uno dei settori considerati tra i più colpiti dal Covid-19.

In relazione all’istruzione, l’uso della didattica online – che in questo periodo è stata fondamentale – potrebbe non rappresentare una contromisura temporanea, ma di lungo periodo. Una soluzione di questa portata, come prospettata da alcune Università (l’Università di Cambridge ha annunciato che tutto l’anno accademico 2020-2021 si terrà online), rischierebbe di ridurre considerevolmente le future iscrizioni. Il motivo è che se questa decisione storica fosse emulata anche da altri atenei a livello globale, il rischio sarebbe proprio quello di un cospicuo calo delle immatricolazioni. Ciò comporterebbe la crisi del settore universitario, con la possibile creazione di un bacino di giovani lavoratori meno istruiti.

Di conseguenza, poiché un alto livello di istruzione è strettamente connesso ai miglioramenti nel mercato del lavoro in termini di produttività e guadagni (teoria del capitale umano di Schultz), la perdita di capitale umano della “generazione lockdown” renderà molto difficoltoso il loro inserimento nel mondo del lavoro. Per i più giovani, inoltre, sarà fondamentale l’estate del 2020, che il Washington Post ha definito come la “summer of nothing”, la quale rischia di minare la competitività (fondamentale per l’ingresso nel mercato del lavoro), poiché gli studenti non potranno sfruttare la pausa estiva per accumulare esperienze extra-accademiche.

Altro elemento penalizzante – causato dall’emergenza Covid-19 – è quello della sospensione o completa cancellazione di tirocini, eventi e scambi internazionali. La sospensione delle attività produttive, dettata dal rischio contagio, ha reso economicamente impossibile per molte imprese continuare a sostenere gli stage già avviati, con conseguenti sospensioni o cancellazioni di tirocini e di molte altre programmazioni di medio-periodo.

In questa direzione vanno le indagini dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo che nella sua ricerca «Essere giovani ai tempi della pandemia» condotta dall’Ipsos, ha messo in risalto come in Italia due under 35 su tre vedono un futuro molto fosco: economia, reddito, disoccupazione, e persino le tasse potrebbero peggiorare sensibilmente. Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’indagine, ha dichiarato: «I dati evidenziano una grande consapevolezza da parte dei giovani del momento difficile che sta attraversando l’Italia e della necessità delle misure drastiche adottate. Sulle ricadute di tali misure c’è forte preoccupazione sia per i costi che determinano sul Paese, sia sul proprio percorso formativo e professionale».

Non bisogna dimenticare infine l’uso degli spazi, sempre più ridimensionati dall’emergenza Covid-19: in particolare, l’Urban Co-living, cioè l’offerta di spazi residenziali privati con condivisione di servizi e aree comuni, parte integrante dello stile di vita urbano dei Millennial che non dispongono delle capacità economica di acquistare una propria casa o di locarne una autonomamente. La recessione che si prospetta colpirà più duramente queste fasce “deboli”, poiché ci sarà instabilità del mercato del lavoro, stagnazione dei salari ed aumento dell’indebitamento maturato negli anni universitari. Anche la Banca Mondiale suggerisce di evitare i tagli di bilancio tipici dei periodi post-crisi e consiglia di sostenere l’occupazione giovanile, investendo nell’istruzione e nello sviluppo digitale, come unico strumento di lungo termine in grado di presupporre una ripartenza collettiva.

Concludendo, è indubbio che le restrizioni per combattere il coronavirus, quali lo shut-in ed il social distancing, avranno un impatto rilevante e probabilmente duraturo sul modo di vivere, lavorare, studiare, viaggiare e divertirsi, in particolare sulle giovani generazioni. Di contro, però, altri usi e costumi insiti nel nostro essere (uno su tutti, il desiderio di socialità e di comunità) torneranno probabilmente rafforzati perché, in questo contesto negativo, chi avrà maggiori possibilità di adeguarsi meglio e con maggiore flessibilità ai cambiamenti in atto saranno proprio i Millennials e la generazione Z.


 

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