Una drammatica normalità, la vita in quarantena

 

Forse le storie che emozionano di più sono quelle che non evidenziano nessuna particolarità. È la normalità che abbiamo sempre voluto evitare e mai mostrare sui social per paura di sembrare “noiosi”, è la normalità il bene prezioso che ci manca.

Sono tante le immagini di questa quarantena, di questa emergenza, che stanno facendo il giro del web e quindi del mondo: ospedali pieni, infermieri e medici stremati, file ai supermercati, città deserte. Dal satellite arrivano foto straordinarie di una terra che respira, mentre noi soffochiamo.

Notizie fuori dal mondo – Maria Tumminia
Respiro aria – Maria Tumminia

Poi ci sono alcune foto che non mostrano i nostri eroi in corsia né il prestigio di una raccolta fondi arrivata a cifre stellari. Ci sono immagini che riguardano l’attuale normalità, la normalità di una vita modesta, fatta di routine, vecchie e nuove abitudini. Immagini che possono spiegare meglio di un fiume di parole quello che molte famiglie vivono tra le pareti di casa.

La mia quarantena – Maria Tumminia
Sono qui – Maria Tumminia

Ogni immagine in queste foto di Maria Tumminia ci restituisce la vita intima e privata di tutti noi, ma ci mostra anche quello che non c’è: le fragilità di ciò che abbiamo lasciato fuori, in ogni sguardo verso l’esterno di un balcone che si affaccia sul silenzio o nel letto disfatto, giaciglio dei nostri pensieri e rifugio in ogni momento.

Al di là della mia camera – Maria Tumminia
Letto disfatto – Maria Tumminia
Letto disfatto (2) – Maria Tumminia

La giornata può essere scandita solo dai rumori provenienti della cucina, da cui capisci se è ora di pranzo o di cena o se è pomeriggio, perché è il momento più eterno. La mattina? Quella nemmeno c’è, alle volte ci si chiede perché alzarsi. Sui social ci sono quelli che ci mostrano come dovremmo reagire, cosa dovremmo fare: fai cardio, fai yoga, salta con la corda, fai squat con la cassa d’acqua e poi su un altro profilo ti dicono di fare una torta, di fare la pizza, la grigliata se hai un giardino. Ma a te non va niente di tutto questo, pensi che da domani magari ti muoverai un po’ o farai dei muffin. Alcuni non faranno niente.

Sudoku – Maria Tumminia
Mentre mangio – Maria Tumminia
Pesce a cena – Maria Tumminia
Risvegli giornalieri – Maria Tumminia

Dalla tv ci dicono di avere fede: la preghiera è l’unica arma contro il nemico invisibile, come se anche loro non ci credessero più e ammettessero che è come quando i bambini fanno finta di avere poteri magici e scudi invisibili. Una preghiera giornaliera, il mantra “andrà tutto bene”, nella speranza che sarà vero. In fondo non ci stiamo credendo più molto come i primi giorni. Il tempo scorre lento, quasi denso. Anche il ticchettio dell’orologio pare aver rallentato il suo giro nel minuto, la luce va via più lentamente.

Benedizione Urbi et Orbi – Maria Tumminia
Soluzione disinfettante e spirituale – Maria Tumminia

È arrivata la primavera, ma anche lei sa che non è il momento di “essere primavera”, e lo sa perché è una primavera troppo fresca, è luminosa ma non è limpida. Quest’anno è una stagione che splende piano perché è come se sapesse di non poter splendere su nessun corpo sdraiato su di un prato, su nessun viso sorridente a passeggio sul lungomare. Splende il sole sulla nostra biancheria stesa dove oltre le solite cose troviamo oggetti nuovi, che fanno parte del nostro nuovo quotidiano: le mascherine. Le laviamo per poterle riutilizzare, in giro non se ne trovano o sono molto care. Oggi anche il valore del denaro ha cambiato forma, la percezione che ne abbiamo è cambiata.

Ad ogni modo il sole sorge sempre – Maria Tumminia
Protezioni – Maria Tumminia

Si sente il canto degli uccellini. Sembra lo stesso di sempre, ma più forte. I più fortunati sentono anche le onde del mare, senza effettivamente vederlo. In lontananza una campana suona, ma senza radunare nessun fedele, forse ne raduna solo le anime.  Nessun altro suono di sottofondo, nessuna macchina, nessuna frenesia umana. La domenica è ferma, paralizzata: non si sente nemmeno il ticchettio delle lancette dell’orologio, la luce non cambia, e la sera sembra la meta di un viaggio infinito.

Ed è in questo viaggio infinito che cerchiamo di trovare qualcosa dentro di noi, facendo sosta in tante stazioni di servizio della nostra anima, cercando di raschiare il fondo e di usare questo tempo infinito per capire qualcosa. Cerchiamo di capire qualcosa di ciò che poi sarà il domani, un domani così distante e misterioso.

Sono questi i giorni della quarantena. Niente eroismi, niente medaglie, niente vincitori. È tutto fermo come un’immagine, nessuno fa nulla di particolarmente importante. C’è chi muore, c’è chi vive. Si resiste in questo clima di ferma normalità, dove anche nei balconi alle 18, in tanti, ci siamo resi conto che non c’è nessuna solidarietà. C’è solo quella cosa che dobbiamo fare, che leggiamo ovunque, che ci dicono tutti: dobbiamo stare a casa. Sembriamo aver messo pausa ad un video. E prima di rimettere play possiamo fare una profonda analisi su noi stessi, leggerci dentro, capire cosa possiamo rivalutare della nostra esistenza, scoprire cosa vogliamo veramente.  Oppure niente, stare fermi e aspettare.


Tutte le foto sono di Maria Tumminia