Lo Smart Working nell’era del Coronavirus

Il fenomeno del Coronavirus (COVID-19), nel solo primo trimestre del 2020, ha già prodotto conseguenze drasticamente negative nel panorama economico globale, favorendo la previsione di stime che prospettano e sottendono gravi perdite nell’immediato futuro. Tale emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale – così definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il 30 Gennaio 2020 – ha richiesto l’adozione, in Italia, di interventi normativi, tra cui il Decreto-legge 23 Febbraio 2020, n. 6, recante “Misure urgenti in materia di contenimento e di gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Tra i principali effetti derivanti dall’attuazione del decreto, vi è stata la facilitazione dell’avvio delle pratiche che consentono il c.d. Smart Working, una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzata dall’assenza di vincoli orari o spaziali e da un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro.

Tale strumento favorisce il lavoratore nella crescita della sua produttività, economizzando le tempistiche della propria vita personale e lavorativa, e pone l’attenzione sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni tecnologiche che consentano di lavorare da remoto, coi soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale stabiliti dalla legge e dal contratto collettivo.

Lo Smart Working – o lavoro agile – trova la sua definizione nella Legge n. 81/2017, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, la quale garantisce ai lavoratori agili parità di trattamento economico e normativo rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie.

Le misure straordinarie a carattere emergenziale adottate per fronteggiare il fenomeno epidemiologico del Coronavirus hanno incrementato e favorito l’adozione dello Smart Working, stante la compatibilità tra la struttura di tale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato con lo scopo di prevenzione, contenimento e gestione delle misure medesime, volte a limitare il rischio di diffusione del contagio.

Un esempio di tale correlazione può essere rintracciato nel passaggio dalla sperimentazione all’obbligo di attuazione del lavoro agile per le Pubbliche Amministrazioni (PA), determinatosi in ottemperanza al Decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. A tal proposito, il Ministro per la PA, Fabiana Dadone, ha sottolineato l’importanza di tale occasione per provare «a trasformare una situazione negativa in una situazione positiva» , al fine di «riconcepire il lavoro rendendolo più agile, nell’ottica del raggiungimento del risultato, perseguendo obiettivi chiari che vengono dati dal dirigente».

Per tale ragione, è stato previsto – tramite Circolare n. 1/2020 – il ricorso, in via prioritaria, allo Smart Working come forma più evoluta di flessibilità per lo svolgimento della prestazione lavorativa, in un’ottica di progressivo superamento del telelavoro e l’utilizzo di soluzioni tecnologiche per agevolare l’accesso condiviso a dati, informazioni e documenti.

Da ultimo, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2020, relativo ad “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, ha riconosciuto la possibilità di attivare il lavoro agile senza accordo individuale in tutta Italia e fino al prossimo 31 luglio, operando non solo dalla propria abitazione, ma anche in sedi alternative.

L’impatto delle misure di contenimento sanitario del COVID-19 sulla diffusione del ricorso al lavoro agile in molte aziende è stato evidenziato anche dall’Amministratore Delegato e Presidente di Variazioni S.r.l., Arianna Visentini, la quale ha spiegato come, prima dell’emergenza del Coronavirus, lo Smart Working venisse adottato solo da 580 mila persone; un dato, questo, fortemente aumentato, sino a raggiungere gli 8 milioni di lavoratori nel nostro Paese.

Nello specifico, l’uso di tale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato si presenta in controtendenza in Italia, rispetto a quanto accade nel resto del mondo: secondo i dati forniti dal Politecnico di Milano, al netto dell’emergenza COVID-19, le grandi aziende che ammettono già di applicare forme di lavoro agile sono 58 su 100, a cui si aggiunge un 7% che ha attivato iniziative informali e un 5% che pensa di farlo entro i prossimi 12 mesi; se si considerano, invece, le piccole e medie imprese (Pmi), i progetti strutturati sono solo il 12% e vi è un 51% di aziende che si dichiara totalmente disinteressato all’implementazione dello Smart Working.

La ragione sottesa a tale contesto di reticenza è legata alla duplice sfida che le Pmi sarebbero chiamate ad affrontare; da un lato, la penetrazione della tecnologia e, dall’altro, l’incremento delle competenze tecnologiche in capo ai manager, che consenta loro di organizzare in modo diverso i luoghi di lavoro.

Sebbene – come sottolineato in precedenza – il fenomeno del Coronavirus abbia incrementato, in Italia, l’adozione dello Smart Working, va precisato come il carattere emergenziale e d’urgenza – la cui percezione è stata enfatizzata dai mass media – del contesto attuale, rischiano di offuscare i vantaggi che una modalità di esecuzione del lavoro subordinato così strutturata porterebbe con sé, sia in favore del lavoratore che dell’impresa di cui fa parte.

È necessario, in tal senso, porre l’accento sulla natura di tale strumento: si tratta, infatti, di una misura di flessibilità organizzativa spazio-temporale che richiede un’efficace progettazione, e non di una pronta risposta alle crisi, da adottare solo in caso di urgenza. In un clima di incertezza come quello corrente, caratterizzato dalla continua evoluzione di un fenomeno epidemiologico che ha inferto duri colpi all’economia globale, la presenza di strumenti nuovi – come lo Smart Working – offrono la possibilità di rinnovare il modo di concepire il lavoro e di adattarlo alle esigenze specifiche derivanti tanto dal mercato, quanto da fattori esterni.


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