Hashim Thaçi accusato di crimini di guerra, stallo sui negoziati Serbia-Kosovo

 
 
 

In un momento delicato nelle trattative tra Kosovo e Serbia, cresce la tensione: Hashim Thaçi, presidente del Kosovo, ha ricevuto un’accusa formale per crimini di guerra.


Un’accusa formale di questa entità, al presidente di uno stato in una situazione precaria come il Kosovo, non è certo un nodo semplice da sciogliere. È quanto accaduto negli ultimi giorni: il presidente Hashim Thaçi, e il capo del Partito democratico del Kosovo, Kadri Veseli, sono stati accusati di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità, per atti commessi durante e subito dopo gli anni della guerra d’indipendenza che avrebbero portato alla morte di un gran numero di persone tra il 1998 e il 2000.

Hashim Thaçi è un pilastro dell’indipendenza della regione dal controllo serbo. Creatore dell’Esercito di liberazione del Kosovo, è stato il fautore della separazione del territorio dal controllo della Serbia nel 2008. Era già al centro di un’indagine da parte di una Corte speciale, iniziata nel 2017, dopo che un rapporto del 2011 aveva portato l’attenzione su alcuni fatti accaduti durante la guerra; nel frattempo, dopo essere stato alla guida del Partito democratico del Kosovo, aveva conquistato la presidenza nel 2016, fino ad oggi.

La dichiarazione della Corte Speciale, sebbene prevista ormai da molto tempo e a più riprese ostacolata, arriva in un momento davvero delicato. I negoziati tra Serbia e Kosovo, che dai tempi della guerra rifiutano di riconoscersi a vicenda, dovevano svolgersi negli Stati Uniti in questi giorni. Thaçi avrebbe ritirato la sua partecipazione per rispondere ai capi d’accusa, decidendo di mandare al suo posto il Primo Ministro, Avdullah Hoti.

L’incontro è stato posticipato e dovrebbe tenersi a Parigi nei prossimi giorni. Tuttavia, in un quadro di instabilità politica internazionale sotto vari fronti, non vi è ancora una linea unitaria di fronte alla situazione del Kosovo, con differenze di visione tra tutti gli attori coinvolti. Gli Stati Uniti, per esempio, appoggiano in pieno il Kosovo e lo sostengono anche nella diplomazia, mentre la Russia fa da padrino alla Serbia di Alexander Vucic. L’Unione Europea ha invece un atteggiamento più ambivalente: nonostante abbia partecipato, attraverso la NATO, alla difesa del Kosovo, è disposta ad accettare eventuali compromessi, sebbene manchi una posizione unitaria a livello europeo.

A sinistra il presidente russo Vladimir Putin, a destra il presidente serbo Aleksandar Vucic

La divisione tra Serbia e Kosovo, secondo il premier serbo, sarebbe accentuata dall’interferenza di attori esterni che non conoscono le divisioni interne a questi territori. Tuttavia, l’accordo a cui mirano sia Vucic che Thaçi conterrebbe numerose pecche, dal momento che la “semplice” divisione del territorio tra albanesi e serbi presenta delle difficoltà. Vucic si dichiara aperto a ogni tipo di contrattazione, probabilmente per non rinunciare agli scambi commerciali con l’Unione Europea. Resta però da vedere se le accuse che gravano sul premier del Kosovo porteranno nuove recriminazioni e nuova instabilità, in un territorio nel cuore dell’Europa dell’Est sempre sull’orlo di una nuova esplosione.