Michele Farina, l’avvocato Anti-UE: «Il mio StopEuropa nato da un malessere»

 

«Arrivi a fine mese? Forse non lo sai ma, se non ci arrivi e fai fatica, è merito di questa Europa». È così che Michele Farina convincerebbe ogni europeista convinto della bontà di un’ItalExit. Avvocato del foro di Foggia, fondatore e amministratore del gruppo #StopEuropa, di cui vi avevamo parlato qui qualche settimana fa, ha raccontato ad Eco Internazionale la sua idea che da settimane impazza sul social più diffuso al mondo. Quando vi avevamo raccontato del gruppo Facebook da lui fondato, gli iscritti erano oltre 340.000; oggi sono quasi arrivati al milione, per l’esattezza 937.900.

Numeri che hanno stupito persino il suo fondatore, che mai avrebbe potuto predire un successo del genere, figlio in parte – a suo dire – della situazione di quarantena a cui gli italiani sono costretti dal covid-19.

Ma com’è nato StopEuropa? Nasce tutto da un malessere personale acuito da alcune dichiarazioni arrivate da Bruxelles: «(Il malessere) è andato in crescendo con i Decreti governativi che imponevano le prime chiusure delle attività non essenziali e che è poi tracimato a seguito delle dichiarazioni in due giorni della Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen e della Presidente della BCE Christine Lagarde».

Lo spread che corre, Piazza Affari che crolla, l’intera euro-zona che brucia miliardi. In questo contesto nella mente dell’avvocato di Cerignola nasce StopEuropa e l’idea di fondare un movimento che porti il nostro paese fuori dall’unione continentale e dall’Euro.

L’avvocato e fondatore di StopEuropa Michele Farina

Ma chi c’è davvero dietro questo gruppo? Il legale pugliese, classe 1965, assicura: «è nato senza “padroni” o persone alle spalle. A chi mi ha già posto questa domanda rispondo che dietro di me, a seconda se mi guarda fronte o controsole, vedrà solo la mia ombra. Il primo post messo sul Gruppo StopEuropa era questo: “Ho aperto questo gruppo perché sono stanco dell’Europa e dell’euro. Se non arriveremo almeno a 100.000 chiuderò questo gruppo perché non servirà a niente”. Non credevo che il giorno dopo saremmo arrivati a 130.000 iscritti».

Un successo inaspettato di cui si sono accorti in molti sul web. Utenti per la maggior parte, che ogni giorno affollano la bacheca del gruppo con centinaia di post. Ma anche un sito web che vende magliette, felpe, tazze e cappellini. Prezzi modici: dai 19,99 € fino ai 44,99€ per i gadget griffati Italexit. Il sito è riconducibile al gruppo Facebook? «Assolutamente no», assicura Farina. Noi, con gli strumenti che ci fornisce il web, non possiamo smentire l’avvocato foggiano. Possiamo solo fidarci dato che dalle verifiche il sito su cui si vendono i gadget antieuropeisti appartiene ad un società di e-commerce, quindi è impossibile rintracciare il reale venditore.

Merchandising sospetto a parte, torniamo al gruppo. Molte sono state le critiche espresse dai nostri utenti per il linguaggio di alcuni post verso figure politiche, ma anche intellettuali, notoriamente europeiste e che avevamo già evidenziato nel nostro precedente articolo. «StopEuropa rifiuta la violenza in ogni sua forma sia nei contenuti dei post che nei commenti agli stessi» ci dice Farina. «Per evitare la pubblicazione di post con tali caratteristiche abbiamo dovuto necessariamente attivare la procedura di “previa approvazione” dei post. Un gruppo di circa 20 validissimi e valorosi Moderatori, filtrano i post che riceviamo». Diverso è il discorso dei commenti dei singoli utenti. «È pressoché impossibile esercitare un’azione di moderazione essendo, i post stessi, mediamente commentati da circa 500 persone, ognuna con le proprie opinioni, a volte sarcastiche e a volte ingiuriose. Quando riusciamo a individuare tali commenti, senza saper della provenienza politica di chi ha scritto frasi violente, calunniose o ingiuriose, lo blocchiamo immediatamente».

Avevamo pure evidenziato la contraddizione tra l’apartiticità e la natura apolitica che si era dato il gruppo stesso messa a confronto con i post rilanciati dagli utenti che, spesso e volentieri, provengono da un’area specifica della politica nostrana, quella sovranista. Proprio in relazione a ciò e al futuro politico di StopEuropa, abbiamo chiesto quali sarebbero i partner ideali nella corsa all’uscita dall’UE. «È chiaro che per poterti confrontare con le Istituzioni europee devi essere politicamente legittimato […] al momento non parlerei di alleanze ma inviterei tutti, anche gli attuali iscritti al Gruppo Facebook che si dichiarano di un Partito o di un altro, a riflettere come, quei Partiti Politici e Movimenti che all’inizio cavalcavano la bandiera Antieuropeista, non hanno portato fino in fondo questa missione per la quale avevano ricevuto ampio consenso popolare ed elettorale».

Chiaro quindi che si dovrà avere una svolta politica per raggiungere gli obiettivi che il gruppo si propone. E se è vero che prima bisognerà passare per l’elettorato, la strada verso l’ItalExit poi potrebbe essere un vicolo cieco. Ci sono infatti stringenti vincoli costituzionali, che al momento impediscono l’indizione di un referendum abrogativo sulla permanenza italiana nell’UE. «Sappiamo bene che non è possibile uscire dall’Europa con un Referendum abrogativo e conosciamo tutti i vincoli che sono stati messi nella Costituzione […] Stiamo per questo coinvolgendo Costituzionalisti che ci possano dare una mano a trovare la strada più idonea all’obiettivo finale. Magari partendo anche dall’art. 50 del Trattato», lo stesso per intenderci che il Parlamento inglese ha usato per uscire dalla Unione continentale.

Economicamente poi l’ItalExit, sia dall’Unione che dall’Euro, potrebbe rivelarsi una vera e propria sciagura per i conti e i risparmi italiani. Ce lo dice uno studio datato luglio 2018 della società di analisi dei dati, Cerved. Secondo gli analisti, il nostro Pil andrebbe incontro ad un crollo pari al 6% mentre i rendimenti decennali dei Btp salirebbero al 12%. Ciò innescherebbe una reazione a catena senza precedenti con i fallimenti tra le imprese che arriverebbero  ad oltre il 20% e quelli di alberghi e ristoranti ad oltre il 28%. Poi arriverebbe la prevedibile corsa allo sportello dei correntisti e una contrazione dei prestiti a causa della difficoltà di ricapitalizzazione delle banche, che verrebbero a perdere il peso dei titoli di stato che hanno acquistato in questi anni di crisi.

Una situazione senza precedenti. Farina però ha qualche idea al riguardo: «Sono diverse le forme di uscita dall’euro sulle quali stiamo ragionando. Non ultima la possibilità di avere una moneta locale e parallela o l’adozione di quelli che da anni vengono chiamati “minibond”. Ossia una moneta fiscale che potrebbe essere immessa dallo Stato per pagare i debiti verso i privati o le aziende. Tante sono le possibilità per scongiurare il rischio di dissesto finanziario e le speculazioni sull’intero sistema economico, produttivo e finanziario dell’Italia, ma, ripeto, la situazione e le risposte sono “in itinere”». Risposte che, secondo Farina, arriveranno dal team di economisti, giuristi, giornalisti e storici – «le migliori competenze nazionali sul tema» – che si sono offerti al gruppo sin dalle prime ore della sua fondazione e che gli admin hanno chiamato a raccolta.

Nel frattempo il movimento sembra aver avviato già le sue prime iniziative ma la risposta “popolare” non sembra in linea con l’alto numero di utenti raccolti tra gruppo e la neonata pagina Facebook ad esso collegata. Una delle azioni già messe sul tavolo è la petizione lanciata sul sito “petizioni.com” che al momento però raccoglie poco più di 22.000 firme. «Ha ragione chi sostiene che il gruppo sia stato creato ad arte con l’immissione di bot e simili visto il basso consenso raccolto dalla vostra petizione?»:«La petizione da noi lanciata sul Gruppo Facebook non ha avuto risultati importanti perché, aldilà della prima ora, non abbiamo più continuato a promuovere perché anche la Petizione, così come il Referendum, sono delle strade che non conducono ad un risultato e agli obiettivi a cui teniamo».

Infine non ci rimane che un’ultimissima domanda, la cui risposta era nel nostro incipit: «Cosa direbbe ad un europeista convinto per fargli cambiare idea su una possibile Italexit?» Farina risponde: «Gli farei una domanda: arrivi a fine mese? Forse non lo sai ma, se non ci arrivi e fai fatica è merito di questa Europa. Questo gli direi. Sia se fosse un agricoltore, un commerciante, un imprenditore, un giovane occupato o disoccupato ecc. E soprattutto se potessi dirlo ad uno in particolare. Se potessi dirlo al Signor STATO!!!».

Nota: studio Cerved spiegato bene dal Sole24ore – In allegato il file pdf del suddetto studio: cerved report