«Per restare non serve coraggio, serve buon senso». La lettera di Davide

Oggi parlano loro, i giovani lavoratori, ragazzi che sono dovuti andare fuori dalla Sicilia per trovare un futuro lavorativo migliore; parlano loro che sono sempre con il cuore a casa, ma con la mente verso il proprio domani. Parlano loro, che in un momento di forte disagio e paura, hanno preferito resistere e combattere come possono: con il senso civico e il rispetto. Di seguito la lettera di Davide ai suoi conterranei – del passato e del presente – Siciliani e Lombardi.

Sono Davide, un lavoratore palermitano di ventinove anni che da nove vive a Milano. Ho studiato qui e qui ho trovato lavoro, in Pianura Padana, lontano da casa e dai miei cari. Come tantissimi di noi Siciliani, ho deciso di cercare un futuro in una terra che mi ha regalato esperienze e amicizie e che mi ha offerto tante possibilità. Mi ha adottato e fatto diventare uomo, da ragazzo che ero quando ho preso il primo aereo. È una terra alla quale ormai voglio bene quanto la mia e – ha poco senso negarlo – più sviluppata sul piano economico e delle infrastrutture rispetto al nostro amato Sud.

La Lombardia è la regione che sta vivendo in questo momento l’emergenza sanitaria più pressante in termini numerici ma, da un certo punto di vista, sono più sereno nel trovarmi qui. Qui siamo sicuramente più pronti ad affrontare un’emergenza sanitaria e sebbene nell’aria e per strada (saracinesche giù, mezzi vuoti, silenzio surreale) si avvertano in modo tangibile le conseguenze economiche e sociali dei provvedimenti già messi in campo dal Governo, sono fiducioso che, in qualche modo, la spunteremo.

Buon senso, pacatezza, responsabilità civile. Questi sono tre concetti che secondo me andrebbero diffusi e praticati in un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo. Purtroppo però, anche in un momento del genere prevalgono la polemica (politica e non) e l’egoismo.

In un momento del genere non basta additare il colpevole come noi abitanti di tutto lo Stivale siamo troppo spesso abituati a fare per scaricare una bella dose di responsabilità personale sulle autorità. Urlare al colpevole non salverà il nostro sistema sanitario dal sovraccarico o dal collasso. Ognuno di noi deve iniziare dal suo piccolo a mettere in pratica dei comportamenti virtuosi, seguendo le indicazioni fornite dagli esperti, mantenendo la calma e usando il buon senso.

Per questo non mi sono neanche posto il problema se restare o partire. Gli spostamenti moltiplicano le possibilità di diffusione dell’epidemia? Bene, allora il mio posto è qui, fortunatamente per me non sono un “soggetto a rischio” e stando in casa il più possibile e adottando le misure di comportamento prescritte dagli esperti, mi auguro di scongiurare qualsiasi possibilità di contagio.

Ma se dovesse succedere, le mie difese immunitarie sono pronte e il sistema sanitario lombardo pure. Se fossi fuggito come un topo l’altra sera, alla notizia che la Lombardia sarebbe diventata “zona rossa” avrei moltiplicato, nel lungo tragitto verso casa, le possibilità di contrarre il virus. Arrivato a casa avrei abbracciato la mia cara nonnina, le cui difese immunitarie non sono pronte a una botta del genere. E neanche il nostro sistema sanitario.

Conterranei, fatevi due conti, non serve uno scienziato per capirlo. Che cosa ve ne frega se per un mese non potere uscire dai confini lombardi, se dovete fare la spesa con cautela e se non potete più andare in palestra. Ammazzatevi di Netflix a casa e parlate con i vostri cari su Skype. Cosa ve ne frega se vi ammalate, passate delle brutte settimane in quarantena ma assistiti verso la guarigione. Cosa ve ne frega di queste piccolezze, quando l’alternativa è rischiare di contagiare i vostri cari a rischio, di far collassare la vostra regione?

E badate bene alle parole che usate. Basta guardare i notiziari fino alla fine e non fermarsi alle notizie sul coronavirus nostrano. I profughi, quelli veri, scappano in queste ore dal confine turco siriano per raggiungere la Grecia e a quelli sparano addosso. Voi, che vi siete “scapicollati” giù dalle scale della stazione Garibaldi con il trolley in mano, al massimo siete dei fuori sede ipocondriaci che vengono multati perché non hanno il biglietto. Per restare non serve coraggio. Servono solo buon senso e rispetto per la collettività di cui facciamo parte.


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