Rossetto e tacchi a spillo in quarantena? Ma anche no!

 
 

Nella prima settimana di aprile il governo della Malesia ha diffuso una campagna diretta alle donne sposate concernente l’importanza del rimanere in casa. Anche qui in Italia, come nel resto del mondo d’altronde, veniamo continuamente bersagliati da spot, jingle e messaggi televisivi o comunicazioni ufficiali il cui diktat è uno e uno soltanto: restate nelle vostre case, uscite solo in casi di stretta necessità.

Il ministero per le Donne, la Famiglia e lo Sviluppo delle comunità dello stato del Sud Est Asiatico è stato decisamente più fantasioso e colorito o, se vogliamo usare un termine più odiato ma anche più corretto, sessista e discriminatorio. Il ministero malese aveva infatti diffuso sui social network, con l’hashtag #WomenPreventCOVID19, una serie di immagini sulle donne. I suggerimenti? Rendere le cose più facili ai propri uomini, non infastidendoli, e, assolutamente, non trascurandosi.

Le donne malesi dovrebbero, in tempi di quarantena, continuare a truccarsi e a vestirsi, rimanendo curate e impeccabili come se dovessero uscire di casa.

Fin qui, niente da ridire: prendersi cura di sé stesse è importantissimo ed è un ottimo aiuto e passatempo in questo periodo così difficile. Il problema è che le abitanti della Malesia non avrebbero dovuto farlo a uso e beneficio esclusivo del loro corpo, del loro relax, insomma della propria persona, bensì per rendersi piacenti allo sguardo dei propri mariti costretti, come loro del resto, tra le mura domestiche. Il ministero aveva anche consigliato alle donne di non essere «sarcastiche» nel chiedere agli uomini di aiutarle con le faccende domestiche.

Di fronte a tutto questo, le parole vengono meno. O, per meglio dire, tutte quelle che salgono spontanee, dal profondo del cuore, sono abbastanza volgari e inadatte a un pezzo giornalistico. È possibile che nel 2020 si debba suggerire alle donne di non chiedere ai mariti di aiutarle nelle faccende domestiche? E che, soprattutto, una divisione normale delle fatiche domestiche e una conseguente richiesta di adempiere a quello che dovrebbe essere considerato un dovere del partner nel gestire il ménage familiare sia considerato, addirittura a livello governativo, una domanda sarcastica?

Ricapitolando: le donne della Malesia debbono indossare il tacco 12, mettere il mascara e il rossetto, indossare magari qualcosa di carino mentre passano l’aspirapolvere, lavano i piatti e rassettano il salotto mentre il marito sta in panciolle, stravaccato sul divano, a guardare la TV? Più che una campagna per sensibilizzare le persone all’importanza di rimanere in casa durante l’epidemia sembra uno spot pubblicitario degli anni ’50.

Non c’è da stupirsi, dunque, che lo spot del governo malese sia stato altamente criticato e ridicolizzato sui social network, al punto che il governo ha deciso di cancellarlo, rimuovendo tutte le immagini diffuse. Qualcuno aveva commentato dicendo: «non ci sono suggerimenti su come gestire la violenza domestica?». È questo, non il truccarsi e il vestirsi in modo piacente, il vero e gravissimo problema legato allo stare a casa per tante, troppe donne. In Malesia, come in Italia e come nel resto del mondo.

Annarita Caramico