Il turismo contagiato dal Covid-19

La sintesi dell’impatto del lockdown per la pandemia da Covid-19 sul sistema turistico italiano si può individuare nel crollo degli arrivi internazionali, delle presenze e del fatturato, oltre al periodo estremamente lungo di ripresa del settore che secondo l’Ente Nazionale Italiano per il Turismo (ENIT) è da stimare per il 2023. Solo il primo trimestre del 2020 è stato scongiurato dalla pandemia per mezzo dell’andamento di gennaio e febbraio che erano ancora in crescita. Purtroppo per l’estate la situazione è ancora molto incerta, come incerte sono le misure che verranno adottate per cercare di organizzare a livello nazionale e regionale le attività ricettive.

Fino al 12 aprile, secondo il Bollettino dell’ENIT, il calo registrato in Italia è pari al 57,5%: seguono Spagna (-56,7%), Gran Bretagna (-54,7%), Francia (-54%), Paesi Bassi (-52,8%), Portogallo (-50,7%). Tassi di decremento inferiori in Grecia (-47,7%), Russia (-42,6%) e Irlanda (-42,6%). I viaggi a lungo raggio hanno subito un drastico calo dal -50% al -79%, seguiti dal medio raggio (Paesi emergenti europei, dal -44% al -70%) e dal trasporto a corto raggio (Europa occidentale, da -39% al -69%).

Relativamente all’aspetto territoriale, l’ENIT ha fatto un’analisi per valutare l’impatto del crollo di arrivi e presenze nelle principali mete turistiche italiane ed è stato riscontrato che, probabilmente, le città che maggiormente sono meta di viaggiatori internazionali, come Venezia e Firenze, dovrebbero subire un calo percentuale maggiore nei viaggi nel 2020. Si è stimato che saranno i mercati a lungo raggio quelli più colpiti dalla pandemia, piuttosto che quelli a corto raggio.

In particolare, nel 2020, rispetto al 2019, si prevede un calo del 43,4% a Venezia, del 36% a Firenze, del 25,8% a Milano, del 22,7% a Palermo; mentre a Torino (di solito più dipendente dal mercato domestico) il dato si inverte con un calo del 21,4% di turisti italiani e del 15,6% di turisti stranieri.

Per quanto riguarda gli effetti sulla spesa turistica in entrata dall’estero si prevede una riduzione di quasi 20 miliardi di euro nel 2020 rispetto al livello del 2019, mentre il bilancio dell’impatto domestico è ancora più grave – pari a quasi 46 miliardi – e i pernottamenti internazionali potrebbero diminuire di 102 milioni nel 2020 rispetto al 2019. In aggiunta, saranno colpite maggiormente le località legate ai mesi di punta estivi.

All’interno di questo contesto, per cui si prevede un calo drastico di turisti a causa del Covid-19, secondo uno studio della Fondazione Bruno Visentini alcune strutture culturali – come le dimore storiche italiane – hanno perso in questa fase 1,8 miliardi di euro, con 30mila posti di lavoro a rischio. Le dimore storiche italiane coprono circa la metà dell’offerta museale del Paese e svolgono attività in diversi settori del turismo e della cultura, tanto che possiamo considerare che vi sia una vera e propria filiera economico-culturale che sta dietro a tutto ciò.

Questo diviene elemento di attrazione e volano per i territori nei quali si trovano, soprattutto per i piccoli borghi italiani. Nel dettaglio, quando ci si riferisce alla grande filiera che sta dietro le dimore storiche, si intende proprio il turismo in tutte le sue declinazioni: dalle agenzie di incoming, all’enogastronomia, ma anche la moda, perché oggi un turista che arriva chiede di vedere la dimora ma anche di andare a comprare Armani piuttosto che Gucci. In questa filiera, l’aspetto fondamentale è che si crea un indotto sul territorio e questo rappresenterebbe, se rimesso in moto, un modo per rilanciare il settore culturale e, per estensione, il Paese intero.

È essenziale che tale settore venga potenziato perché questa rete culturale ed economica – a seguito delle misure disposte per gestire l’emergenza sanitaria in corso – rischia di subire perdite dirette per circa 2 miliardi di euro, con le inevitabili ripercussioni sull’indotto che è in grado di generare calo occupazionale e contrazione dei flussi turistici.

Nel dettaglio, la Fondazione Bruno Visentini, considerando le 9.385 dimore storiche che attualmente operano in una o più filiere produttive (il 64% delle 14.725 unità registrate, tra ville, castelli, forte, rocca, torri e palazzi, sul portale Vincoli in Rete del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo), ha stimato che, nel 2020, ci saranno minori ricavi per questa realtà pari a oltre 1,8 miliardi di euro, 30mila posti di lavoro a rischio e tra i 25 e i 30 milioni di visitatori in meno. Tale perdita avrà evidenti ripercussioni sull’indotto dei territori, superiore al 50% dei 45 milioni di persone che, annualmente, visitano le dimore storiche.

In particolare, in questa filiera, il settore maggiormente esposto, da un punto di vista economico, sarebbe quello vitivinicolo. I produttori di vino delle dimore storiche rappresentano circa il 30% del totale delle imprese in Italia del comparto e le perdite stimate a seguito dell’emergenza possono sfiorare il miliardo di euro. Dal punto di vista occupazionale, invece, è il settore ricettivo che pagherebbe il prezzo più alto, con quasi 13.000 posti a rischio, seguito dal vitivinicolo (oltre 10.000 persone a rischio) e dal settore organizzazione eventi (oltre 6.000).

Inevitabile, in questo particolare momento del nostro Paese, affrontare il tema della ripartenza dei luoghi di cultura, per cui il sostegno dello Stato giocherebbe un ruolo importante anche per le dimore storiche private e per tutto un comparto culturale che è decisivo per l’Italia, anche a livello economico, e che sta pagando un prezzo molto alto.


 

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