Coronavirus, l’economia mondiale al collasso

 
 

Il periodo storico che stiamo vivendo passerà probabilmente alla storia come il “Great Lockdown” (il “Grande Blocco”) e ciò che più terrorizza gli studiosi è l’assenza di un orizzonte dal quale intravedere una fine. Una previsione sugli effetti economici complessivi della crisi non può essere stabilita, perché tutto è ancora in divenire ma, nonostante questo, le istituzioni internazionali e i centri studi hanno rilasciato alcuni dati in tal senso.

L’ultimo in ordine di tempo è stato il Fondo Monetario Internazionale (FMI) nel suo World Economic Outlook, secondo cui il Pil mondiale si contrarrà del 3% nel 2020, ad indicare come la maggior parte delle economie mondiali entreranno in recessione. Persino il Pil cinese crescerà di poco più di un punto percentuale, contro una stima precedente di oltre il 6%. Le dolenti note sono tutte relative alle economie europee: il nostro Pil si contrarrà del 9%, peggio di noi solo la Grecia con una caduta del 10%; Francia e Germania caleranno rispettivamente del 7,2% e del 7%, mentre la Spagna dell’8%. Peggiori sono le indicazioni sul tasso di disoccupazione, in crescita in Italia fino al 12,7%, con una media prevista per l’eurozona del 10,4%. Il prossimo anno si assisterà a un lieve miglioramento, con la disoccupazione italiana in calo al 10% e quella europea poco sotto il 9% (8,9%). Il paese europeo che pagherà maggiormente questa crisi in termini di disoccupazione sarà la Spagna che la vedrà esplodere al 14,1% quest’anno e oltre il 17,5% il prossimo.

Andando oltreoceano, gli Stati Uniti avranno un calo del Pil del 5,9% e un’esplosione della disoccupazione al 10,4% nel 2020. Nel 2021 dovrebbe esserci un rimbalzo del 4,7% per il Pil e un calo della disoccupazione al 9,1%. La parte peggiore del documento riguarda le stime di scenario: tutti questi dati sono validi soltanto in presenza di un secondo semestre dell’anno sgombro da blocchi e con una crescita rapida; in assenza di queste condizioni, le previsioni si farebbero ancora più fosche, con una caduta del Pil mondiale del 6% con alcune proiezioni che prevedono un calo dell’8%, rispetto a quanto stimato, per l’anno prossimo. Chiaramente una caduta similare avrebbero le stime sui Pil nazionali. Alla base di questo scenario vi sarebbe la difficoltà di una ripartenza economica nel secondo semestre e una possibile riesplosione della pandemia nell’inverno dell’anno prossimo: condizioni che, per quanto difficili, sono possibili.

Contrariamente a quanto affermato negli anni precedenti la Grande Recessione (2007-2013) il FMI stavolta ha indicato come le politiche di stimolo, in particolare quello fiscale, possano risultare efficienti nel contrasto alla depressione economica, anche considerando quanto questa crisi sia diversa da quelle precedenti. Essa agisce contemporaneamente dal lato della domanda e dell’offerta come una sorta di tenaglia coordinata. Nelle crisi “normali” la fonte, tra la domanda e l’offerta, è una sola e per quanto, attraverso il moltiplicatore poi influenzi l’altra in una continua spirale, le ricette prevedono di contrastare la fonte che ha rappresentato la causa primaria della crisi.

Adesso è tutto diverso. Il FMI raccomanda di usare uno stimolo temporaneo sul settore sanitario e per il sostegno del welfare, messo a dura prova dal blocco, e al contempo mantenere a galla la capacità produttiva dei paesi attraverso misure di sostegno alle imprese ed erogazione di credito a basso costo. Poche indicazioni vengono date dal punto di vista monetario, perché le banche centrali stanno già svolgendo egregiamente il loro compito mantenendo fluida la disponibilità finanziaria, evitando il “credit crunch” che aveva devastato le nostre economie nel corso della recessione del 2011.

Analizzando l’impatto che il blocco ha sul nostro Paese, in attesa dei dati dell’Istat, una prima analisi è possibile ottenerla attraverso il Bollettino Economico del primo trimestre rilasciato dalla Banca d’Italia. I dati di questa pubblicazione possono sembrare ottimistici rispetto a quelli rilasciati dal Fondo, ma è bene sottolineare come i dati della Banca non contengano in alcun modo i dati di aprile, mese di gran lunga peggiore rispetto a marzo. Tali dati indicano una caduta del Pil di 5 punti nel solo primo trimestre e un collasso della produzione industriale del 6%. Quest’ultima mostrava già segni di rallentamento prima del crollo di marzo, che ammontava al 15%, principalmente a causa della riduzione dell’export provocato dal blocco cinese.

L’analisi sulle contromisure messe in campo a livello nazionale ed europeo è positiva. In particolare viene lodato l’utilizzo dello strumento della cassa integrazione per tamponare gli effetti occupazionali ed evitare l’esplosione della disoccupazione, mantenendo in vita i posti di lavoro e stimolando i consumi. Sono valutate positivamente le misure europee, in particolare quelle messe in campo dalla Banca Centrale Europea (BCE) in grado di bloccare le tensioni sui mercati e di garantire la liquidità necessaria per il settore bancario a un costo contenuto. Anche gli altri strumenti europei sono valutati positivamente, in particolare la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita (PSC).

In linea con quanto dichiarato dal Fondo, la previsione circa l’evoluzione della situazione rimane quanto meno nebulosa: “La rapidità del recupero dell’economia dipende, oltre che dall’evoluzione della pandemia in Italia e all’estero, dagli sviluppi del commercio internazionale e dei mercati finanziari, dagli effetti sull’attività di alcuni settori dei servizi, dalle conseguenze su fiducia e redditi dei consumatori. Saranno cruciali tempestività ed efficacia delle misure di politica economica in corso di introduzione in Italia e in Europa”. In particolare, il riferimento ai mercati e al commercio internazionale come chiave per un’evoluzione della situazione economica è centrale: il blocco di altri paesi rallenterebbe – e, in alcuni casi, potrebbe addirittura arrestare del tutto – il commercio internazionale, a prescindere dalla riapertura del nostro paese.

Al riguardo, uno dei paesi che mostra le difficoltà maggiori è rappresentato dagli Stati Uniti. Nell’ultimo mese, la disoccupazione è letteralmente esplosa lasciando a casa oltre 20 milioni di lavoratori, una cifra ben lontana dall’essere raggiunta nella Grande Recessione del 2007-2013. La situazione è chiaramente indicata nel Bollettino della Banca d’Italia, anche con rapporto alla crisi precedente: “Negli Stati Uniti le nuove richieste di sussidi di disoccupazione si sono portate rapidamente su livelli straordinariamente elevati: hanno superato i 3 milioni di istanze nella penultima settimana di marzo e i 6,6 milioni in quella successiva, un valore superiore di circa dieci volte rispetto al precedente picco, registrato durante la crisi finanziaria del 2008-09”. L’economia statunitense, se non adeguatamente supportata, potrebbe essere la fonte di un’ulteriore contrazione: gli Stati Uniti sono uno dei maggiori motori dell’integrazione commerciale mondiale e uno dei partner principali del nostro Paese e dei paesi dell’eurozona.

In conclusione, il collasso economico è ben lontano dall’essere alla fine e la situazione continuerà a peggiorare ancora prima di migliorare. Riguardo dei costi della quarantena in termini di riduzione del Pil, la Banca d’Italia ha espresso che: “Ogni settimana di blocco dell’attività economica di questa portata comporta, secondo un calcolo meccanico che non considera effetti indiretti, una riduzione del Pil annuale di circa lo 0,5 per cento”. La speranza è per un secondo semestre libero dall’epidemia a livello globale, in modo da permettere una forte ripresa. Serviranno misure di politica economica drastiche a livello nazionale, europeo e globale, possibilmente concertate fra i paesi, in maniera similare a quanto fatto per le misure di politica monetaria messe in campo dalle banche centrali. La speranza è che i governi siano in grado di collaborare per raggiungere tale obiettivo.


 

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