Migranti marchiati: umiliazione e abusi della polizia Croata

 

Una nuova storia di abusi nei confronti dei migranti arriva dal confine tra Bosnia e Croazia. Qui la polizia non sembra più distinguere umanità e disumanità.


Nelle scorse settimane l’espulsione illegale dei richiedenti asilo dal territorio croato ha raggiunto nuovi livelli di disumanità. Un articolo del The Guardian ha mostrato come i disperati che hanno cercato di oltrepassare il confine bosniaco, siano stati rimandati indietro con una croce arancione disegnata sulle loro teste con la vernice spray. Non è il primo caso di abusi da parte della polizia Croata che, in questo caso, sembra avere come unico obiettivo quello di umiliare chi cerca di sfuggire ad una realtà disperata.

Chi ha tentato la fuga oltre confine è stato rimandato indietro con un marchio sulla testa e nulla più. Derubati dei propri telefoni, dei soldi, alcuni addirittura delle scarpe, sembrano storie di un’altra epoca, in fondo neanche così lontane dalla nostra memoria storica, il che le rende ancora più inaccettabili. Ogni notte decine di richiedenti asilo cercano di oltrepassare un confine ostile e pericoloso. Dall’altro lato uomini armati che, anche se nell’adempimento delle loro mansioni e nell’esecuzione di ordini arrivati dall’alto, di umano hanno ben poco: derubano, spogliano, picchiano e, in alcuni casi, sparano a persone che intraprendono quel cammino in cerca di salvezza.

Coloro che arrivano in Croazia hanno già superato un calvario di non poco conto: chi riesce a superare il checkpoint della Turchia, deve poi affrontare la crudeltà della Grecia, l’incubo dei campi profughi in Bosnia e probabilmente scontrarsi con la durezza dell’Ungheria, che più di una volta ha opposto alla tutela dei diritti umani, la securizzazione dei suoi confini. Tutto ciò nella drammatica cornice europea sulla gestione dei flussi migratori.

La Croazia, sebbene sin dalla crisi migratoria del 2015 si sia sempre dimostrata contraria alla creazione di confini fisici (come reti o filo spinato) rispetto ad altri paesi della Balkan Route, non ha mai smesso di rimandare oltre confine, anche illegalmente, i richiedenti asilo. Questa situazione non è cambiata nemmeno con la sconfitta dell’estrema destra e l’elezione di un Presidente socialdemocratico.

Secondo Simon Rico, co-editor dell’edizione in lingua francese del Corriere dei Balcani, la Croazia continua a mantenere una posizione netta nei confronti dei migranti, per dimostrare all’Unione Europea – della quale fa parte solo da 2013 – la propria capacità di presidio dei confini ed ottenere, così facendo, il diritto ad entrare nell’Area Schengen. Se questa fosse la spiegazione della loro politica migratoria, la violazione di diritti umani dovrebbe, ci auspichiamo, allontanarli dalla meta.

L’UNHCR (l’agenzia per i rifugiati dell’ONU) ha più volte espresso preoccupazione per la situazione dei migranti lungo la rotta balcanica e, in particolare, sta attenzionando i comportamenti delle forze dell’ordine in Bosnia e Croazia. Zoran Stevanović, responsabile per la comunicazione regionale dell’Europa centrale dell’UNHCR, ha detto al The Guardian: «La nostra organizzazione ha ricevuto e condiviso report verificati di persone che hanno dichiarato di essere stati illegalmente respinti dalla Croazia e fatti rientrare in Bosnia e Serbia. Questi report sottolineano problematiche relative al riconoscimento dello stato di richiedenti asilo, a violenze ed eccessivo uso della forza e al trattamento degli individui più vulnerabili e dei bambini non accompagnati».

Si tratta di un centinaio di casi – quelli denunciati – di abuso di potere ed espulsione illegale dei richiedenti asilo, solo negli ultimi sei mesi. Inoltre, la maggiore autonomia che i singoli Stati hanno acquisito a causa dell’emergenza da Covid-19, sembra aver inasprito le reazioni degli agenti di frontiera.

È chiaro che qualsiasi violenza perpetrata nei confronti dei rifugiati debba rappresentare di per sé uno scandalo, eppure dobbiamo riflettere sulla gravità degli ultimi avvenimenti, pensare a questi come ad una degenerazione inaccettabile e rischiosa. Marchiare un essere umano, lo degrada e umilia. Disegnare una croce sulla testa di uno straniero, già notevolmente colpito dalle ragioni legate alla sua partenza e poi dal viaggio, può generare traumi psicofisici rilevanti. Se a tutto questo uniamo l’espropriazione dei beni, possiamo trarre un’unica conclusione plausibile: per la polizia Croata, la giusta punizione per lo sconfinamento è la privazione dell’identità. Una storia talmente vicina ad un deja-vù da far venire i brividi non può, e non deve, passare inosservata.

Negli ultimi mesi ci siamo nascosti dietro la necessità di concentrare tutti gli sforzi sul superamento della pandemia, ora che siamo pronti a riprendere in mano le nostre vite, riusciremo a mettere in pratica quella sensibilità e umanità che ci siamo vantati di avere durante gli ultimi mesi e ricordarci così dei più deboli?


Foto in copertina No Name Kitchen

 

1 commento

I commenti sono chiusi