Michael Phelps, lo “squalo” fuoriclasse dal volto sensibile

 

Nel gotha del nuoto per i suoi numerosi primati, Michael Phelps sta vincendo anche la sua sfida più ardua: quella contro l’ansia e la depressione.


Nato a Baltimora il 30 giugno 1985, Michael Phelps è l’atleta più vincente nella storia del nuoto. Alto 193 cm per 88 kg di peso, è stato soprannominato lo “squalo di Baltimora”.

Inizia a farsi notare già nel 2004, aggiudicandosi sei medaglie d’oro e due di bronzo, in occasione dei Giochi olimpici di Atene. Ai Mondiali di Melbourne del 2007 conquista sette ori, ma è nel 2008 che si aggiudica il primo record, ottenendo ben otto medaglie d’oro durante un’unica edizione dei giochi olimpici, quella di Pechino.

La consacrazione per Phelps avviene alle Olimpiadi di Londra 2012, nel corso delle quali il suo bottino di medaglie raggiunge quota ventidue, portandolo a diventare l’atleta olimpico più vittorioso della storia. Le Olimpiadi di Rio 2016, ultimo palcoscenico in ordine di tempo, vedono il fuoriclasse statunitense aggiudicarsi altre sei medaglie. Il ritiro dall’attività agonistica avviene il 13 agosto 2016. Tra campionati mondiali e olimpiadi, Phelps ha collezionato ben ottantatre medaglie: sessantasei d’oro, quattordici d’argento e tre di bronzo.

Campione anche di umanità, dopo aver lottato a lungo per sconfiggere ansia e depressione, Phelps ha voluto condividere la sua travagliata storia personale con gli oltre 2 milioni di follower, nella speranza di poter supportare quanti soffrano di problemi simili.

«Una persona su quattro al mondo ha problemi di salute mentale – scrive Phelps in uno dei suoi post più famosi – e io ero uno di loro. Ecco perché ho collaborato a questo progetto per il “Mental Health Awareness Month”, per far sapere a tutti che farsi aiutare è un segno di forza, non di debolezza. Ho lottato contro ansia e depressione e sono arrivato a chiedermi se volevo ancora vivere. È stato quando ho raggiunto questo punto così basso che ho deciso di chiedere l’aiuto di un terapista qualificato: alla fine questa decisione mi ha aiutato a salvarmi la vita».

È onorevole da parte di un personaggio pubblico come Michael Phelps la condivisione di un percorso di vita così delicato e ostico. «Non bisogna aspettare che le cose peggiorino ed è importante capire che la terapia non è solo per le persone che soffrono di gravi problemi mentali. Chiunque senta di aver bisogno di un sostegno può rivolgersi a un terapista autorizzato e io sono la prova che questo genere di aiuto funziona».

Con la grande forza che lo ha sempre contraddistinto nelle gare, Phelps ha voluto sensibilizzare sull’importanza di prendere consapevolezza delle proprie paure e sulle difficoltà che si possono riscontrare nel chiedere aiuto. Nel corso di un’importante intervista, rilasciata alla CNN, lo “squalo di Baltimora” ribadisce: «per me è molto più importante che vincere un oro olimpico. Lo faccio perché quando ho cominciato ad avere delle crisi depressive, ho avuto difficoltà a condividere il problema con le persone che avevo vicino e anche a chiedere aiuto. Ora invece mi sento bene a parlarne con mia moglie e con il mio terapeuta. All’inizio non era così, non volevo farmi aiutare fin quando ho capito che mi avrebbe fatto bene».

Anche durante la pandemia Phelps ha voluto condividere i suoi stati d’animo, sottolineando quanto non gli sia stato facile affrontare questo periodo a causa dell’impossibilità di viaggiare e di vedere gente. Ha raccontato di aver reagito, imponendosi di fare palestra ogni giorno, di allenarsi per novanta minuti e di svegliarsi in un orario compreso tra le 5 e mezza e le 7 senza l’ausilio di sveglie, per poi provvedere alla colazione dei figli. Si è sempre imposto di compiere tali “rituali” anche quando non ne avesse voglia, perché questo genere di prescrizioni risultavano fondamentali per la sua salute fisica e mentale.

Si è spesso portati a considerare l’attività sportiva soltanto come uno strumento per il conseguimento del benessere fisico, dimenticando i notevoli benefici su quello psichico. Michael Phelps, con la sua testimonianza, ci ricorda l’importanza del benessere mentale e il suo legame indissolubile con l’attività sportiva, che permette la gestione dell’umore, dello stress e della concentrazione. La vicenda umana di Phelps richiama da vicino le famose parole presenti nelle Satire di Giovenale: Orandum est ut sit mens sana in corpore sano, ovvero “bisogna pregare affinché ci sia una mente sana in un corpo sano”.

Foto in copertina FlickrJD Lasica