Insieme alle statue, cadono anche i diritti delle persone LGBTQIA+

Mentre le statue cadono e fanno rumore, negli Stati Uniti cadono silenziosamente, sotto i colpi di Donald Trump, i diritti delle persone LGBTQIA+.


Il presidente americano Donald Trump ha eliminato le leggi antidiscriminatorie che garantivano protezione nell’ambito sanitario in base alla disforia di genere e all’orientamento sessuale del paziente.

La sanità è un tema precario già di per sé negli USA, soprattutto in questo periodo segnato dall’emergenza Covid-19. Gli Stati Uniti ad oggi contano 2,39 milioni di contagi ed è, difatti, il Paese ad avere finora questo triste primato.

Verso la fine del mese di aprile la proposta che riguardava le leggi antidiscriminatorie sembrava assolutamente impraticabile ma in coincidenza con il Pride Month, nel trambusto delle lotte Black Lives Matter e la pandemia, Trump è riuscito tranquillamente a fare tutto ciò che volevano lui e i suoi elettori. L’ennesimo scempio ignorante realizzato dal 45esimo presidente americano, che dopo anni di battaglie condotte dal popolo e dalle minoranze, contro o al fianco dei predecessori, manda all’aria importanti e innegabili progressi, rimpiazzando il diritto ad essere rispettato e curato in quanto “essere umano” con il tradizionale limite del sesso biologico.

Donald Trump ha potuto farlo modificando la sezione 1557 nell’Affordable Care Act, comunemente noto come «Obamacare», in riferimento all’allora amministrazione Obama. La volontà di quest’ultima, nell’introduzione della norma nel 2010, andava a riparare un’assistenza sanitaria che veniva effettuata in maniera discriminatoria o, addirittura, negata alle persone transgender rispetto ai pazienti etero o cisgender.

Il comunicato stampa pubblicato dal Dipartimento della Salute, evidenzia come il dipartimento «tornerà all’interpretazione del governo della discriminazione sessuale in base al semplice significato della parola sesso», inteso come «maschio o femmina e determinato dalla biologia». Da adesso, quindi, strutture e operatori sanitari potranno nuovamente rifiutarsi di curare una persona in base a questo tratto della propria identità.

Già nel 2017, primo anno del suo mandato presidenziale, Trump aveva cancellato (anzi proibito) alcune parole e frasi al CDC, Center for Disease Control and Prevention, un importante organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti d’America. Termini come “vulnerabile”, “diritto”, “diversità”, “transessuale”, “feto”, “basato sulle evidenze/sulla scienza”, sono stati vietati per tre anni e probabilmente continueranno ad esserlo.

La decisione di Trump arriva a poche settimane di distanza da un altro fatto: in America le persone LGBTQIA+ non potranno essere più licenziate per il solo fatto di essere quello che sono. La Corte Suprema ha infatti analizzato tre casi: il primo ha come protagonista Gerald Bostock licenziato dalla Contea di Clayton, in Georgia, perché si era iscritto al campionato gay di softball. Il secondo riguarda Donald Zarda, istruttore di «skydiving» che perse il posto quando disse a una cliente «sono gay al 100%» e che quindi con lui poteva stare tranquilla. Zarda è morto in un incidente nel 2014, ma i suoi colleghi hanno portato avanti l’ingiustizia subita dall’amico.

L’ultimo dossier invece riguarda Aimee Stephens, donna transgender che per sei anni ha lavorato in un’impresa di pompe funebri fino a quando non annunciò al capo che qualche giorno dopo si sarebbe presentata in azienda indossando abiti femminili. Nemmeno lei ha potuto festeggiare la sentenza perché deceduta il 12 maggio di quest’anno così strano. Sicuramente è anche grazie a lei, alla sua testimonianza e al suo coraggio, che è stata decretata questa sentenza.

Ma nonostante il traguardo, sembra quasi che quest’altra decisione sui licenziamenti, seppur positiva, sia un contentino, un bavaglio a seguito dell’abolizione della norma 1557 dell’Obamacare.

Il 2020 sta offrendo fin troppi spunti di riflessione che in molti, soprattutto le massime cariche di un governo occidentale e quindi comunemente aggettivato come “civile”, non riescono a cogliere e a mettere in pratica.

Qualche giorno fa Trump ha anche orgogliosamente annunciato che terminerà ben presto il muro al confine col Messico. In Italia invece si progetta una censura di default da immettere in ogni prossimo dispositivo elettronico su siti pornografici e in generale, su prodotti multimediali violenti o inappropriati: tale inadeguatezza al pubblico dei più piccoli sarà decretata da una vasta gamma di pseudo esperti di “giusto e sbagliato”.

In questo caos è arrivata anche la Generazione Z a fare notizia; facendo quello che gli si rimprovera sempre, cioè stare al telefono, molti ragazzi hanno preso in giro la massima carica degli Stati Uniti realizzando un teatrale flop al comizio trumpista nella città di Tulsa. Pare che l’armageddon stia inevitabilmente arrivando, senza per forza l’intervento delle profezie dei Maya, ma intanto su TikTok gli adolescenti ballano la Macarena sul ciuffo biondo di un Donald Trump qualsiasi.