Europa e immigrazione: nessun passo avanti sulla riforma di Dublino

 
 

Dopo l’affossamento della riforma di Dublino nel 2018, che avrebbe dovuto scardinare il principio secondo cui il Paese di primo ingresso è responsabile della domanda d’asilo presentata dal migrante, la proposta di riforma è tornata ai tavoli europei all’inizio di quest’anno. Infatti, durante la presentazione del suo programma, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato l’introduzione di un nuovo patto in materia di migrazione e asilo in Europa entro la primavera del 2020. “Dobbiamo trovare un approccio efficiente, perché tutti devono fare la loro parte” aveva affermato.

Tuttavia, a causa dell’emergenza Covid-19 la macchina europea ha fermato i suoi lavori rimandando anche questa riforma tanto attesa, soprattutto da Italia e Grecia. La situazione emergenziale in cui riversa quest’ultima a causa del sovraffollamento dei campi profughi, inoltre, si è maggiormente aggravata all’inizio di marzo quando la Turchia è venuta meno al discutibile accordo stretto con l’UE nel 2016.

Anche l’accordo stipulato al vertice di Malta nel settembre del 2019, con cui alcuni Paesi (tra cui Germania, Francia, Spagna, Romania e Olanda) si impegnavano al ricollocamento volontario nel proprio territorio di migranti sbarcati sulle coste europee, è stato sospeso per paura di possibili contagi. Secondo i dati del Viminale, dalla firma di questo accordo l’87% dei migranti giunti in Italia è stato ricollocato negli Stati membri che hanno dato la loro disponibilità.

A questo si aggiunge anche il fatto che Italia e Malta si sono dichiarate “porto non sicuro” per l’approdo dei migranti in sicurezza e quasi tutte le ONG, che con le loro navi si sono occupate finora dei salvataggi in mare nel Mediterraneo, hanno dovuto sospendere le missioni di salvataggio per poter rispettare le misure di contenimento del virus.

Il coronavirus, dunque, ha posto limiti e sfide a tutti gli Stati e ha costretto il mondo a fermarsi, ma i flussi migratori non si fermano davanti all’emergenza: le segnalazioni di imbarcazioni in difficoltà raccolte dal centralino Alarm Phone e gli sbarchi autonomi sulle coste siciliane sono in costante aumento. A Trieste sono arrivati un centinaio di richiedenti asilo percorrendo la cosiddetta “rotta balcanica”.

Per far fronte all’aggravarsi della crisi umanitaria la Commissione Europea ha attuato alcuni interventi di contenimento e sottoposto i migranti giunti nel territorio europeo a controlli sanitari obbligatori, separandoli dai richiedenti asilo già presenti nel territorio. Il 16 aprile, inoltre, la Commissione europea, insieme all’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo EASO e all’agenzia Frontex, ha adottato le linee guida per l’attuazione delle norme in materia di asilo, rimpatri e reinsediamenti dei migranti nonostante l’emergenza Covid-19. Non si tratta di una modifica di tali norme né del regolamento di Dublino, ma di un’interpretazione flessibile delle norme già esistenti per la gestione delle richieste d’asilo, resa più complessa a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia.

Queste misure non sono comunque sufficienti ad arginare un’emergenza presente nel nostro territorio molto prima del Covid-19. Per questo motivo i ministri dell’interno di Italia, Spagna, Francia e Germania hanno inviato una lettera al vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas e alla commissaria agli Affari interni Ylva Johansson, con la quale esortano l’UE a riformare il sistema di asilo vigente tenendo conto di alcuni punti cardine da loro suggeriti: la creazione di un meccanismo di ricerca e salvataggio, la previsione di una lista di clausole per dichiarare la non ammissibilità delle richieste d’asilo nelle procedure alle frontiere esterne e, soprattutto, un meccanismo vincolante per l’equa distribuzione dei richiedenti asilo nel territorio europeo.

Tuttavia, i ministri degli interni firmatari di questa lettera non hanno ricevuto nessuna risposta concreta fino a ieri (martedì 28 aprile), quando durante la videoconferenza del Consiglio dell’UE con i ministri degli interni degli Stati membri, la commissaria degli Affari Johansson ha annunciato che la riforma delle norme in materia di asilo e migrazione sarà presentata “a breve”. Durante questa riunione, inoltre, la ministra degli Interni Luciana Lamorgese ha esternato le sue preoccupazioni relative alla sospensione delle ricollocazioni volontarie dei migranti e, nonostante la Johansson abbia sottolineato l’esigenza di alleggerire “la pressione migratoria” degli Stati al confine dell’Ue, soltanto il Portogallo si è reso disponibile ad accogliere una quota di migranti presenti nel territorio italiano che, per le misure di distanziamento imposte dal virus, non possono più risiedere nei centri di accoglienza.

Questo dimostra ancora una volta l’avversione degli Stati membri nell’affrontare con una visione comune quella che, a distanza di ormai cinque anni dalla crisi umanitaria del 2015, viene ancora definita “emergenza”; purtroppo, la responsabilità continuerà a ricadere solo su pochi Stati. Almeno fino a quando non verrà annunciata una data definitiva per la presentazione di questa tanto attesa riforma.


 
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